Quando si parla di vino, il vitigno è l’origine del racconto. I vitigni più coltivati al
mondo non sono soltanto nomi in classifica: sono itinerari culturali, ponti
commerciali, memorie agricole che viaggiano da secoli. Alcune varietà hanno
lasciato la culla d’origine per diventare cittadini del mondo mentre altre sono rimaste fedeli alle proprie origini, facendo da presidio a tradizioni locali. In questo articolo si cercherà di ripercorrere le loro storie, osservando come il clima, oggi, stia cambiando i luoghi e il movimento del vino. L’obiettivo è semplice: capire perché proprio questi sono i vitigni più coltivati al mondo e come interpretano, ciascuno a modo suo, il tempo che viviamo, sempre con maggior velocità.
Il panorama mondiale dei vitigni più coltivati al mondo
Secondo le stime OIV la superficie vitata globale supera i 7,3 milioni di ettari. Ma la mappa non è mai ferma. I confini della qualità si stanno spostando verso nord e verso l’alto. Alcune zone mediterranee, per conservare freschezza e tensione, adottano rese più basse e cercano di ricavare più ombra tra i filari. Leggere i vitigni più coltivati al mondo significa leggere anche la geografia del clima, dove l’escursione termica salva l’acidità, dove i suoli drenanti evitano ristagni e dove il vento protegge dalle malattie. È una geografia dinamica, in cui la parola chiave è adattabilità. Con i cambiamenti climatici bisognerà essere in grado di adattarsi e di far sentire a proprio agio senza stress la Vite.
Dal Bordeaux al Nuovo Mondo: I vitigni più coltivati al Mondo
Cabernet Sauvignon

Superficie stimata: circa 340.000 ettari complessivi.
Origine e Storia:
Nato a Bordeaux nel Seicento dall’incrocio naturale tra Cabernet Franc e Sauvignon Blanc, il Cabernet Sauvignon è stato fra i primi vitigni a viaggiare con successo fuori dall’Europa. Il successo commerciale dei vini bordolesi nell’Ottocento, la diffusione delle tecniche di cantina e la nascita del concetto di Cru ne hanno cementato la reputazione. Nel Novecento, con la spinta del Nuovo Mondo, si è trasformato nell’icona del rosso da lungo invecchiamento, capace di coniugare potenza e precisione.
Aree di coltivazione e stili:
Il suo habitat originario resta la Gironda, ma oggi il Cabernet è tra i vitigni più coltivati al mondo, parla molti dialetti: a Napa e in Sonoma mostra ricchezza di frutto e densità vellutata; in Cile ma soprattutto nelle Valli del Maipo e di Colchagua, unisce un chiaro tratto aromatico e la freschezza tipica delle Ande; in Australia predilige Coonawarra e Margaret River, dove il mare tiene a bada l’esuberanza dell’alcolicità. In Sudafrica, a Stellenbosch, sviluppa un tratto balsamico e terroso. In Italia si esprime nei tagli toscani e friulani, con eleganza crescente nelle zone più alte.
Profilo sensoriale e caratteristiche:
Il timbro classico è di cassis e ribes nero, prugna e tabacco, con cenni di grafite e
foglia di pomodoro quando la maturazione fenolica è al limite. La trama tannica è
fitta ma ordinata, l’acidità sostiene evoluzioni pluridecennali. Spezie dolci e
tostature arrivano dall’uso calibrato della barrique.
Cambiamento climatico: rischi e opportunità
Il riscaldamento globale anticipa le vendemmie e alza gli zuccheri: si risponde con altitudini maggiori, esposizioni più fresche, chiome ombreggianti e raccolte notturne. In regioni fredde, invece, temperature più miti consentono maturazioni più complete, con tannini meno verdi e frutto più pieno.
Curiosità:
Gli studi di DNA degli anni ’90 hanno confermato la parentela con Cabernet Franc e Sauvignon Blanc. Nella percezione comune è sinonimo di ‘vino importante’, ma le interpretazioni moderne cercano più finezza e bevibilità rispetto al passato.
Abbinamenti e tendenze:
Con bistecca alla fiorentina, selvaggina in umido, brasati, formaggi stagionati. La
tendenza contemporanea lo vede sempre più spesso su cotture rosa e salse meno
invadenti.
Mercati e prospettive:
Domanda solida nei mercati internazionali; l’attenzione si sposta su sostenibilità,
certificazioni ambientali e tracciabilità. Cresce l’interesse per stili meno estrattivi e
più gastronomici.
Merlot

Superficie stimata: circa 265.000 ettari complessivi.
Origine e storia:
Originario di Bordeaux, prende il nome dal merlo che ne apprezza gli acini scuri e zuccherini. Storicamente impiegato per addolcire i cabernet nelle annate fredde,
nel Novecento conquista un proprio ruolo di spicco grazie alle grandi etichette di
Pomerol e Saint‑Émilion, che ne esaltano setosità e profondità.
Aree di coltivazione e stili:
Il Merlot è tra i vitigni più coltivati al mondo. A Bordeaux è protagonista dei suoli argillosi‑calcarei della riva destra; in Italia si diffonde soprattutto nel Triveneto e in Toscana dove riesce a esprimersi al meglio. Nel Nuovo Mondo brilla tra California e Cile, mentre in Europa orientale mantiene un ruolo di primo piano. L’adattabilità è la sua forza, purché non soffra siccità prolungata.
Profilo sensoriale e caratteristiche:
Profumi di ciliegia e mora, viola, molte volte porta con sè una vena erbacea in gioventù. In bocca è avvolgente, con tannini dolci e finale spesso che vira verso note di cioccolato dopo l’affinamento in legno. Quando è ben calibrato unisce comfort e profondità.
Cambiamento climatico: rischi e opportunità
Con il caldo intenso può perdere acidità e virare su confettura: si ricorre a
ombreggiamento della chioma, rese contenute e raccolte anticipate. In zone fresche, invece, il riscaldamento ha reso più regolari le maturazioni.
Curiosità:
Nel suo percorso ha vissuto momenti di moda e di eccesso, dove si giocava in primis sul corpo e sulla struttura ma oggi la tendenza è tornare a equilibrio e bevibilità. La sua ‘accessibilità’ lo rende ponte ideale verso rossi più complessi e leggendari.
Abbinamenti e tendenze:
Con arrosti di vitello, coniglio alle erbe, risotti ai funghi. Ottimo con piatti di media struttura dove si cerca armonia più che potenza.
Mercati e prospettive:
Mercati stabili: la domanda privilegia stili meno dolci e più slanciati, dove gli alcoli sono gestiti alla perfezione. Interesse crescente per le versioni di altitudine, dove la freschezza gioca un ruolo fondamentale.
Tempranillo

Superficie stimata: circa 230.000 ettari complessivi.
Origine e storia:
Colonna portante della Spagna, il Tempranillo deve il nome alla maturazione
precoce. Dalle botti americane del Novecento alle pratiche più moderne di oggi, ha attraversato una profonda evoluzione, mantenendo però l’eleganza che lo rende riconoscibile e molto apprezzato dai consumatori, entrando di diritto tra i vitigni più coltivati al mondo.
Aree di coltivazione e stili:
In Spagna lo troviamo in Rioja e Ribera del Duero, ma è protagonista anche in Toro e Navarra; in Portogallo, conosciuto come Tinta Roriz/Aragonez, entra in molti rossi del Douro. Altitudini e escursioni termiche sono la chiave per preservare freschezza.
Profilo sensoriale e caratteristiche:
Frutto rosso e nero come ciliegia, fragola, lampone, prugna e mora. Con l’evoluzione sviluppa sentori di liquirizia, cuoio, tabacco, caffè. L’affinamento in rovere americano tradizionale aggiunge vaniglia e cocco, quello francese regala speziatura più fine. Tannino presente ma elegante con un’acidità media senza eccedere.
Cambiamento climatico: rischi e opportunità:
Siccità e ondate di calore spingono su selezione clonale, ombreggiamento e raccolte scalari e le altitudini e i versanti nord diventano decisivi. L’aumento delle temperature porta maturazione più rapida degli acini, soprattutto nelle zone della Rioja Baja e Ribera del Duero. Questo può portare a uno squilibrio tra zuccheri e acidità, ottenendo vini più alcolici, meno freschi e meno longevi modificando la vera natura del Tempranillo. Molti produttori stanno scegliendo aree più in quota e si studiano nuovi cloni più resistenti al caldo e alla siccità.
Abbinamenti e tendenze:
La sua versatilità lo rende compagno ideale della cucina spagnola. Giocando con le varie versioni di Tempranillo (Joven, Crianza, Riserva o Gran Riserva) si può spaziare molto con gli abbinamenti, passando dalle Tapas, alla Paella di Carne, Tajine di carne, Selvaggina e formaggi stagionati come Idiazabal, un formaggio D.O.P. di pecora a latte crudo che prende il nome proprio dal nome del villaggio situato nella provincia di Gipuzkoa, nei Pirenei Baschi.
Chardonnay:

Superficie stimata: circa 210.000 ettari complessivi.
Origine e storia:
Figlio della Borgogna, lo Chardonnay incarna l’idea che un’uva apparentemente neutra possa diventare specchio del luogo. Dal gesso di Chablis ai terreni marno‑calcarei della Côte d’Or, fino ai climi oceanici o montani del Nuovo Mondo, lo Chardonnay ha dimostrato una duttilità senza pari. Un vitigno che ha saputo imporsi e regalare emozioni ovunque, diventando tra i vitigni più coltivati nel mondo grazie alla sua forte adattabilità.
Aree di coltivazione e stili:
È pilastro di Champagne, Borgogna e metodo classico in molte regioni. In California nella Napa, Sonoma e Santa Barbara dove troviamo Chardonnay più ricchi, tropicali e “burrosi”, mentre in America, in Oregon per Chardonnay più eleganti e floreali. In Australia nella Yarra Valley, Adelaide Hills e Margaret River, con stili più moderni giocati su freschezza ed eleganza. Nella Nuova Zelanda, in Sud America come ad esempio Cile e Argentina. In Italia, Sicilia e Toscana per arrivare a Trentino‑Alto Adige, Friuli e Piemonte nelle Langhe con Chardonnay in purezza e per basi spumante. In Franciacorta, soprattutto per spumanti metodo classico con Chardonnay come base.
Profilo sensoriale e caratteristiche:
Il profilo varia: andando dall’agrume come limone e lime, mela verde, fiori bianchi e note minerali nei climi freschi; ananas, pesca, banana, mango, papaya nei climi caldi, mentre burro nocciola, miele, note affumicate e di spezie dolci laddove la malolattica e il legno entrano in gioco. Acidità spesso ben percepibile, corpo variabile, con persistenze medio-lunghe in generale ma lunghe in caso di versioni affinate.
Cambiamento climatico: rischi e opportunità
Lo Chardonnay essendo uno dei vitigni più coltivati al Mondo è un vero “termometro” del cambiamento climatico. Il riscaldamento spinge gli zuccheri rischiando di appiattire l’acidità, rendendo i vini più alcolici e con profumi meno complessi. si reagisce sempre con la ricerca di zone con altitudini più elevate, raccolte precoci, selezioni clonali e gestione mirata della chioma. Può esser un motore di innovazione per le aree emergenti.
Abbinamenti e tendenze:
Lo Chardonnay si adatta a molti piatti soprattutto per la diversità di stili realizzativi. Uno Chardonnay fresco e minerale potrà esser perfetto per Crudi di pesce, Ostriche, Tartare di pesce, Sushi e formaggi freschi mentre uno fruttato e floreale con risotti non troppo elaborati, pollo, uova e torte salate. Lo Chardonnay affinato in legno è perfetto per del Salmone al forno o affumicato, ravioli burro e salvia, funghi porcini e formaggi stagionati. Con lo Chardonnay spumante Metodo Classico, si può andare dai crostacei, ai risotti con frutti di mare, tempura e fritture leggere.
Syrah / Shiraz

Superficie stimata: circa 190.000 ettari complessivi.
Origine e storia:
Nonostante il nome “Shiraz” richiami la città iraniana omonima, studi genetici moderni hanno dimostrato che la Syrah è Originaria del Rodano, ed è il risultato dell’incrocio tra Dureza e Mondeuse Blanche. La Shiraz del Nuovo Mondo invece è arrivata in Australia grazie a James Busby nel 1832 considerato il padre della viticoltura australiana. La sua storia moderna è la
storia di due linguaggi, entrambi convincenti. In Europa e Nuovo Mondo, abbiamo diversi stili ma uniti da un grande vitigno. Syrah e Shiraz, due stili per uno dei vitigni più coltivati al mondo.
Aree di coltivazione e stili:
In Francia Côte‑Rôtie, Hermitage, Crozes-Hermitage e Cornas nel Rodano Settentrionale sono dei punti di riferimento, dove si producono Syrah eleganti, speziati e profondi capaci di invecchiare per decenni. In Australia, tra Barossa, abbiamo vini con uno stile ricco, opulento, speziato e fruttato mentre a McLaren Vale e Hunter Valley, ritroviamo delle varianti che si differenziano per freschezza e speziatura. Ricordiamo anche le zone dell’Italia come ad esempio Toscana, Sicilia, Lazio e Maremma usato sia in blend che in purezza, e poi il Sudafrica con vini intensi e speziati, Cile e Argentina che giocano sulla freschezza con vini di altura, o gli Stati Uniti dove in California è coltivato soprattutto nella Central Coast.
Profilo sensoriale e caratteristiche:
Il pepe nero è il segno olfattivo distintivo della Syrah del Rodano. In generale ritroviamo aromi di frutta nera, violetta, spezie, per passare poi alla marmellata di mora, cioccolato, cuoio, liquirizia e note balsamiche. Tutte note che possono esser accentuate o no in base all’invecchiamento e all’affinamento.
Cambiamento climatico: rischi e opportunità
E’ un vitigno che resiste bene al caldo ma il rischio è che, con l’aumento delle temperature su un vino già molto ricco, si tenda a superare i 15% di alcol. La conseguenza sarebbe una perdita di equilibrio e bevibilità, ottenendo così vini troppo caldi e poco gastronomici. Si potrebbero avere delle maturazioni accelerate che aumenteranno gli zuccheri nell’uva e nel mosto e si otterranno vini scarichi di aromi e di bassa qualità olfattiva. Ad esempio sentori di frutta cotta anziché profumi più piacevoli di frutta fresca. Negli ultimi anni anche le gelate primaverili e le grandinate hanno danneggiato e compromesso interi raccolti. Questo perché il Syrah ha un germogliamento medio-precoce rendendolo vulnerabile alle gelate tardive. La soluzione, come per altri vitigni è spostarsi in aree più alte, anticipare la vendemmia, limitare l’estrazione e l’uso del legno, cercando vinificazioni più leggere e territoriali.
Abbinamenti e tendenze:
La tendenza è la ricerca di freschezza e bevibilità, ottenendo vini con grado alcolico più contenuto. Molti produttori puntano su agricoltura biologica, fermentazioni spontanee, affinamenti in anfora o cemento. La ricerca di nuove zone più fresche come ad esempio Etna, Appenino umbro-marchigiano, Tasmania, altopiani cileni, Inghilterra. La Syrah è un vitigno che si abbina a molti piatti, anche in questo caso molto dipende dal tipo di Syrah. In Syrah caldi abbinamenti perfetti con Costine BBQ, Chili con carne, Cinghiale in umido, formaggi erborinati. In Syrah piu freschi ottimo con Agnello in crosta, Anatra al pepe verde, Risotto allo speck o formaggi stagionati.
Grenache / Garnacha

Superficie stimata: circa 160.000 ettari complessivi.
Origine e storia:
Secondo studi recenti, la Garnacha ha origini spagnole, molto probabilmente nella regione dell’Aragona. Era già coltivata nel XII-XIII secolo, ed è considerata una delle uve autoctone più antiche della penisola iberica. Dal regno d’Aragona si diffuse verso la Catalogna, Navarra, Rioja, Priorat.
Aree di coltivazione e stili:
In Spagna le aree di maggior coltivazione sono Aragona, Catalogna, Navarra, Rioja, Priorat, dove vi sono differenti interpretazioni del vitigno. Ad Aragona Garnacha in purezza, dove avremo vini caldi, fruttati e speziati. Nella Rioja viene usata anche in blend con il Tempranillo per ottenere vini morbidi, fruttati e rotondi. In Navarra, famosa per i rosati con bella freschezza mentre nel Priorat spesso la Garnacha è in blend con il Carignan per dare vita a vini profondi, minerali e concentrati, tra i più ricercati della Spagna.
In Francia è Molto diffusa nel Rodano Meridionalee nel Languedoc-Roussillon dove regna a Chateauneuf-du-Pape, Cotes-du-Rone, Minervois e Rousillon. Come non citare la Sardegna con il suo Cannonau, geneticamente uguale alla Garnacha. Le zone più vocate sono l’Ogliastra, Nuoro e soprattutto Mamoiada. Diffusa anche nel Nuovo mondo, Australia nella Barossa Valley e McLaren Vale, California nella Central Coast e Sudafrica.
Profilo sensoriale e caratteristiche:
La Garnacha ha una maturazione tardiva, ama i climi caldi e secchi ed è molto resistente alla siccità. In gioventù regala ai vini riflessi violacei mentre con l’evoluzione vira al granato tenue. Il bouquet aromatico è in genere intenso e caldo, dominato da frutta matura come ciliegia, fragola, prugna, violetta, rosa, spezie dolci ed erbe aromatiche. In evoluzione soprattutto tabacco, cuoio, cacao amaro e caffè. La Garnacha regala vini di corpo medio o pieno, con un tannino generalmente morbido e rotondo. Un acidità medio-bassa con un grado alcolico Alto. Il colore scarico non è un difetto, è una caratteristica genetica della Garnacha. Il vitigno da il meglio di se da vigne vecchie, anche oltre i 70-100 anni.
Cambiamento climatico: rischi e opportunità
Anche se la Garnacha resiste bene alla siccità, le prolungate mancanze di pioggia in alcune zone come ad esempio Calatayud, Campo de Borja, Sardegna, possono ridurre le rese ed impattare la qualità finale del vino o creare grappoli disidratati, con tannini sbilanciati. Le vigne vecchie anche se sono le più qualitative sono anche le più vulnerabili se soggette a grandinate, ondate di caldo e gelate primaverili tardive. Scegliendo zone più fresche otterremo vini più eleganti, speziati e fini. Ricercando zone anche con belle escursioni termiche avremo aromi più complessi e più freschi. Vi sono anche progetti di ricerca genetica di cloni resistenti al cambiamento climatico e la riscoperta di biotipi locali.
Abbinamenti e tendenze:
Come sempre ogni abbinamento dipende molto dallo stile del vino. In linea generale la Garnacha è perfetta con Tapas, paella di carne, pollo al paprika, Costine BBQ, formaggi stagionati e semi-stagionati. Differente invece con il Rosato di Garnacha dove gli abbinamenti si spostano verso Sushi, Cous Cous alle verdure o pollo e formaggi freschi, in genere perfetto con aperitivi e brunch all’aperto. Esiste anche la Garnacha Dolce, perfetta con cioccolato fondente, Blue cheese e dessert al caffè. Ultimamente vi è anche la riscoperta dei vigneti storici in alta quota specialmente a Gredos in Spagna, Mamoiada in Sardegna e Altopiani del Priorat.
Sauvignon Blanc

Superficie stimata: circa 120.000 ettari complessivi.
Origine e storia:
Originario della Loira e di Bordeaux, il Sauvignon Blanc è documentato in Francia già dal XVIII secolo, dove veniva coltivato come uva da taglio per donare freschezza ai vini bordolesi. Nel XIX secolo ha iniziato a distinguersi nei cru della Loira centrale, con Sancerre e Pouilly-Fumé come riferimenti di stile. A partire dagli anni ’70 del Novecento, il suo arrivo in Nuova Zelanda (Marlborough) ha segnato una svolta, facendo nascere lo stile moderno, intenso e aromatico, che ha contribuito a trasformarlo in uno dei vitigni bianchi più riconoscibili al Mondo.
Aree di coltivazione e stili:
L’area storica del Sauvignon Blanc rimane la Loira, nel Nord della Francia. Tra Sancerre e Pouilly-Fumé, infatti questo vitigno si esprime con eleganza minerale e finezza aromatica. In Bordeax entra nei tagli bianchi insieme al Sémillon, dando vita ai celebri vini secchi e dolci come il Sauternes. Oggi il vitigno ha diffusione mondiale, andando dalla Nuova Zelanda dove ha imposto dagli anni ’80 uno stile aromatico e immediato. In Cile e in California regala profili fruttati e caldi, mentre in Sudafrica e in alcune zone dell’ Italia, predilige un’espressione più fresca e sapida (es. Alto Adige e Friuli).
Profilo sensoriale e caratteristiche:
Nei climi freschi, per il Sauvignon Blanc ritroviamo note di pompelmo, lime, mela verde e fiori bianchi, mentre in ambienti più caldi ritroviamo note di frutta tropicale come passion fruit e ananas. La parte vegetale come foglia di pomodoro, peperone verde e bosso è un suo marchio distintivo. Al palato è piacevole, con bella acidità e spesso bella sapidità. Il Sauvignon Blanc in genere predilige la freschezza e la precisione stilistica più che la struttura, ed è per questo apprezzato come vino giovane e di pronta beva, anche se in Loira si è dimostrato la sua grande capacità di evoluzione.
Cambiamento climatico: rischi e opportunità
Il Sauvignon Blanc è molto sensibile agli effetti del cambiamento climatico. L’aumento delle temperature tende a ridurre l’acidità tipica e a spostare il profilo aromatico verso note tropicali, penalizzando la parte vegetale e agrumata. Per contrastare questi effetti, si punta a una raccolta anticipata delle uve e a coltivare in altitudine o con esposizioni più fresche, con una gestione della chioma per ridurre l’eccesso di sole. L’opportunità è che , in aree dove un tempo le temperature erano rigide, l’aumento delle temperature ha permesso al Sauvignon di maturare meglio, creando nuove zone di produzione, soprattutto nell’Europa Settentrionale.
Abbinamenti e tendenze:
Il Sauvignon Blanc è molto versatile a tavola. Si abbina bene a piatti di mare, come crostacei, frutti di mare crudi, formaggi a crosta fiorita o caprini freschi. Ottimo anche con verdure di stagione o erbe aromatiche. Le tendenze di oggi lo vedono protagonista nella ristorazione contemporanea, dove viene preferito in versioni più minerali e sobrie, meno marcate dai profumi tropicali, per poter esaltare la bevibilità e l’abbinamento con la cucina leggera e moderna.
Pinot Noir

Superficie stimata: circa 110.000 ettari complessivi.
Origine e storia:
Il Pinot Noir è uno dei vitigni più antichi documentati in Europa, con riferimenti già nel I secolo d.C. nelle cronache romane della Gallia. La sua culla riconosciuta è la Borgogna, dove nel Medioevo i monaci cistercensi ne codificarono la coltivazione parcella per parcella, ponendo le basi del concetto moderno di terroir.
Dal XIX secolo ha iniziato a diffondersi anche fuori dalla Francia, trovando espressioni notevoli in Germania (come Spätburgunder), in California, in Oregon e, più recentemente, in Nuova Zelanda e Tasmania con risultati ottimi. Vitigno fragile e sensibile, il Pinot Noir ha fatto della sua difficoltà un mito: da secoli è considerato l’uva che meglio traduce in vino le sfumature del suolo e del clima.
Aree di coltivazione e stili:
La patria storica del Pinot Noir resta la Borgogna, dove esprime le sue versioni più celebri: dai vini eterei e delicati della Côte de Beaune a quelli più strutturati e longevi della Côte de Nuits. È anche una delle uve fondamentali dello Champagne, soprattutto nelle cuvée a base di Pinot Nero in purezza (Blanc de Noirs).
Fuori dalla Francia, ha trovato nuove territori dove i risultati sono soddisfacenti: in Germania (Spätburgunder) occupa una superficie crescente e mostra stili più fruttati e morbidi; in Oregon dove, dagli anni ’70, è diventato simbolo di eleganza e freschezza; in California , soprattutto a Sonoma e Santa Barbara, assume tratti più maturi e solari.
In Nuova Zelanda, specialmente a Central Otago e Marlborough, il Pinot Noir ha conquistato fama internazionale grazie alla combinazione di acidità, frutto puro e finezza. Anche in Tasmania e nelle regioni alpine italiane (Alto Adige, Valle d’Aosta, Oltrepò Pavese) si esprime con precisione e freschezza.
La sua grande diffusione conferma la capacità del Pinot Noir di adattarsi, pur restando sempre esigente: un vitigno che non perdona errori ma che, nei terroir più vocati e importanti, restituisce vini di straordinaria complessità ed eleganza.
Profilo sensoriale e caratteristiche:
Il Pinot Noir si distingue per il suo profilo aromatico sottile ed elegante. Al naso prevalgono note di frutti rossi (lampone, fragolina di bosco, ribes), accompagnate da sentori floreali di rosa e viola. Con l’affinamento ritroviamo aromi più complessi di sottobosco, funghi, tartufo, cuoio e spezie fini.
Al palato è generalmente caratterizzato da corpo medio, tannini fini e acidità vivace. Non punta sulla potenza ma sulla finezza e sulla capacità di evolvere in bottiglia. Nelle migliori espressioni sviluppa complessità straordinarie e grande armonia, regalando nelle zone d’elite dei veri capolavori.
La sensibilità del vitigno al terroir fa sì che il suo profilo cambi molto in base alla zona: più delicato e minerale nei climi freschi, più maturo e fruttato nei contesti caldi, sempre mantenendo una struttura elegante e mai eccessiva.
Cambiamento climatico: rischi e opportunità
Il Pinot Nero è uno dei vitigni più sensibili al cambiamento climatico. La sua maturazione precoce lo espone a rischi di surriscaldamento. L’aumento delle temperature in eccesso, portano a zuccheri alti, acidità ridotta e perdita delle tipiche note delicate di frutti rossi. In alcune annate calde si registrano anche tannini meno equilibrati.
Per contrastare questi effetti, i viticoltori adottano strategie agronomiche ben definite, come per esempio la scelta di esposizioni più fresche, impianti in altitudine, gestione della chioma per proteggere i grappoli, e in alcuni casi raccolte anticipate o notturne per preservare freschezza e aromaticità.
Al tempo stesso, il riscaldamento globale ha reso possibile la coltivazione del Pinot Noir in aree un tempo troppo fredde, come Inghilterra, Canada e regioni settentrionali d’Europa, aprendo nuove prospettive per la produzione di vini rossi e spumanti di qualità.
Abbinamenti e tendenze:
Il Pinot Noir si abbina in modo eccellente a piatti che richiedono eleganza più che potenza. Tra i classici come non citare l’anatra arrosto, selvaggina da piuma, funghi e tartufo, che ne esaltano i profumi terrosi e di sottobosco. Grazie alla sua acidità e al tannino fine, può accompagnare anche pesci grassi come il salmone o il tonno, oltre a formaggi a pasta molle.
Nella ristorazione contemporanea è sempre più apprezzato per la sua versatilità gastronomica e per la capacità di coniugare leggerezza e complessità. Le versioni più fresche e fruttate si adattano anche a cucine etniche poco speziate, come quella giapponese, mentre le espressioni più strutturate mantengono il ruolo di grandi vini da invecchiamento.
Vitigni emergenti: le nuove alternative ai vitigni più coltivati al mondo
Accanto ai vitigni più coltivati al mondo stanno emergendo varietà che offrono nuove prospettive alla viticoltura globale. In Uruguay, il Tannat ha saputo domare la sua naturale potenza grazie a estrazioni più delicate e a un uso calibrato del legno. Nel Portogallo, il Baga (storicamente austero) sta conoscendo una rinascita in chiave più elegante e accessibile. In Sicilia, il Nerello Mascalese dell’Etna è diventato simbolo della finezza vulcanica, capace di competere con i grandi Pinot Noir.
Tra i bianchi spiccano l’Assirtyko di Santorini, resistente a siccità e venti, il Pecorino appenninico, che unisce profumo e acidità, e l’Alvarinho/Alabarino atlantico, noto per la sua energia salina.
A questi si affiancano i vitigni PIWI (resistenti alle malattie), come Solaris, Souvignier Gris e Bronner, che promettono un futuro più sostenibile con minori trattamenti in vigna.
I cambiamenti climatici e la viticoltura dei vitigni piu coltivati al mondo
Il Clima è la variabile che più sta ridisegnando mappe e stili nella viticoltura globale. Negli ultimi decenni l’innalzamento delle temperature, le ondate di calore, la scarsità d’acqua e la maggiore frequenza di eventi estremi hanno portato i produttori a studiare nuovi interventi e nuove tecniche.
I vitigni più coltivati al mondo, come Cabernet Sauvignon, Merlot, Chardonnay, Tempranillo, Syrah, Grenache, Sauvignon Blanc, Pinot Nero, mostrano i segni di questa trasformazione. Da un lato rischiano di perdere le caratteristiche che li hanno resi celebri: acidità naturale più bassa, gradi alcolici elevati, profili aromatici diversi dal passato. Dall’altro, il riscaldamento ha reso coltivabili aree un tempo troppo fredde, aprendo nuove opportunità.
Strategie di adattamento dei vitigni più coltivati al mondo
Le principali sono:
- Agronomia di precisione (gestione della chioma, copertura del suolo, riduzione delle rese)
- Vendemmie anticipate o notturne per preservare freschezza
- Portinnesti e cloni resistenti alla siccità e al calore
- Altitudini più elevate e esposizioni fresche, che oggi diventano cruciali per mantenere equilibrio e finezza
Parallelamente a queste nuove strategie, emergono nuove aree produttive come ad esempio l’Inghilterra, la quale si è affermata con spumanti metodo classico di alto livello. Le zone alte della Spagna e del Portogallo offrono vini bianchi tesi e longevi, mentre il Canada, alcune regioni del Nord Europa e persino la Scandinavia stanno muovendo i primi passi con risultati sorprendenti. Il futuro richiede una visione ben definita. L’obbiettivo è preservare l’identità dei vitigni storici, valorizzare le varietà emergenti e investire in pratiche sostenibili. Solo così sarà possibile affrontare il cambiamento climatico, rispettando la diversità che ha reso grande il patrimonio vitivinicolo mondiale.
Conclusione
Fermarsi e guardare i vitigni più coltivati al mondo è come vedere il mondo del vino trasformarsi davanti ai nostri occhi. La vera forza sta nella capacità di adattarsi: Vignaiolo, territorio e della vite stessa. La sostenibilità è un punto chiave per il futuro. Ricordiamo che i grandi vitigni, non solo solo i protagonisti della viticoltura, ma ambasciatori culturali, capaci di unire e raccontare la loro tradizione il loro cambiamento.
