Fiano di Avellino
Il Fiano di Avellino è un vino di Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG), riconosciuto tale nel 2003 dopo aver ottenuto la DOC nel 1978. Protagonista d’eccellenza tra i bianchi campani, ha il suo fulcro produttivo nei colli intorno alla città di Avellino, nell’area centro-orientale dell’Irpinia.
Soprannominato “l’Apianum” in epoche antiche, deve la sua fama a un vitigno autoctono di lunga storia, apprezzato già dagli antichi Romani. Il Fiano, grazie alle condizioni pedoclimatiche peculiari e alle cure meticolose dei viticoltori irpini, dà vita a vini bianchi dal carattere secco, fresco, con sentori floreali e fruttati, e una notevole predisposizione all’evoluzione.
Questo iconico vino viene prodotto a partire dall’uva autoctona a bacca bianca “Fiano” le cui qualità organolettiche erano già ben note nel XII secolo, come testimonia un ordine d’acquisto effettuato da Federico II di Svevia.
Nei secoli questo uvaggio delicato e complesso da coltivare si è trovato in forte difficoltà fino ad arrivare sul punto di estinguersi.
Fu l’audacia di Mastroberardino, sempre ben avvezzo alla sperimentazione, a salvarlo dall’estinzione piantando diversi centinaia di filari negli anni 70 e contribuendo in maniera decisa a rinsaldare il prestigio di questo vitigno poi consacrato come DOCG nel 2003.
II frate Scipione Bella Bona, nel 1642, nei suoi “Raguagli della città di Avellino”, scriveva: “in questa Città sin hora vi si produce, e per corrotta fauella chamato Afiano, e Fiano; il nome d’Apiano, dall’Ape, che se mangianolluve, gli fu dato” Il termine “Fiano” deriverebbe così da “Apiana”, uva dell’areale della città di Lapio, già ben nota e decantata dai poeti latini.
Tale termine avrebbe subito modificazioni nel tempo, trasformandosi in “Apiano” prima, “Afianti” poi e, successivamente, “Fiano”.
Il disciplinare: Tipologie ammesse e composizione ampelografica
Il disciplinare di produzione contempla due tipologie fondamentali:
- Fiano di Avellino (vino bianco secco)
- Fiano di Avellino Riserva, con un periodo di invecchiamento di almeno 12 mesi (di cui 12 in contenitori a scelta e zero obbligo minimo di botte).
Per entrambe le versioni, la base ampelografica prevede l’uso prevalente di uve Fiano (minimo 85%). Il restante 15% può comprendere Greco, Coda di Volpe e Trebbiano toscano, vitigni non aromatici da tempo presenti nell’area. La resa massima dell’uva è stabilita a 10 tonnellate/ettaro, e la resa uva/vino non deve superare il 70%.
Processo produttivo
La zona di vinificazione del Fiano di Avellino DOCG coincide con l’areale di coltivazione, circoscritto a 26 comuni della provincia di Avellino, tra cui Avellino, Lapio, Atripalda, Montefalcione, Sorbo Serpico, Santa Lucia di Serino e altri centri storicamente vocati.
I vigneti occupano colline con altitudini tra 200 e 600 metri s.l.m., su terreni di origine pliocenica con varietà litologiche che spaziano dalle marne argillose alle sabbie e depositi di ceneri vulcaniche, arricchite da formazioni calcaree e minerali. Tali suoli, associati a un clima di tipo subcontinentale, con inverni freddi e precipitazioni concentrate in autunno-inverno, creano le condizioni ideali per una maturazione lenta e regolare delle uve.
È vietata qualsiasi pratica di forzatura, così come l’impiego di forme di allevamento non tradizionali. L’irrigazione di soccorso è consentita. L’uso di apparecchiature e tecniche enologiche è coerente con la tradizione locale, pur rispettando le innovazioni in ambito viticolo ed enologico che assicurano la massima qualità del vino finale.
Per la tipologia Riserva è obbligatorio un periodo di affinamento di almeno 12 mesi complessivi, mentre per il vino base non c’è un periodo fisso, se non il rispetto delle tempistiche minime per garantire la stabilizzazione e la qualità del prodotto prima della commercializzazione.
Zone di produzione e legame con il territorio
Il territorio abilitato alla produzione del Fiano di Avellino DOCG è costituito dai comuni di Avellino, Lapio, Atripalda, Cesinali, Aiello del Sabato, Santo Stefano del Sole, Sorbo Serpico, Salza Irpina, Parolise, San Potito Ultra, Candida, Manocalzati, Pratola Serra, Montefredane, Grottolella, Capriglia Irpina, Sant’Angelo a Scala, Summonte, Mercogliano, Forino, Contrada, Monteforte Irpino, Ospedaletto d’Alpinolo, Montefalcione, Santa Lucia di Serino, San Michele di Serino.
Le colline irpine beneficiano di un microclima caratterizzato da inverni rigidi e precipitazioni abbondanti, e da estati soleggiate ma mai torride, con elevate escursioni termiche giorno-notte che accentuano la complessità aromatica del vitigno. L’origine pliocenica dei suoli, con argille, sabbie e ricchi depositi minerali, trasmette sapidità e particolare finezza ai vini.
La storia del Fiano nell’area dell’Irpinia è antica: fonti di età romana e medievale ne celebrano la presenza e la commercializzazione, mentre nel corso dei secoli, testimonianze autorevoli descrivono un vitigno pregiato, ma a bassa resa, che per un certo periodo rischiò quasi di scomparire. Nel Novecento, grazie alla lungimiranza di alcuni produttori e al supporto degli istituti di ricerca enologica campani, il Fiano ha ripreso la sua posizione di rilievo, divenendo uno dei bianchi più apprezzati d’Italia.
Caratteristiche organolettiche
All’atto dell’immissione al consumo, il Fiano di Avellino DOCG deve presentare:
- Colore: Giallo paglierino, più o meno intenso.
- Profumo: Fine, intenso, con note floreali (fiori bianchi), fruttate (mela, pera, agrumi) e spesso sensazioni di nocciola e miele, soprattutto nelle versioni più evolute.
- Sapore: Secco, fresco, armonico, con buona sapidità e una piacevole persistenza. Nella tipologia “Riserva” emergono sfumature più complesse e avvolgenti dovute a un affinamento più lungo.
- Titolo alcolometrico: Almeno 11,50% vol per la versione base e 12,00% vol per la Riserva.
- Acidità totale minima: 5 g/l e estratto non riduttore minimo: 16 g/l (17 g/l per la Riserva).
Pur essendo un bianco, il Fiano di Avellino può sorprendere per la capacità di evolversi bene in bottiglia, guadagnando complessità aromatica e un sorso ancora più armonico, assumendo spesso un sorprendente potenziale di invecchiamento.
In definitiva, il Fiano di Avellino DOCG rappresenta uno dei pilastri dell’enologia campana e del Mezzogiorno italiano. La fusione tra il vitigno Fiano – autoctono e assai fine – e l’ambiente vulcanico-argilloso di queste colline irpine dà vita a vini eleganti, sapidi, longevi e dal carattere unico. Il tutto coronato da secoli di storia enologica e da una tradizione tenacemente custodita dai produttori locali.