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Recensione di Etna Bianco, Nerina 2018, Girolamo Russo

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Quando si parla di vini siciliani, nell’immaginario collettivo, li si associa spesso a vini caldi, strutturati e potenti, figli del sole e del mediterraneo. L’Etna, invece, ha un terroir unico e particolare, in un certo senso atipico, a cominciare dal suolo vulcanico, frutto di varie colate laviche più o meno recenti. E poi il clima, montano e mediterraneo allo stesso tempo, con un’escursione termica incredibile che difficilmente si riscontra in altre parti.

Sul versante Nord dell’Etna, l’azienda Girolamo Russo, condotta ora dal figlio Giuseppe, ha 15 ettari di proprietà, tra i 650m e i 780m di altezza, con un mix di vigne giovani e vigne centenarie allevate ad alberello, coltivate in biologico.


L’Etna DOC Nerina è l’unico bianco prodotto dall’azienda ed è fatto con uve autoctone dove il Carricante, tipico vitigno etneo, è in percentuale maggiore: il 70%. Catarratto, Inzolia, Grecanico, Minnella e Coda di Volpe completano il restante 30% del blend. Dopo la fermentazione, che avviene in barrique con l’uso di lieviti indigeni, il vino matura sempre in legno per qualche mese; segue infine un breve riposo in acciaio e in bottiglia.


Il Nerina si rivela di un giallo paglierino pieno e lucente che già alla vista invoglia la beva. Il bicchiere sprigiona da subito sbuffi minerali salini, a tratti fumè, che ben identificano il terreno lavico dove le vigne affondano le proprie radici; poi arrivano i  fiori bianchi, la camomilla e a seguire l’ananas e il cedro. In bocca è fresco, diretto e tagliente, con la sapidità in primo pian,o mentre il tenore alcolico contribuisce a renderlo più bilanciato; è dotato, inoltre di una buona persistenza con ricordi salini e agrumati.

Un Etna Bianco elegante, piacevole e decisamente territoriale, ma anche gastronomico: ha bisogno, infatti,  di trovare l’equilibrio attraverso l’abbinamento con piatti di pesce come, per esempio, un risotto con i gamberi o con ravioli di cernia, scampi e pistacchi di Bronte.

Untold

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Vitigni

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