Se ne parla tanto, soprattutto nell’ultimo decennio: i vitigni autoctoni sono i protagonisti delle conversazioni di esperti, sommelier e anche dei wine lovers. L’universo del vino è intriso di diversità, e una parte significativa di questa ricchezza deriva da questi vitigni.

Cosa significa “vitigno autoctono”?

Iniziamo con l’origine dell’aggettivo “autoctono”: esso deriva dalle parole greche autòs (= stesso) e chtòn (= suolo, terra). La Treccani lo definisce come ”originario del luogo in cui ancora si trova”. Pertanto, un vitigno autoctono è caratterizzato da un legame intrinseco con il territorio in cui è coltivato. Per definizione un vitigno autoctono è una varietà di vite originaria di una specifica regione geografica, che si è adattata nel corso del tempo alle condizioni climatiche, al terreno e alla cultura locale.

Nell’articolo che segue, esploreremo il significato profondo dietro il concetto di “vitigno autoctono” e il ruolo cruciale che essi svolgono nella produzione vinicola. Dalla storia affascinante alla loro importanza economica e culturale, ci immergeremo nella diversità del mondo dei vitigni autoctoni, evidenziando perché la loro preservazione è essenziale per il futuro del settore vinicolo e per la conservazione delle tradizioni enologiche.

La Storia

Per comprendere appieno il concetto di vitigno autoctono, è cruciale esaminare la sua storia radicata nelle regioni vitivinicole di tutto il mondo. Questi vitigni hanno una connessione profonda con il passato, risalendo a epoche in cui le migrazioni naturali e umane hanno portato alla diffusione di specifiche varietà di vite. Le condizioni climatiche uniche e i terreni distinti hanno plasmato nel corso dei secoli le caratteristiche di questi vitigni, creando un patrimonio enologico variegato e ricco di sfumature. In Italia abbiamo circa 350 vitigni autoctoni e in molte regioni, sono diventati veri e propri simboli culturali, testimoni silenziosi di antiche tradizioni e pratiche vinicole tramandate di generazione in generazione. Attraverso guerre, migrazioni e cambiamenti climatici, questi vitigni hanno resistito, adattandosi e contribuendo alla diversità del patrimonio vitivinicolo mondiale.

Colli Berici
Colli Berici – @StudioCru

Facciamo una distinzione tra i vitigni internazionali, locali e autoctoni:

Vitigni internazionali: sono quei vitigni che hanno avuto una diffusione a livello mondiale

Vitigni locali: spesso confusi con i vitigni autoctoni ma la loro diffusione è maggiore rispetto agli autoctoni.

Vitigni autoctoni: Un vitigno autoctono è caratterizzato da un legame profondo con il territorio in cui è coltivato, e viene impiegato per la produzione di vino nella stessa zona geografica considerata come la sua origine.

Caratteristiche Distintive dei Vitigni Autoctoni

Questi vitigni si distinguono per una serie di caratteristiche uniche che li rendono autentici rappresentanti delle regioni di provenienza. Queste caratteristiche, che derivano dall’adattamento alla geografia, al clima e al terreno locali, conferiscono loro un profilo organolettico inconfondibile.

Innanzitutto, la resistenza alle condizioni climatiche specifiche è un tratto distintivo. I vitigni autoctoni sono spesso adattati a resistere alle temperature, alle precipitazioni variabili e altri fattori ambientali specifici della loro regione.

Inoltre, la varietà genetica dei vitigni autoctoni contribuisce a preservare la biodiversità viticola. Questo è di fondamentale importanza nell’era moderna, in cui il cambiamento climatico e le malattie della vite minacciano la stabilità dei vigneti. Preservando e coltivando vitigni autoctoni, si contribuisce alla diversità genetica e alla sostenibilità a lungo termine del settore vinicolo.

L’importanza dei vitigni autoctoni va oltre la sfera enologica, estendendosi profondamente nel tessuto culturale ed economico delle regioni di produzione vinicola. Dal punto di vista culturale, questi vitigni rappresentano autentiche testimonianze della storia e delle tradizioni locali. Le comunità che coltivano e vinificano con vitigni autoctoni spesso vedono queste varietà come patrimonio culturale. Un modo di preservare la loro identità attraverso la produzione di vini distintivi e radicati nella storia.

I vitigni autoctoni italiani

Circa 350 vitigni autoctoni italiani, un patrimonio enorme e di inestimabile importanza. Impossibile in questa sede fare una lista esaustiva ma citiamone alcuni.

Grappoli di Albana - @Consorzio Vini di Romagn
Grappoli di Albana – @Consorzio Vini di Romagna

Sardegna: il vitigno autoctono per antonomasia di questa regione è il Cannonau.

Basilicata: il vitigno autoctono di questa regione, soprannominato il Barolo del Sud, è l’Aglianico.

Piemonte: il re indiscusso, il Nebbiolo che esprime nei vini Barolo e Barbaresco. Non dimentichiamo l’Albarossa, vitigno che sta ritornando in voga tra gli esperti e il Timorasso se parliamo invece di bianchi.

Grappoli di Albarossa - @Consorzio Barbera d'Asti e Vini del Monferrato
Grappoli di Albarossa – @Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato

Veneto: il Tai Rosso, vino emergente della provincia di Vicenza e la Durella che negli ultimi anni sta dimostrando il suo grande valore nei vini spumanti.

Emilia Romagna: il Sangiovese la fa da padrone tra i rossi e tra i bianchi ricordiamo la meravigliosa Albana.

Campania: terra di vitigni autoctoni, come non citare il Greco, il Fiano o la Falanghina tra i bianchi e, tra i rossi, l’Aglianico, vitigno simbolo della regione.

I vitigni autoctoni all’estero

Per comprendere appieno la diversità e l’importanza dei vitigni autoctoni, è utile guardare anche fuori Italia. Possiamo affermare che ogni stato ha propri e che spesso si accompagnano ad una vasta gamma di internazionali, proprio come succede in Italia.

In Spagna, il Tempranillo è un vitigno autoctono che dà vita a vini robusti e complessi, come quelli della Rioja. Tra i vitigni autoctoni spagnoli non possiamo dimenticare la Garnacha, famoso e amato vitigno del Priorat, regione del nord-est della Spagna.
Il Monastrel nella DO della Murcia, nella zona di Valencia, ad Alicante e in Catalogna e soprattutto nella zona di Jumilla (sud-est della Spagna) dove ne è il vitigno principale.

Si parla troppo poco dei vitigni autoctoni greci, quali Assyrtiko, originario dell’isola di Santorini o l’Agiorgitiko diffuso principalmente intorno a Nemea nel Peloponneso.
Oppure il Moschofilero coltivato nell’altopiano di Mantinea nel Peloponneso centrale e il Xinomavro, diffuso nella zona D.O.P. Naoussa nella Macedonia centrale.

Come non parlare però della Francia e dei suoi vitigni autoctoni. Il Gamay conosciuto per essere il vitigno principe nella produzione del Beaujolais, vino prodotto nell‘omonima regione della Francia orientale.

Una zona che sta riemergendo a grande velocità negli ultimi anni è la Georgia e i suoi vini. Anche qui alcuni vitigni ci danno vini che parlano di territorio: il Saperavi, Rkatsiteli, Kisi.

Questi esempi dimostrano la vastità della diversità dei vitigni autoctoni e come ciascuno contribuisca in modo distintivo alla produzione vinicola locale. Valorizzare e promuovere questi vitigni non solo preserva la tradizione, ma offre anche esperienze di degustazione uniche che riflettono le caratteristiche specifiche di ogni regione.

La diversità di profili di gusto, aromi e caratteristiche organolettiche permettono a tutti noi di esplorare e apprezzare la ricchezza delle tradizioni vinicole. Possiamo perciò dire che non si finisce mai di scoprire e apprezzare i vitigni autoctoni, siano essi italiani o proveniente da qualsiasi parte del mondo.

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