Affrontare il Nobile di Montepulciano non è affatto semplice: la concorrenza in terra toscana è decisamente agguerrita, soprattutto per quello che riguarda la base ampelografica Sangiovese; il blasonato Brunello e il notissimo Chianti Classico sono due presenze a dir poco ingombranti.
Eppure questa denominazione ha già nel nome un’aura di esclusività, tra l’altro del tutto meritata, che lo rende un protagonista assolutamente credibile e affatto secondario.

Capiamone di più, andando a degustare il Silìneo 2018, prodotto da Fattoria del Cerro, vino che durante l’ultima edizione di Untold – dedicata alla celebre denominazione toscana – si è aggiudicato il massimo riconoscimento dei Tre Cavatappi.

La Cantina Fattoria Del Cerro

La Fattoria del Cerro è una delle realtà vitivinicole più significative e di prestigio non solo sul suolo toscano; fa parte delle Tenute del Cerro insieme a una serie di altri possedimenti in zone particolarmente vocate: La Poderina a Montalcino, Monterufoli sulle Colline Pisane, Colpetrone a Montefalco e Montecorona, nella zona tra Gubbio e Cortona.

Fattoria del Cerro, di proprietà della famiglia Baiocchi fin dal 1922, ubicata in località Acquaviva a Montepulciano (SI), si estende su 600 ettari di proprietà dei quali 181 vitati e con i suoi 93 ettari iscritti all’Albo del Vino Nobile è la più grande realtà privata produttrice di Vino Nobile di Montepulciano: la produzione, come numero di bottiglie, è senz’altro significativa, ma in questo caso, il binomio quantità/qualità non è affatto un miraggio. La grande attenzione per la valorizzazione dei suoli e delle unicità territoriali ha permesso la produzione di vini di eccellenza che fossero lo specchio fedele delle tipicità zonali; il Nobile di Montepulciano non fa eccezione.

Produzione ed Affinamento

Figlio del più classico blend toscano, il Silìneo accoglie almeno il 90% di Prugnolo Gentile (come viene chiamato il Sangiovese Grosso in zona) e la restante parte di Colorino, Canaiolo Nero e Mammolo.

Le uve vengono vendemmiate manualmente, a seconda dell’andamento stagionale, verso la fine settembre. Dopo la diraspatura e pressatura la fermentazione avviene in acciaio inox a temperatura controllata di 24-28°C, con frequenti rimontaggi e follature.

A seguito della svinatura il vino viene trasferito in botti di rovere dove svolge la fermentazione malolattica ed quindi un affinamento di minimo 18 mesi. Dopo alcuni mesi aggiuntivi di sosta in bottiglia, il vino viene immesso in commercio.

La Degustazione

La veste rubino tende già a sfrangiarsi in luminose venature granate: vivo e vivifico, di buona concentrazione cromatica, coerente e morbido nel bicchiere senza mai cedere a staticità.
Denso e stratificato negli atteggiamenti olfattivi, vibrante di chiaroscuri fruttati rossi e neri ed illuminato da nuance floreali di viola e geranio.

La timbrica terziaria non ha avuto ancora il tempo di sgranarsi del tutto, ma i tocchi di tabacco trinciato, brace, pellame ed effluvi ematici sono già abbastanza disinvolti.

L’ingresso in bocca è teso, agile e tonico nella progressione gustativa, con tannini disponibili alla gentilezza, acidità puntuale e leggibile, ritmo salino appena accennato.
Una fibra disinvolta, scorrevole, appena intaccata da una pienezza alcolica percettibile ma in virtuoso equilibrio con la spinta acida.
La chiusura di bocca è stimolante e concede prospettive interessanti su cui scommettere, compiendo un ringiovanimento gustativo ad ogni sorso.

L’Abbinamento

Considerata la dinamicità del sorso, la gentilezza del tannino ed il peso medio della struttura, lo spendiamo volentieri su dei pici al ragù di cinghiale, su carni in umido o su formaggi di media stagionatura.

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