L’Alto Adige è tra i luoghi italiani che preferisco per l’indissolubile connubio tra persone, imprese e natura che sembra qui abbiano trovato la loro perfetta integrazione.
Ogni attività umana è condotta nel rispetto dell’ambiente e dei vincoli paesaggistici e la comunanza di intenti e di filosofia si evince ancora di più dialogando con i suoi abitanti.
Non è un caso che qui esistano un gran numero di cooperative agricole con una incredibile propensione verso la qualità, soltanto in un luogo dove la comunione di intenti sia così accentuata sarebbe possibile ottenere risultati del genere.
In questo viaggio nei territori altoatesini condotto a tempi alterni da me e da Andrea Annunziata, raccontiamo la nostra esperienza estiva attraverso i luoghi che abbiamo visitato.
Bioweingut St. Quirinus: soggiorno in agriturismo a Caldaro
Il nostro viaggio ha avuto inizio presso St. Quirinus, azienda vinicola e agriturismo a Pianizza di Sopra – Überplanitzing, nei pressi di Caldaro, dove abbiamo soggiornato per 7 notti e che abbiamo premiato con il premio “migliore cantina dell’Alto Adige” nella guida Untold 2026.
Ad accoglierci l’enologo Michael Sinn, già conosciuto in occasione della premiazione di Untold presso l’Hotel Raito, che ci illustra come la giovane azienda segua i principi della coltivazione biodinamica.
L’ospitalità della famiglia Sinn
La famiglia Sinn trasmette un calore raro: la colazione preparata dalla nonna, chiamata affettuosamente “nonna” anche dagli ospiti, a base di uova fresche, yogurt, frutta e dolci fatti in casa, e la famosa merenda altoatesina a base di Speck e formaggi locali ci hanno accompagnato quotidianamente alla scoperta del Sudtirol.
Per gli ospiti è sempre a disposizione un cesto con della frutta fresca da cui attingere e la sensazione è quella di sentirsi come a casa.
La piscina circondata dai vigneti, gli animali della fattoria e l’energia pulita dei pannelli solari rendono questo luogo un piccolo ecosistema sostenibile che consente ai suoi ospiti una vera e propria fuga dalla routine quotidiana.
Una cantina di sperimentazione
Tra i filari, quasi come una porta segreta, si apre l’ingresso della cantina. Qui regna la sperimentazione: barrique di diversi legni, anfore e vasche in cemento interrate. Ogni etichetta di St. Quirinus è una piccola produzione, unica e ricercata che ci viene illustrata con orgoglio da Michael.
Dopo la visita alla cantina ci siamo riuniti nel cortile della cantina dove abbiamo assaggiato assieme alla tradizionale merenda sudtirolese numerosi vini dell’azienda tra cui i 3 che abbiamo premiato con i Tre Cavatappi nell’edizione 2026 di Untold:
St. Quirinus – Alto Adige DOC Chardonnay Riserva 2022
St. Quirinus – Alto Adige DOC Pinot Nero “Quirinus” 2023
St. Quirinus – Alto Adige DOC Lagrein “Badl” 2023
Nel corso della degustazione abbiamo inoltre assaggiato il Lago di Caldaro – Kalternsee, da uve Schiava in purezza, il Sauvignon con menzione geografica aggiuntiva “Planitzing”, uno spumante metodo classico e il MMXIII, blend di uve Piwi.
Abbazia di Novacella: un monastero con cantina
L’Abbazia di Novacella – Kloster Neustift è uno dei punti di interesse più importanti dell’Alto Adige per la sua rilevanza storica e culturale, ben pubblicizzato sin dal nostro arrivo alla stazione di Bolzano.
L’abbazia giace a Varna, a pochi chilometri da Bressanone – Brixen, comodamente raggiungibile con i mezzi pubblici e la sua antichissima storia ha inizio nel 1142, quando il vescovo di Bressanone, il beato Hartmann, fondò il monastero per i monaci dell’ordine di Sant’Agostino .
Sin dalla sua fondazione il monastero ha potuto contare su svariati vigneti, oltre che masi agricoli e terreni, grazie alle generose donazioni del burgravio Reginbert di Säben e di sua moglie Cristina, che misero i propri possedimenti della zona a disposizione del vescovo di Bressanone, il beato Hartmann, affinché potesse essere edificato il convento.
A seguito di donazioni, lasciti, acquisti e permute, l’Abbazia è venuta in possesso nel corso dei secoli di un cospicuo patrimonio di vigneti nel mezzo dei quali è tuttora immersa.
Ancora oggi nel monastero vivono ed operano i canonici regolari di Sant’Agostino. La comunità è composta da 16 confratelli, attivi come sacerdoti per la pastorale in ben 25 parrocchie, sia nel sud Tirolo che in quello orientale.
L’abbazia di Novacella tra spiritualità e vino
Come ci spiega Elias, responsabile vendite Italia, Novacella non è “una cantina in un monastero” ma “un monastero con cantina”, amministrato dall’Abate, che incontriamo nel chiostro.
La visita all’abbazia inizia dal meraviglioso cortile esterno al cui interno ci soffermiamo ad osservare il pozzo delle meraviglie rinascimentale a pianta ottagonale che raffigura le 8 meraviglie, ovvero le 7 meraviglie del mondo antico e l’abbazia di Novacella stessa.
Entrando all’interno della struttura abbiamo modo di visitare la Basilica di Santa Maria Assunta in stile barocco, la romanica Cappella di San Michele e la biblioteca storica che custodisce oltre 100.000 volumi.
Oggi l’Abbazia di Novacella gestisce due aziende agricole: la prima si trova a Novacella e dispone di 7 ettari di vigneti, 12 ettari di frutteti e 0,2 ettari di erbari; la seconda, Tenuta Marklhof, sempre di proprietà del convento, si trova invece a Cornaiano e può contare su 23 ettari a vigneto, 13 ettari a frutteto e 24 ettari a bosco.
La produzione annua della cantina è di circa 900.000 bottiglie, 80% di vini bianchi e 20% di rossi.
La degustazione guidata
In una sala privata, Elias ci conduce in un percorso unico: per ciascun vino andiamo a confrontare la linea classica e la Praepositus dell’annata 2023.
La linea Praepositus racconta la longevità dei vini di Abbazia di Novacella, andando a valorizzare i cru a disposizione delle tenute e rappresentando il territorio ai massimi livelli.
In questo confronto tra i vini della linea classica e Praepositus andiamo ad assaggiare Grüner Veltliner, Sylvaner, Riesling, Chardonnay e Lagrein.
Continuiamo le degustazioni con i due cru con menzione vigna in etichetta, il Sylvaner Stiftgarten 2021 e il Pinot Nero Oberhof 2019.
La degustazione si conclude con l’assaggio del vitigno raro Moscato Rosa dal quale è ricavato un passito, oggi prodotto soltanto da 2 aziende.
Colterenzio: innovazione e tradizione cooperativa
A Schreckbichl (Colterenzio) incontriamo Alex Ferrigato e Daniel, che ci presentano l’omonima cantina cooperativa fondata nel 1960 e che oggi conta oltre 300 soci produttori.
La cantina, incorniciata tra le vigne a 8 km a sud-ovest di Bolzano, ha subito di recente una importante ristrutturazione che ha portato ad un ampliamento degli spazi e a una importante crescita strutturale con nuove ampie sale di degustazione e per ospitare eventi aziendali.
L’architettura della nuova cantina progettata dallo studio Bergmeisterwolf è stata studiata magistralmente adottando materiali e forme che contribuiscono alla narrazione dell’ecosistema vino-vigna-cantina: cemento, legno, acciaio, vetro sono i materiali che fanno da padrone, i quali. sapientemente integrati, vanno a delineare forme geometriche funzionali al progetto architettonico e fortemente evocative.
I vini Lafoa e il mito di Luis Raifer
Nel bar a vin andiamo ad assaggiare i vini della linea Lafóa, che accompagna ormai da anni le nostre degustazioni:
Tra cui Sauvignon “Lafóa” 2023 che abbiamo premiato con i Tre Cavatappi e con il premio Etichetta più bella d’Italia per la categoria Vini Bianchi nella guida Untold 2026.
La degustazione si arricchisce con il Gewürztraminer e lo Chardonnay della linea Lafóa e si conclude con il sorprendente LR, dedicato a Luis Raifer, storico presidente della cantina, molto ben voluto e che ha molto contribuito alla crescita aziendale.
La bottiglia a lui ispirata nasconde sotto una calza che ricorda una cotta di maglia cavalleresca, un dipinto collocato sul retro dell’etichetta che premia la curiosità del bevitore rendendo unico questo design.
Da Colterenzio restiamo molto incuriositi dalla bottiglia di Gran Lafóa, realizzata per la prima volta nel 2023, che presto assaggeremo nella tranquillità della nostra abitazione e vi racconteremo su Decanto.
Tramin: patria del Gewürztraminer
Il Direttore Annunziata ha avuto al contempo modo di visitare la Cantina Cooperativa Tramin, che fondata nel 1898, raccoglie oggi il lavoro di circa 200 famiglie.
L’architettura della Cantina Tramin è un manifesto contemporaneo ispirato alla vite, che porta la firma di Werner Tscholl: un intreccio scultoreo che “nasce” dal terreno e abbraccia l’edificio come un tralcio, filtrando luce e ombre durante il giorno e diventando segno luminoso al tramonto.
Le linee, leggere ma dinamiche, evocano i filari che risalgono i pendii dell’Oltradige, mentre il volume principale dialoga con il paesaggio senza sovrastarlo, grazie a prospetti vetrati che inquadrano i vigneti e portano all’interno ritmo, stagioni e luce naturale.
La struttura ospita spazi di degustazione ampi e ariosi, pensati per accogliere gruppi e percorsi guidati, e un cuore produttivo efficiente, dove funzionalità ed estetica si fondono: percorsi separati per visitatori e operatività, materiali durevoli, cromie sobrie.
Il risultato è un’icona paesaggistica che racconta la filosofia della cooperativa: radici nella tradizione, sguardo al futuro, un’armonia tra forma e funzione che rende la visita memorabile tanto quanto i vini.
All’interno della cantina siamo accolti da Gunther Facchinetti che ci guida tra linee classiche e selezioni prestigiose.
Degustazione tra classici e selezioni
All’interno della cantina abbiamo avuto modo di assaggiare oltre 10 referenze aziendali, incominciando dai classici Pinot Bianco “Moriz” 2024 e il Sauvignon “Pepi” 2023, passando per il blend di varie uve bianche “Stoan” 2023 e il Pinot Grigio “Unterebner” 2023 che abbiamo premiato con i Tre Cavatappi nella guida Untold 2026.
E continuando con la linea Selezioni per la quale abbiamo assaggiato lo Chardonnay Troy 2020, i leggendari Gewürztraminer Nussbaumer, premiato con i Tre Cavatappi nella guida Untold 2025, e il pluripremiato Epokale 2015.
Per finire abbiamo assaggiato i rossi Maglen 2022 (Pinot Nero), Loam 2022 (taglio bordolese) e con il vino dolce Terminum, passito di Gewürztraminer.
Ritterhof: sapori sul Lago di Caldaro
Vale la pena menzionare anche la cena effettuata nell’ambito del viaggio presso la cantina Ritterhof e di cui abbiamo premiato il Weissburgunder “Verus” 2024 con i Tre Cavatappi della Guida Untold 2026.
Qui abbiamo cenato su uno splendido terrazzo con vista sul Lago di Caldaro in una magnifica tenuta che presenta il ristorante al piano superiore e la cantina a quello inferiore.
Qui abbiamo assaggiato ricette gourmet, realizzate con materie prime tipiche alto-atesine e porzioni da trattoria sapientemente abbinate ai vini della Tenuta.
Terra a Sarentino: l’alta cucina di Heinrich Schneider
Il nostro viaggio enogastronomici si è concluso con una cena al ristorante Terra – The Magic Place, a Sarentino, palcoscenico dell’arte culinaria dello chef Heinrich Schneider.
Dopo essere stati da Terra, abbiamo compreso il motivo per cui il payoff aziendale sia “The magic place”: la sola esperienza di raggiungere lo Chalet è una esperienza imperdibile – Incastonato sulle colline altoatesine, per raggiungere Terra è necessario un percorso di 30 minuti lungo una strada di montagna priva di guard-rail e, apparentemente, disabitata.
Appena arrivati in cima ci si ritrova in un luogo isolato e poetico, dove vige il rispetto per la quiete e il relax.
Un menu tra boschi e montagne
Lo Chef propone piatti che valorizzano odori, sapori e ingredienti della tradizione alto atesina in formula creativa e gourmet.
L’atmosfera è informale, come quella di uno chalet di montagna immerso nel silenzio e nella tranquillità che contraddistingue la montagna dove si è liberi di perdersi nei propri pensieri.
Ogni piatto qui sembra raccontare qualcosa, come la “passeggiata nei boschi” in cui il ghiaccio secco viene utilizzato per diffondere una essenza al sapore di muschio che ricorda un sentiero in un bosco.
Alcuni degli oltre 15 piatti che hanno composto il menu degustazione comprendevano:
- Trota iridea marinata con mousse alla panna agra e cipolla rossa
- Cornetto con caviale di trota affumicato
- Pane al forno con crema di funghi trombette e lichene cladonia fritta
- Emulsione di trota farro con gelatina all’aneto, camomilla ed erica
- Pane al lievito madre di segale fatto in casa con sale e olio di abete accompagnato dal burro del Maso Schütz
- Spaghetto alle rape rosse con crema di lievito caramellarto e achillea
- Salmerino con infusione bianca alla melissa, olio all’erba di grano e cartelletta gelificata con erbe spontanee
In abbinamento abbiamo preso un calice di spumante metodo classico Arunda, uno di Amistar e un Riesling Trocken della Mosella di Dr Loosen.
A chiusura del menù siamo stati testimoni di una piccola del tè che ha reso l’esperienza quasi meditativa e ci ha ricordato di trovarci in uno Chalet di montagna.
Conclusione: l’anima autentica dell’Alto Adige
Tra cantine familiari e cooperative storiche, tra monasteri e architetture moderne, l’Alto Adige si conferma una delle destinazioni più affascinanti per chi ama il vino.
Per noi è stato un viaggio tra lavoro e piacere, ma soprattutto un incontro con persone che mettono passione e autenticità in ogni calice. E una certezza: torneremo presto.