Vino e vitello tonnato: come li abbiniamo?
Il vitello tonnato, conosciuto anche con l’appellativo di vitel tonnè, a dispetto da ciò che lascia trasparire il nome, è un piatto al 100% italianissimo; un’autentica tipicità del nostro paese che affonda le proprie radici direttamente nel Piemonte del XVIII.
Sara magari quel tonnè a trarci in inganno, i cui toni si rifanno alla lingua transalpina. Sta di fatto che il vitello tonnato è a tutti gli effetti una ricetta della cucina piemontese, che poco ha da spartire con i cugini francesi. Secondo le fonti più autorevoli, l’equivoco risiede proprio nella translitterazione errata della parola tannè, (ossia pasticciato, conciato).
Nell’articolo odierno, a riguardo, ne affronteremo il tanto agognato abbinamento con il vino; ma prima di inoltrarci nel parlare a fondo del nostro wine pairing, sveliamo qualche aneddoto sulle origini e la storia del vitello tonnato.
Indice
Le origini del vitello tonnato piemontese
Le origini del vitello tonnato sono riconducibili all’area del cuneese nel 1700. In terra sabauda nacque una prima versione, scarna e povera se confrontata con quella odierna; si trattava per lo più un piatto popolare preparato con gli avanzi della carne di vitello. In un periodo in cui si iniziava ad utilizzare acciughe e capperi per insaporire le carni, mancava però ancora uno degli ingredienti principali: il tonno. Eh si, pensate che il tonno nella prima ricetta nemmeno compariva! Per arrivare alla sua introduzione bisognerà aspettare la metà del 1800, pare da parte dei contrabbandieri impegnati a smerciare prodotti ittici dalla Costa Azzurra al Piemonte. In seguito, grazie anche a tale Pellegrino Artusi, il quale, nel 1891 descrisse la ricetta nel suo manuale “Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene,” il vitello tonnato si espanse in tutto il settentrione.
In tempi più recenti una maggiore diffusione su scala nazionale ed internazionale si manifestò negli anni 60, per merito di Guido e Lidia Alciati del ristorante “Da Guido” a Costigliole d’Asti. L’inserimento in menù del vitello, constatò al ristorante degli Alciati un bel successo, ma questo non era altro che il preludio di ciò che sarebbe accaduto due decenni più tardi. Una sorta di trampolino di lancio per gli anni ad avvenire.
Gli anni 80, la Golden Age del vitello tonnato
In una decade contrassegnata dallo sfrenato consumismo e dallo spirito edonista sopra le righe, all’insegna dello sfarzo e dell’esterofilia, pure il settore gastronomico vide la sperimentazione e il lancio di nuovi piatti, in contrapposizione ai classici della cucina italiana ritenuti noiosi e obsoleti.
Chi ha vissuto a pieno quel periodo, si ricorderà sicuramente delle pennette alla vodka, delle tartine al caviale ai banchetti dei matrimoni, o magari dell’utilizzo spropositato della panna dovunque. Piatti scomparsi dai menù dei ristoranti, ma che all’epoca sfoggiavano bellamente sulle tavole degli italiani.
Tra tutte queste pietanze d’impronta straniera non mancava il nostro vitello tonnato, i cui anni 80 stessi elevarono la preparazione a piatto simbolo, in una nuova versione che vedeva al suo interno una novità: la maionese. Finito il suo periodo d’oro, dopo un fisiologico periodo di appannaggio, oggi l’antipasto piemontese sembra essere tornato protagonista, riscoperto nella sua ricetta originale o nelle varie rivisitazioni degli chef stellati.
I migliori vini in abbinamento
Innanzitutto, partiamo dal descrivere le due principali caratteristiche del piatto: la spiccata grassezza della salsa di accompagnamento (tonnata o maionese) e la tendenza dolce della carne. A tutto questo poi si aggiungono i capperi, con la loro sapidità.
Gli elementi della preparazione, combinati, forniscono sapori piuttosto ricchi, di buona persistenza. Di conseguenza, i vini bianchi delicati, di corpo troppo leggero vengono sopraffatti.
Bisogna propendere invece per un prodotto di maggior struttura, ma allo stesso tempo equilibrato.
Vitello Tonnato e Roero Arneis – Abbinamento per tipicità
Iniziamo da un vino bianco, un Arneis; cascando così nel sempreverde abbinamento regionale. Che dire, la regola cibo-vino della medesima regione, con le sue affinità, mantiene ogni volta che la si propone il suo fascino.
E, tra gli Arneis disponibili, abbiamo assaggiato per voi il Camestri di Marco Porello, audace vigneron del Roero.
Si veste al calice di un bel colore giallo paglierino con riflessi che tendono al verdolino. Il naso richiama note fruttate e floreali di mela, pera, un pizzico di agrumi, biancospino e per poi arrivare a un netto riferimento a effluvi minerali. Il sorso è pulito, semplice ma piacevole, con freschezza e sapidità che padroneggiano al palato. La fermentazione avviene in acciaio al fine di mantenere le note primarie del vitigno.
In aggiunta, si può passare a un altro bianco corposo, vedi Vermentino o Chardonnay. Il range è copioso.
Vitello Tonnato e Spumanti Metodo Classico
Preferite le bollicine? Allora perché non cogliere l’occasione per rispolverare e appaiarci un Oltrepò Pavese. Un vino sottovalutato, spesso oscurato dal conterraneo Franciacorta, ma che nelle versioni migliori riesce ad esprimersi egregiamente. Nel nostro caso, l’effervescenza del metodo classico lombardo gioca un ruolo fondamentale, contrastando la grassezza del piatto.
E tra le numerose etichette di Oltrepò Pavese abbiamo provato, in abbinamento al nostro vitello tonnato, il Vergomberra di Bruno Verdi, tra i capisaldi della denominazione.
Il Vergomberra di Bruno Verdi è uno spumante che nasce da un’assemblaggio di Pinot Nero e Chardonnay. Dopo la prima fermentazione del mosto, seguita dalla classica rifermentazione in bottiglia, lo spumante matura sui lieviti per 42 mesi. Di color giallo paglierino brillante, il perlage è di grana sottile e fine. Il naso si sviluppa attraverso note di pompelmo, ananas, fiori bianchi, crosta di pane; elementi che delineano uno spettro olfattivo di ottima intensità. Al palato è fresco, sapido, di buona struttura e consistenza. Alla fatidica prova con il vitello tonnato, il metodo classico pavese passa beatamente indenne.
In linea generale, l’accostamento con vini bianchi e spumanti è preferibile, ma se proprio non volete rinunciare al vino rosso, potreste sceglierne uno non troppo strutturato, così da non compromettere la delicatezza del vitello. Un buon Pinot Nero risponde bene all’appello.