Cenni storici

Il borgo di Mirabella Eclano sorge a cavallo dell’area solcata dal fiume Calore e della valle dell’Ufita ad un’altitudine media di 372 metri sul livello del mare.

Attraversato dal 15° meridiano, il paesino irpino è abitato da poco meno di 6800 persone e si trova nell’entroterra appenninico.

Qui è presente un clima caratterizzato da escursioni termiche rilevanti, scarsa piovosità e poca ventilazione, rispetto alle aree più ad ovest della provincia di Avellino.

Altri importanti fattori, tipici di Mirabella Eclano, sono le brezze di versante al tramonto e le nevicate, che ovviamente aumentano con la quota, e le frequenti gelate notturne.

L’antica Aeclanum, oggi ricadente nell’area del Passo di Mirabella, vide la fondazione del suo nucleo cittadino grazie ai Sanniti.

Successivamente alla romanizzazione, nell’89 a.C. la città partecipò alla guerra sociale e fu distrutta da Silla.

Riedificata e fortificata dai Romani fu elevata al rango di municipio, diventando colonia nel II secolo, nonché crocevia sulla Via Appia.
Fu quindi ottima meta per sostare e fare buoni affari, ricca com’era di opere pubbliche e monumenti.

Con l’avvento del Cristianesimo fu sede episcopale e col dominio longobardico fu inclusa nel Ducato di Benevento, per essere rasa al suolo dall’esercito bizantino di Costante II nel 663.

Si ridusse, dopo la devastazione, ad un misero borgo chiamato Quintodecimo, giusto a 15 miglia da Benevento.

La Cantina Quintodecimo

Il forte legame tra il territorio eclanese e la sua storia si condensano proprio nel nome che Luigi Moio, professore ordinario di Enologia presso il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli, nonché presidente dell’OIV, ha voluto dare alla sua rinomata azienda vitivinicola. Quintodecimo, appunto.

Tra i grandi vini prodotti dal prof. Moio, spicca l’Exultet che, a dimostrazione del fatto che Quintodecimo sia ideologicamente tenutaria ed ambasciatrice del grande passato storico di Mirabella Eclano, è il nome di un’antica pergamena rinvenuta in questo borgo d’Irpinia.

Incipit del canto liturgico annunciante la risurrezione del Cristo, exultet iam angelica turba caelorum, queste pergamene liturgiche sono state scritte e miniate tra il X e il XV secolo nell’Italia Meridionale e rappresentano una testimonianza preziosissima dal punto di vista storico-artistico, religioso, letterario e persino musicali: le notazioni in esse contenute sono antesignane del pentagramma.

Nel caso del rinvenimento irpino, l’Exultet o Rotolo di Quintodecimo ha origini beneventano-cassinese ed è conservato attualmente al Museo di Arte Sacra di Mirabella Eclano.

L’Exultet in forma liquida è l’interpretazione enologica che allegoricamente Luigi Moio, poliedrica figura di grande cultura, ha voluto dedicare al territorio e particolarmente al Fiano, emblematico vitigno necessario alla sua interpretazione, ispirandosi sicuramente anche all’elogio delle api contenuto nel ciclo raffigurativo della preziosa pergamena.

L’Exultet Fiano di Avellino 2021

L’Exultet di Quintodecimo è ricavato esclusivamente dalle uve Fiano allevate a guyot, provenienti da una sola vigna a Lapio.

Questo comune è l’epicentro di questa grande cultivar, ubicata a circa 570 metri sul livello del mare ed esposta a Sud-Ovest, le cui caratteristiche di suolo sono del tipo argilloso calcareo.

La densità di impianto si stima in 4000 ceppi per ettaro, mentre la vendemmia viene effettuata manualmente tra la fine di settembre e la prima decade di ottobre.

Giunte in cantina le uve vengono selezionate accuratamente e subiscono una pressatura soffice con decantazione statica. La fermentazione avviene sia in acciaio che in barrique di rovere francese, rispettivamente al 70% ed al 30%, ad una temperatura controllata che non supera i 16°. L’affinamento prosegue poi sulle fecce fini per un totale di 10 mesi di e con 33000 bottiglie annue prodotte.

La degustazione

L’Exultet Fiano di Avellino Docg 2021 delle cantine Quintodecimo si presenta con un colore giallo paglierino di grande pienezza, dai riflessi verdolini e sottilmente dorati, sfoggiando una generosa consistenza.

Sentori minerali, di tiglio e di biancospino cedono spazio al timo limonato ed alla ginestra, alla nespola e al tamarindo, con rintocchi leggeri di chinola, crosta di pane bianco, miele di corbezzolo e sottilissimo profumo di vaniglia.

In bocca il sorso è a dir poco pieno e appagante, voluttuoso in una morbidezza diffusa e avvolgente, succoso nella sua vibrante freschezza e instancabile per sapidità.

La verticalità gusto-olfattiva rivede alla via indiretta molti dei profumi percepiti in precedenza, con in aggiunta la scorza di yuzu candita, con finale di ammandorlata eleganza e persistenza aromatica intensa molto rilevante.

Per quanto riguarda l’abbinamento con il cibo, vi consiglio di provare il Fiano Exultet di Quintodecimo con un bel piatto di spaghettoni all’aragosta con la sua bisque, limone e pepe bianco.

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