Recensione del Rosso del Ciglio, 2016, Azienda Agricola Salvatore Magnoni
“La terra è di chi la lavora“
Come dargli torto? Questo è il motto di Salvatore Magnoni titolare dell’omonima azienda agricola sita nel Cilento, storicamente luogo campano semiabbandonato anche a causa della sua morfologia difficile. Il territorio Cilentano si estende dalla costa fino agli oltre 2.000 metri delle vette innevate del Monte Cervati, passando per una moltitudine di piccolissimi paesi arroccati sulle colline.
Magnoni, ex dj e fondatore di uno storico locale napoletano, la Fonoteca del Vomero, decide, vent’anni fa, di far rivivere un terreno familiare in stato di abbandono a Rutino, sulle colline cilentane.
Nel 2003, su questo terreno argilloso-calcareo a 300 metri sul livello del mare, reimpianta la vigna sostituendo barbera e sangiovese con aglianico. Crea così un’unica piccola vigna disposta sul ciglio della collina ed affacciata da una parte sulla valle del fiume Alento e dall’altra sul Monte Stella.
La vigna così realizzata si estende per circa due ettari, per una produzione che si aggira intorno alle 8500 bottiglie.
Questo vino è un esempio concreto di come una lavorazione più naturale, ed a contatto con la terra, possa esaltare la biodiversità e la tradizione in maniera convincente. Nella fase di fermentazione, per esempio, si usano piccole quantità di uve non diraspate e pigiate con i piedi.
Le uve aglianico vengono raccolte e lavorate in modo assolutamente naturale, senza alcun controllo della temperatura: una scelta che, con coerenza con la filiera produttiva, è figlia della volontà di Magnoni di rendere ogni annata un prodotto “artigianale” andando ad esaltare le dovute differenze legate all’andamento della stagione. Non vengono aggiunti né solfiti, né lieviti selezionati durante la vinificazione, nè tantomeno vengono effettuate filtrazioni ad eccezione di una sgrossatura con cartucce da 5 micron.
La fermentazione malolattica avviene spontaneamente in legno, nelle tonneaux da 550 litri e nelle barriques esauste in cui il vino riposa per 10 mesi. Dopo un periodo di ulteriori 6 mesi in bottiglia si può finalmente dire pronto.
Magnoni non vende sul web, ma soltanto nella propria cantina e in un circuito di enoteche specializzate. Scelte controcorrente, a cominciare dall’etichetta: sobria, scarna, con le sole indicazioni di legge e nessun ‘retro’ per illustrare e decantare il contenuto: “Preferisco che il vino parli da solo” per citare testualmente le sue parole.
Tra pochi anni nuove vigne, messe a dimora sulle adiacenti colline di Rutino, genereranno nuovi vini Barbera del Sannio, Fiano e Falanghina.
Rosso rubino dai riflessi violacei, carico di energia e colore, come la terra da cui proviene. Il Rosso del Ciglio si apre al naso e risulta intenso, fresco e fruttato con note spiccate di frutta rossa che ricordano more, ciliegie e melograno, nonché note floreali di viola. Al palato è fresco, sapido, succoso e di buona struttura. Dal tannino mai invadente e sorretto da una buona acidità.
Un vino a prova di salsiccia arrosto !!!
Quello che non è ancora stato detto del vino
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