Ciacci Piccolomini d’Aragona: Tradizione del passato e Tecnologia del futuro
In occasione di Benvenuto Brunello 2023 ho avuto il piacere di visitare una delle mie cantine preferite: Ciacci Piccolomini d’Aragona.
Arrivato in azienda ad attendermi c’è Ester Bianchini che insieme al fratello Alex coadiuvano il papà Paolo e la zia Lucia Bianchini nella conduzione dell’azienda.
Iniziamo il tour dalla terrazza che si affaccia su gran parte della tenuta.
Indice
La Tenuta: Dolci colline, un’atmosfera indimenticabile
La Tenuta Ciacci Piccolomini d’Aragona, ubicata a sud est nel comune di Montalcino, si estende nelle immediate vicinanze del borgo medioevale di Castelnuovo dell’Abate e della famosa abbazia romanica di S. Antimo risalente all’ XI° sec. D.C.
Disposta su una vasta area di circa 195 ettari (di cui attualmente 50 ettari sono dedicati ai vigneti e poco meno di 30 ettari agli oliveti) possiede le caratteristiche tipiche della campagna toscana adorna di dolci colline, pascoli e boschi dai colori indimenticabili.
Incastonata tra il Poggio d’Arna ed il fiume Orcia che delimita i confini a sud, offre un panorama unico delimitato sullo sfondo dal tipico profilo del Monte Amiata. I profumi, la fauna selvatica ed i casali sparsi a valle fanno poi da cornice naturale alla tranquillità di questi luoghi.
Terroir: la terra quale sinonimo di patrimonio
I vigneti di Sangiovese grosso a cordone speronato con esposizione a sud, sono situati nel cuore del Parco della Val d’Orcia, Patrimonio Mondiale dell’Unesco. La composizione del terreno è di tipo galestroso di medio impasto di origine eocenica.
Il clone di Sangiovese grosso è selezionato dalle vecchie vigne presenti nella tenuta, caratterizzato da un grappolo spargolo ed un acino grande con buccia spessa. È un tipo di Sangiovese particolarmente rappresentativo, originario dell’area di Montalcino, che dona qualità anche in annate difficili.
Vigna Pianrosso
Il Brunello di Montalcino DOCG “Pianrosso” e il Brunello di Montalcino DOCG Riserva “Vigna di Pianrosso” Santa Caterina d’Oro provengono entrambi da una accurata selezione di uve provenienti dal singolo vigneto, il più antico e rappresentativo. Circa 11 ettari si fregiano della dizione “Pianrosso”, situati in terreni di medio impasto e galestro di origine eocenica tra i 240 e i 360 metri s.l.m.
La Famiglia: il fascino raffinato delle nobili origini
La tenuta vanta le proprie origini fin dal secolo XVII e custodisce il proprio patrimonio storico in un palazzo sorto nello stesso periodo ad opera del Vescovo montalcinese e Abate dell’Abbazia di S. Antimo, Fabivs de’ Vecchis.
Alla morte del Vescovo il Palazzo è posto all’incanto insieme alle vaste proprietà agricole a seguito della legge italiana sui beni dell’Asse Ecclesiastico e acquistato il 16 settembre 1868 dalla contessa Eva Bernini Cerretani. Il 31 dicembre 1877 la contessa Cerretani vende a sua volta l’intero patrimonio alla famiglia castelnuovese dei Ciacci. In seguito al matrimonio avvenuto nella prima metà del ‘900 fra il conte Alberto Piccolomini d’Aragona, discendente della stirpe di Enea Silvio Piccolomini noto come Papa Pio II, e la signorina Elda Ciacci, il cosiddetto Palazzo del Vescovo diventa Palazzo Ciacci Piccolomini d’Aragona.
Nel 1985, con l’estinguersi del casato, la proprietà è lasciata in eredità a Giuseppe Bianchini già fattore della tenuta ormai da molti anni, che applica una filosofia di produzione totalmente nuova ed all’avanguardia per quegli anni, sviluppando ed incrementando produzione, qualità dei vini ed aprendo l’export dei nostri prodotti nel mondo. Giuseppe venuto a mancare nel febbraio 2004, lascia il compito di continuare il suo lavoro ai figli Paolo e Lucia.
Ciacci Piccolomini d’Aragona: Tradizione del passato e Tecnologia del futuro
L’azienda Ciacci Piccolomini d’Aragona dispone di due cantine così suddivise: la cantina storica denominata Palazzo, eretta nel sec. XVII, adibita al lungo invecchiamento dei vini più pregiati e la nuova cantina Molinello, situata nelle vicinanze di Castelnuovo dell’Abate, sede ufficiale dove, oltre ai locali destinati alla vinificazione, l’invecchiamento e l’affinamento dei vini, sono ubicati gli uffici.
Cantina Storica Palazzo Piccolomini
Il Palazzo Piccolomini è situato nel cuore di Castelnuovo dell’Abate
Il Palazzo è stato eretto nel XVII secolo ad opera del Vescovo montalcinese Fabivs de’ Vecchis, Abate di Sant’Antimo, Conte Palatino e Consigliere Imperiale. E’ proprio all’interno del Palazzo che, nel 1985, Giuseppe Bianchini e la sua famiglia decidono di stabilire la prima sede dell’azienda agricola.
La cantina sotterranea è la memoria storica della tenuta, capace di suscitare da sempre grande suggestione ai nostri visitatori, è adibita a custodire le vecchie annate, ancora oggi visitabile su prenotazione.
La Cantina Molinello
La cantina Molinello è una struttura completamente interrata, studiata per poter beneficiare di una temperatura ottimale e naturale. Ideata e progettata da Giuseppe Bianchini fu eretta alla fine degli anni ’90, diventando di fatto la struttura principale della tenuta, sede della produzione, dove si svolgono tutti i processi di vinificazione. Dotata delle migliori attrezzature enologiche, rende possibile un perfetto connubio tra modernità e tradizione.
La prima fermentazione viene effettuata all’interno di vasche d’acciaio inox a temperatura controllata. Successivamente all’interno della suggestiva bottaia, cuore della cantina, numerose botti di rovere tra 10 e 75 Hl., ospitano vini come il Rosso e il Brunello di Montalcino per lunghi anni, donando al prodotto eleganza e tipicità. Al termine dell’affinamento in legno, una moderna linea di imbottigliamento ed etichettatura, porta a termine l’intero processo.
Filosofia Produttiva
La filosofia aziendale si basa su un connubio tra le tradizioni contadine della zona e lo sviluppo tecnologico, con una grande attenzione rivolta a tutte le fasi produttive.
“…perché per il vino non c’è una vera e propria ricetta e soprattutto oggi con il cambiamento climatico occorre comprendere quello di cui la vigna ha bisogno perché ci sono degli appezzamenti che seppur vicini hanno necessità di un lavoro diverso rispetto ad un’altra vigna che ha una posizione diversa. Oggi il lavoro in vigna è sempre più sensibile ed importante. Dobbiamo comprendere quello che è il lavoro in campagna che va avanti 12 mesi l’anno. Non è solamente la raccolta. Sono tutti e dodici i mesi che sono importanti. Sicuramente l’annata gioca un ruolo rilevante nel riconoscimento ma quello che poi sarà indispensabile è davvero aver provato o comunque lavorato con attenzione cercando di comprendere ciò che la vite ti chiede. Ovviamente a tutto questo seguirà un lavoro di selezione e di attenzione in cantina per avere alla fine un vino che avrà il proprio stile ed il proprio carattere in modo di poter garantire una elevata qualità.”
Queste le parole di Ester Bianchini in merito alla filosofia produttiva di Ciacci Piccolomini d’Aragona.
Vino e non solo.
Prima di degustare i vini di Ciacci Piccolomini d’Aragona ho avuto modo di assaggiare anche l’olio prodotto dall’azienda.
Un olio extravergine d’oliva prodotto con quattro qualità di olive differenti: Frantoio, Moraiolo, Leccino e Olivastra che poi, sono le tipologie più comuni nella regione toscana.La caratteristica dell’olio di Ciacci Piccolomini d’Aragona è quella di essere spremuto a freddo in un frantoio sito ad un chilometro e mezzo dalla tenuta che quindi consente di lavorare immediatamente le olive raccolte rigorosamente a mano. Successivamente l’olio fa una decantazione naturale di circa 20-25 giorni per poi essere imbottigliato senza ulteriori passaggi.
Non essendo né un esperto né, tantomeno, un degustatore di olio il mio giudizio non può che essere quello del comune consumatore. Per me questo olio toscano è veramente buono. Ha una prima parte più dolce e vellutata seguita da una parte piccante e speziata. Un olio molto intenso da utilizzare sui piatti a freddo come condimento.
La Degustazione dei vini di Ciacci Piccolomini d’Aragona
Si parte con il rosso di Montalcino 2021 prodotto con le uve di Sangiovese da vigne più giovani (10-15 anni) che apre con la classica nota di ciliegia e sentori di spezie dolci affiancate da una leggera verve vegetale sicuramente figlia del territorio e della sua importante mineralità. In bocca è coerente e ripropone la ciliegia croccante seguita da una piacevole nota di pepe bianco e di erbe aromatiche come il rosmarino che lo fanno diventare indiscutibilmente gastronomico da abbinare ad una tagliata di manzo semplice o, perché no, ad una classica fiorentina data la struttura importante del vino.
Il tannino se pur importante è ottimamente bilanciato dalla componente fresco/sapida ed anche se il vino è estremamente giovane risulta pienamente godibile. Secondo me una bellissima espressione di rosso che sicuramente è identitario. Oserei definirlo un gentleman in frac: importante ma estremamente gentile, educato e composto.
Proseguiamo il nostro percorso con gli assaggi del Brunello di Montalcino.
Davanti a me quattro calici: Brunello di Montalcino 2019; Brunello di Montalcino – Pianrosso – 2019; Brunello di Montalcino 2018; Brunello di Montalcino – Pianrosso – 2018
Cenni sull’annata 2019
L’annata 2019 è stata un’annata talmente ricca e abbondante che oltre a permettere di produrre tipologie diverse, ha dato la possibilità ai produttori di focalizzarsi sul proprio stile, ma soprattutto su cosa si voleva comunicare in bottiglia. Oramai è chiaro il messaggio che i produttori vogliono lanciare: un vino il cui obiettivo è quello di coniugare abbondanza e ricchezza con una bevibilità fresca e agile. Per dirla in parole povere qualcosa che possa piacere ad un palato internazionale senza far storcere il naso all’appassionato in cerca delle peculiarità territoriali.
I dati e l’andamento climatico ci raccontano di un inverno relativamente fresco (anche se non rigido), piogge tra gennaio e febbraio, germogliamento regolare anche se la primavera fresca ha portato un certo rallentamento vegetativo. Poca pioggia alla fine di luglio dove però ci sono state ondate di caldo da 35°C ma che solo in due occasioni hanno portato stress e così anche agosto è trascorso regolare con qualche lieve ma utile pioggia. Così come sono state benefiche le precipitazioni di inizio settembre che hanno abbassato il tenore alcolico complessivo ed hanno permesso una maturazione più graduale delle uve. Un’annata stilisticamente molto ben bilanciata e classificata 5 stelle.
Brunello di Montalcino 2019
Durante il tour della cantina ho chiesto più volte, ad Ester, notizie ed impressioni sull’annata quindi sono arrivato alla degustazione con un certo pre-giudizio nel senso che mi ero immaginato cosa trovare nel calice ma all’assaggio di questo Brunello di Montalcino 2019 trovo qualcosa di diverso e per certi versi di inaspettato.
Mi aspettavo un vino che fosse ancora leggermente scomposto (anche perché ufficialmente esce in commercio tra due mesi) ed invece lo trovo di un’eleganza e di un equilibrio impressionante già adesso.
Sicuramente ha la componente acida estremamente esuberante però è perfettamente bilanciata. Questa particolarità lascia presupporre che questo vino avrà (sicuramente) un’evoluzione ed una longevità molto importanti che lo arricchiranno rendendolo ancora più interessante.
Il Brunello di Montalcino 2019 si apre su note di frutta rossa croccante e succosa, che ti stimolano immediatamente la salivazione susseguite dall’imprinting minerale e speziato. Sensazioni che ritrovo al sorso in modo estremamente coerente anche se la mineralità arriva leggermente dopo cosi come le note di sottobosco e le balsamiche che in questo momento sono solo accennate.
Un vino sferico che riempie la bocca.
Brunello di Montalcino – Pianrosso – 2019
Questo Brunello, come detto, prende il nome dalla vigna di Pianrosso: una singola vigna ubicata appena sotto alla struttura. Un singolo appezzamento dal quale viene ricavato questo Cru. Le vigne hanno un’età di circa 30-35 anni ed insistono su un terreno più ricco di minerali. Sicuramente il fatto di essere fatto con le uve di un singolo vigneto gli dona una riconoscibilità ancora più marcata.
È accomunato al precedente dalla stessa verve minerale ma in questo calice si percepisce di essere davanti a un qualcosa di più importante. Apre anch’esso su note di frutta rossa croccante abbinate a quella verve minerale presente anche nel precedente calice ed ha una più evidente balsamicità.
Al sorso ritroviamo le note precedentemente individuate. Il Brunello presente in questo calice presenta un tannino più aggraziato rispetto al precedente e questo grazie anche al terreno sul quale insistono le vigne. Ma quello che stupisce è la sua armonia ed eleganza. Un vino buono adesso e che sarà ancor più buono fra 15/20 anni quando svilupperà tutti quegli aromi terziari che solo il tempo saprà donargli. La cosa sorprendente è che solamente qualche anno fa nessuno avrebbe mai pensato di degustare un vino così giovane ricevendone così tanta piacevolezza. Un vino che già oggi è in grado di regalare una notevole dose di emozioni.
Brunello di Montalcino 2018
L’annata è stata definita classica ed elegante. Un’annata fredda e piovosa con inverno e primavera caratterizzati da intense piogge fino a giugno. Piogge che sono state abbondanti anche nella fine di agosto e inizio settembre (periodo solitamente asciutto). Il mese di luglio è stato asciutto e caldo ma le temperature sono state spesso sotto alla media con assenza di picchi di calore rendendolo un mese costante. Le viti hanno avuto una buona crescita nel periodo maggio giugno ma con un netto ritardo a causa delle basse temperature. Il tempo stabile di luglio ha facilitato l’inizio dell’invaiatura, però le piogge di fine agosto e inizio settembre hanno rallentato la maturazione. Fortunatamente settembre è stato asciutto e le uve hanno completato la maturazione.
Con un’annata completamente diversa rispetto alla 2019 ed una permanenza di un anno in più in bottiglia le differenze si fanno notare. Un vino più armonioso dal quale cominciano a notarsi tutta una serie di sentori che nei primi due calici erano appena accennati. Sicuramente una maggiore balsamicità e speziatura accompagnate dalla solita mineralità che (comincio a capire) è il fil rouge di questa degustazione. Non mancano le note fruttare che pero sono di frutta matura mentre i tannini sono setosi ed aggraziati. Un vino lungo anzi, molto lungo e persistente.
Brunello di Montalcino – Pianrosso – 2018
Come nella precedente comparazione anche in questo calice si percepisce di essere davanti a un qualcosa di più importante Si apre con note di frutta molto matura abbinate ad una interessante mineralità e balsamicità seguiti da sensazioni di sottobosco e piacevoli speziature ma è in bocca che esprime tutto il suo potenziale facendoti esclamare: wow! E si, questo è un vino dall’incredibile effetto wow. Un vino più complesso che ha cominciato ad evidenziare maggiormente tutte quelle sensazioni che nella degustazione dei Brunello 2019 erano sopite; perché se è vero che al naso c’era un po’ di confettura è altrettanto vero che in bocca la confettura è sparita ed è diventata di nuovo frutta croccante, piacevole, che si è arricchita di una bellissima mora. Un vino con una meravigliosa dinamicità. Snello, piacevolmente fresco e molto gastronomico.
Un vino lunghissimo che non finisce più con un tannino strutturato ma incredibilmente composto, educato ed elegante. Ed anche questa è una prerogativa di tutti i vini che ho degustato: una gestione esemplare del tannino che se pur importante è sempre perfettamente integrato. Tutto è come in un’orchestra sinfonica dove ogni maestro suona uno strumento tutto suo che nell’insieme forma un’armonia di suoni.
Conclusioni
Se ripenso a tutto il percorso che ho fatto dall’arrivo in azienda fino alla degustazione quello che mi ha colpito maggiormente dell’azienda è una marcata identità familiare. Un forte legame alle tradizioni ed alla storia alla quale però si affianca una incredibile propensione alla modernità.
Dal racconto di Ester Bianchini è emersa l’importanza di ogni componente familiare sia nella storia dell’azienda sia nella conduzione della stessa. Ed è proprio una forte identità che poi si percepisce nel calice.
Per quanto riguarda gli assaggi l’annata 2018 è stata estremamente didattica perché mi ha consentito di capire come può evolvere il Brunello di Ciacci Piccolomini d’Aragona.
Per quanto riguarda l’annata 2019 la ritengo un’annata che è riuscita a coniugare gli aspetti migliori di due grandi annate recenti come la 2015 e la 2016.
Un vino elegante e pronto subito (lo è l’annata 2016) ma che possiede un notevole potenziale di invecchiamento (come lo hanno i Brunelli 2015: vini che ti davano l’impressione di essere pronti ma non prontissimi e che avevano bisogno di una minima evoluzione in bottiglia).
Ho assaggiato vini che mi sono piaciuti e non poco. Molto gradevoli, succosi, abbastanza profondi, con profili aromatici nitidi ed espressivi del territorio e frutto di una non comune maestria enologica.
Curioso di riassaggiarli tra qualche anno.
Quello che non è ancora stato detto del vino
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