Certi prodotti hanno origini molto antiche, talvolta anche prestigiose, e hanno alle spalle una storia ricca di colpi di scena e peripezie.

È il caso del Glera, un vitigno che nel susseguirsi dei secoli ha visto attribuirsi innumerevoli nomi. Conosciuto inizialmente come Puxinum o Pucinum, l’ultimo nome che gli fu dato è anche il più noto: parliamo infatti nientemeno che del Prosecco.

Tuttavia, nonostante i frequenti cambi di nome, molte sono le fonti che sono giunte fino ai giorni nostri, risalenti a diverse epoche e testimoni di scorci di storia di questo vitigno tipico triestino.

Di seguito, ricostruiremo queste testimonianze per ripercorrere la storia del vitigno Glera.

La storia del vitigno Glera

Le origini della storia del vitigno Glera: il mondo antico e il Medioevo

I riferimenti più antichi ci riportano addirittura ai tempi dell’Antica Roma, quando il vitigno Glera era conosciuto come Puxinum, ed era apprezzato anche in ambienti particolarmente raffinati, come la corte dell’Imperatore Augusto, la cui moglie, Livia, decantava le lodi di questo vino definendolo “il segreto della sua vecchiaia”.

Si tratta, con ogni probabilità, della stessa bevanda della quale scriveva, nel 1773, Villafranchi. Nel suo saggio intitolato “Enologia toscana”, ne parla chiamandolo Prosecco, e trovando una prima identificazione del territorio che offre ospitalità alle sue viti, che crescono rigogliose in riva al Mare Adriatico, nei pressi di Trieste, sulle pendici del Monte di Contuel.

Nonostante le plausibili origini della storia del vitigno Glera nel triestino, la porzione di penisola che ha portato in auge questo vino, consentendogli di raggiungere la fama che oggi può vantare, è l’area circostante i comuni di Conegliano e Valdobbiadene.

Ce ne da testimonianza, quasi fosse una rivendicazione, in un certo senso, il Vescovo di Poitier Veneziano Fortunato, tra il VI e il VII secolo.

Egli tesseva le lodi della sua terra d’origine, Valdobbiadene appunto, definendola come un terreno fertile nel quale perennemente germoglia la vite, protetto dalla montagna che veglia sulle zone più selvagge e custodisce nella sua ombra la preziosa uva. Da qui poi, sempre stando a quanto ci riferisce Fortunato, il Prosecco avrebbe preso la via per le tavole nobiliari d’Europa e di Venezia, proseguendo la sua storia regale iniziata nel mondo antico.

L’esaltazione delle qualità del vitigno Glera nelle fonti di ‘700 e ‘800

Le caratteristiche del vitigno Glera vengono esaltate anche da autori successivi, ad esempio Francesco Maria Malvolti, che lo incluse all’interno di un elenco nel quale nominava tutti i più prestigiosi vitigni italiani.

L’articolo, destinato alla pubblicazione sul Giornale d’Italia nel 1772, era volto a valorizzare la qualità delle uve che venivano coltivate, e la cura che veniva messa dai viticoltori nel rendere il loro ambiente di crescita un luogo ideale che possa regalare un prodotto finale che incorpori tutta la perfezione del made in Italy.

D’altra parte, il Conte Marco Giulio Balbi Valier, nel 1868 redasse e rese pubblico un piccolo manoscritto nel quale parlava delle viti da lui coltivate. Nella sua vigna fiorivano soprattutto le viti di Prosecco, scelte per la loro resa, più abbondante rispetto a quella di altre qualità di vite, e per il gusto al contempo delicato e forte del bianco che producono.

Balbi raccontava, in particolare, di un esemplare di Prosecco appositamente selezionato per le sue caratteristiche, che riteneva migliori di quelle degli altri. Questa varietà fu così chiamata “Prosecco Balbi“.

Le fonti di autorità scientifica

Gli apprezzamenti per questo vino, ci arrivano anche dal mondo scientifico, come scrive Antonio Carpenè. Egli fu chimico e al contempo enologo, vissuto nel XIX secolo. Il suo contributo al mondo dell’enologia e dell’amore per il buon vino si spinse ben oltre la semplice decantazione, ma ebbe dei risvolti davvero concreti.

Da una parte, egli fu autore della scoperta dell’enocianina, una sostanza contenuta nell’uva utilizzabile come additivo alimentare. Dall’altra, fu fondamentale il contributo di Carpenè all’istituzione della scuola Cerletti di Conegliano, così come alla storia del vitigno Glera. Grazie a questa nuova realtà, volta ad esaltare i prodotti della provincia di Treviso, il Prosecco riuscì a diffondersi su larga scala e in maniera capillare, divenendo il vino universalmente apprezzato che ultimamente conosciamo come Glera.

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