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Le forme di allevamento della vite più utilizzate

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Breve storia della viticoltura e delle forme di allevamento

La viticoltura, così come la intendiamo oggi, nasce circa 6000 anni prima di Cristo, nel periodo del Neolitico, quando l’uomo da pastore nomade si trasforma in agricoltore sedentario. Il primo tratto di migrazione della vite, dal Caucaso all’Egitto, si colloca tra il 6000 e il 2500 a.C. Probabilmente dobbiamo ai popoli della Mesopotamia il primo distacco della vite selvatica dagli alberi dei boschi e l’inizio della coltivazione con allevamento strisciante, una delle forme più antiche, in cui la vite cresceva naturalmente sul terreno senza supporti. Da qui si svilupparono nel tempo diverse forme di allevamento, adattate alle esigenze climatiche e produttive delle varie epoche. 

In Egitto, la vite divenne una pianta eretta. La seconda grande migrazione, tra il 2500 a.C. e la nascita di Cristo, portò la viticoltura a diffondersi nel Mediterraneo grazie ai Greci, che la introdussero fino a Marsiglia. I Greci perfezionarono le tecniche di potatura, producendo vini considerati tra i migliori dell’epoca. Successivamente, con l’espansione dell’Impero Romano, la coltivazione della vite si diffuse ulteriormente, raggiungendo anche il Nord Europa

Il terzo grande spostamento della vite avvenne grazie ai Romani, che svilupparono la viticoltura fluviale lungo il Rodano, la Mosella ( Le migliori cantine da visitare in Mosella ottimo articolo per saperne un po’ di più sulla cantine in Mosella) e il Danubio, e la diffusero in Spagna e Portogallo. In Italia, la viticoltura si sviluppò principalmente tra gli Etruschi e nel Sud, ma i vini etruschi erano considerati di qualità inferiore rispetto a quelli greci e del Meridione. 

Col tempo, grazie alle innovazioni agricole e alle diverse condizioni climatiche delle varie regioni, si svilupparono molteplici sistemi di allevamento della vite, ciascuno con caratteristiche specifiche volte a migliorare la resa produttiva e qualitativa dell’uva.

Evoluzione delle forme di allevamento

Le due principali scuole di potatura, quella greca e quella etrusca, hanno dato origine nel corso dei secoli a diverse forme di allevamento. L’Italia, grazie alla sua tradizione vitivinicola e alla sua biodiversità, è il paese con il maggior numero di forme di allevamento.

  • I Greci praticavano una potatura corta su sostegni morti e utilizzavano la forma ad alberello.
  • Gli Etruschi trattavano la vite come una liana, lasciandola arrampicare su sostegni vivi e praticando poca potatura. Questo portava a un’elevata quantità di produzione, ma con una qualità molto bassa.

Dall’eredità greca derivano importanti forme di allevamento come l’alberello, il guyot e il cordone speronato, mentre dalla viticoltura etrusca si svilupparono il tendone, il sylvoz, la pergola e il capovolto doppio.

Forma di allevamento bassa
Forma di allevamento bassa

Scopo delle forme di allevamento

La potatura e la scelta della forma di allevamento sono pratiche fondamentali per il viticoltore, con lo scopo di:

  • Dare una forma alla vite e mantenerla costante nel tempo.
  • Conservare un potenziale produttivo stabile, evitando l’alternanza di produzione.
  • Scegliere di ottenere uve di qualità od optare per una scelta di ottenere più uva possibile
  • Equilibrare la parte aerea con l’apparato radicale e facilitare le operazioni colturali, permettendo così anche l’utilizzo di macchine per la raccolta.

Le fasi fisiologiche della vite

Per comprendere meglio le diverse forme di allevamento, è utile suddividere la vita della pianta in quattro fasi:

  • Pianta giovane (0-3 anni): la vite è improduttiva e la potatura serve solo a darle forma, privilegiando lo sviluppo dell’apparato radicale.
  • Fase di produttività crescente (3-6 anni): la pianta raggiunge gradualmente la maturità e la produzione ottimale.
  • Pianta adulta (6-25 anni):la potatura diventa fondamentale per equilibrare la vegetazione e garantire un buon rendimento.
  • Pianta invecchiata (oltre 25 anni): la produzione cala e la potatura diventa più intensa per stimolare la produttività residua.

Le principali forme di allevamento

Le forme di allevamento si distinguono in: con tutore e senza tutore, a seconda delle condizioni climatiche e delle esigenze colturali. Ecco quali si o le principali.

Alberello

Forma di allevamento senza tutore, diffusa nelle regioni con estati siccitose come Spagna,Grecia, Medio Oriente e Italia meridionale. La vite viene allevata con un tronco molto basso per ridurre la lunghezza dei vasi conduttori, minimizzando la dispersione energetica. Un’alta densità di impianto è fondamentale per permettere alle radici di esplorare il terreno in maniera efficiente.

Pergola

Sistema con tutore progettato per allontanare la vegetazione dal suolo, riducendo il rischio di malattie crittogamiche (come la peronospora) e proteggendo le piante dalle gelate primaverili. Diffusa in regioni piovose come ad esempio il Trentino-Alto Adige o il Veneto, questa struttura favorisce un’elevata vigoria.

Tendone

Struttura diffusa nelle regioni centro-meridionali, utilizzata sia per la produzione di uva da vino che da tavola in quanto permette un’elevata produzione. Si adatta particolarmente bene a zone irrigue, ma può essere impiegata anche in aree più aride.

Spalliera (o controspalliera)

Forma di allevamento con tutore in cui la vite viene sostenuta da fili metallici tesi tra i pali posti all’inizio e alla fine del filare. Questa tecnica consente una gestione ottimale della chioma ed è compatibile con diversi sistemi di potatura, tra cui il cordone speronato, il guyot e il doppio cordone.

Forma di allevamento a Pergola nella zona di Carema in Piemonte
Forma di allevamento a Pergola nella zona di Carema in Piemonte

Forme di allevamento meno comuni

Oltre alle forme di allevamento più comuni, come il tendone o la spalliera, esistono anche forme più tradizionali che rispecchiano il territorio e le sue radici, raccontando l’ingegno dei viticoltori nel trovare risposte uniche alle diverse esigenze climatiche.

In Piemonte, nel Canavese, troviamo la Topia di Carema, una forma di allevamento che prevede l’utilizzo di piloni in pietra e sostegni in legno a formare un pergolato, utile per esporre meglio i grappoli nelle zone montuose. Sempre in Piemonte, nell’Alto Piemonte, nel Novarese, esiste un’altra forma di allevamento molto rara chiamata Maggiorina, che prevede un impianto composto da quattro ceppi inseriti all’interno di un quadrato, disposti secondo i quattro punti cardinali. Le piante sono sostenute solitamente da pali di castagno e il loro sviluppo è libero: una struttura fortemente tradizionale, ormai quasi del tutto abbandonata poiché richiede una gestione esclusivamente manuale e non meccanizzabile.

Uscendo dai confini nazionali, ci spostiamo alle Canarie, dove si trova la zona della Geria, una delle aree vitivinicole più particolari dell’arcipelago. Nonostante la vicinanza al continente africano e la scarsità di piogge, qui si producono vini di grande interesse. Le viti vengono piantate in fosse scavate nel terreno vulcanico, e successivamente protette con muretti in pietra alti tra i 50 e i 70 cm per schermarle dai forti venti. Negli impianti più antichi, le fosse sono già così profonde da non rendere necessario il muretto di protezione.

Un altro caso molto poco comune, se non raro, è quello della vite maritata al pioppo, nota anche come alberata d’Asprinio. Questa tecnica di allevamento, che caratterizza da secoli l’agro aversano tra Napoli e Caserta, prevede che le viti si arrampichino su alberi d’alto fusto (solitamente pioppi), raggiungendo altezze considerevoli. L’unica cultivar prodotta con questo metodo è l’Asprinio, una varietà a bacca bianca a denominazione DOC, autorizzata esclusivamente in questa zona. Si tratta di un caso unico: sebbene la vite maritata fosse in passato molto diffusa, per ottimizzare lo spazio e per la convinzione che rendesse la pianta più resistente a malattie e fillossera, oggi è quasi completamente scomparsa.

I principali sistemi di potatura

Le tecniche di allevamento si sono evolute per migliorare la qualità dell’uva e ottimizzare la gestione dei vigneti. Oggi, a causa della carenza di manodopera e della necessità di ridurre i costi, si preferiscono sistemi meccanizzabili come le spalliere. I principali sistemi di potatura sono:

Cordone speronato

Sistema di allevamento adatto alla meccanizzazione e capace di garantire prodotti di alta qualità. La pianta ha un fusto alto tra i 60 e i 100 cm, da cui si sviluppa un cordone orizzontale permanente lungo 1-2 metri, sul quale si trovano speroni con 2-4 gemme. Questo metodo si adatta bene a terreni medio-fertili, anche asciutti. Il cordone speronato può essere singolo o doppio, con i cordoni che si estendono in direzioni opposte o sovrapposti.

Guyot

La pianta presenta un tronco che va dai 30 ai 100 cm di altezza, sul quale è inserito un capo a frutto di 6-10 gemme che viene piegato orizzontalmente in direzione del filare ed un sperone di 1-2 gemme che ha lo scopo di ridare i rinnovi l’anno seguente ed è ideale per terreni poveri e siccitosi. 

Forma di allevamento a Guyot in Barolo (CN)
Esempio di forma di allevamento a Guyot in Barolo (CN)

Sylvoz

Potatura molto diffusa nel Nord Italia, richiede condizioni climatiche e pedologiche specifiche. Ha un fusto alto 1,5-2 metri e un cordone orizzontale lungo 2-3 metri, con capi a frutto di 50-100 cm.

Conclusione

Le forme di allevamento e le tecniche di potatura sono determinanti per la resa qualitativa e quantitativa della vite. Nonostante la grande varietà di metodi applicabili, oggi la viticoltura si sta orientando sempre più verso sistemi meccanizzabili, mantenendo comunque il rispetto per le tradizioni viticole locali.

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