Qualche tempo fa, durante una gita in Franciacorta, un produttore di vino biologico mi ha confidato che stava pensando di tornare al metodo tradizionale.

Le sue motivazioni derivavano dal fatto che, con il solo utilizzo di rame e zolfo, si ritrovava troppo spesso in vigna a svolgere trattamenti per contrastare funghi e parassiti, col rischio di abusare di questi due prodotti. Come dice il disciplinare, infatti, non si possono utilizzare più di 4 kg di rame per ettaro l’anno, ma questo a suo dire non era sufficiente.

Questo mi ha fatto suonare un campanello di allarme: ma davvero il vino biologico fa bene alla terra?

Nota bene: non sono un ricercatore o un esperto di materia, ma un semplice consumatore di vino biologico che non ha risposte, ma si pone delle domande.

Riavvolgiamo il nastro e partiamo dalle basi.

Il vino biologico: il disciplinare

Per essere considerato biologico un vino deve attenersi a uno stretto e fitto disciplinare che stabilisce le regole e garantisce che tutto sia tracciato, controllato e garantito.

Abbiamo già affrontato il tema in questo articolo, mentre qui trovate il regolamento integrale per la produzione di vino biologico.

Oltre alla regola dell’uso del rame, ci sono anche regole sul quantitativo massimo di utilizzo dell’anidride solforosa o la durata di tempo necessaria a convertire un terreno da tradizionale a regime biologico, cioè tre anni. Questo significa che per tre lunghi anni si deve trattare i propri vitigni in maniera biologica, ma senza poter vendere il vino con l’etichetta BIO.

Il disciplinare è fatto a livello europeo e serve per garantire la qualità e la sicurezza a noi consumatori. Sulla carta quindi il vino biologico, fa meno male alla salute, non contiene residui di pesticidi, ha meno anidride solforosa, è più naturale e fa sembrare tutto molto bello.

Trend di consumo di vino bio in aumento

Per questo forse, negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescente domanda di vino biologico da parte dei consumatori. L’attenzione verso prodotti sostenibili e più naturali sta prendendo sempre più piede e questa tendenza spinge le cantine di vino a riconsiderare la propria produzione e a convertirla in biologica.

Qui iniziano i guai. Quando infatti un mercato cerca di seguire la domanda crescente, non sempre lo fa al meglio delle sue possibilità e da qui mi sorgono varie domande:

  • Tutti i produttori possono fare vino biologico o bisogna avere un territorio vocato che permetta comunque di poter limitare l’uso di rame e zolfo?
  • Se i miei vitigni fossero ad esempio a fianco di un autostrada, dove le auto passano costantemente tutti il giorno, avrebbe senso fare vino biologico? O meglio ancora potremmo considerarlo biologico? Per legge sì, ma lo è davvero?
  • Se avessi dei terreni coltivati a regime biologico, ma quelli a fianco non lo fossero, io sarei davvero biologico? Conosco una bellissima realtà, l’azienda agricola Maria Galassi, che è situata in una conca tra le colline di Cesena immersa nei boschi. Questa cantina, ad esempio, ha preso in affitto di proposito un terreno adiacente ai propri, in modo da non avere vicino nessuno che non fosse biologico.

Ci sono alternative al vino biologico?

Torniamo un attimo all’inizio di questo racconto, in Franciacorta. Il nostro produttore mi raccontava anche che sono ormai 20 anni che i suoi terreni sono a regime biologico. Quindi, per capire lo stato del suolo, aveva l’intenzione di fare degli accertamenti e delle analisi dei propri terreni visto che nessuno dei produttori che lui conosce a regime biologico li ha mai fatti. Il suo scopo sarebbe quello di conoscere lo stato del suolo dei suoi vigneti dopo 20 anni di trattamenti con rame e zolfo. Dovete sapere infatti che il rame è un metallo pesante che si accumula nel suolo e quindi, se usato in grandi quantità, è tossico anche per le piante.

Dopo queste affermazioni e in attesa dei risultati, il punto di vista di questo produttore franciacortino è che la cultura tradizionale se fatta bene e non in maniera massiccia, potrebbe essere meno costosa e meno inquinante di quella biologica.

Queste affermazioni fatte tra l’altro da un viticoltore biologico, hanno alimentato la mia curiosità. Così, durante un’altra visita fatta ad un’azienda biologica situata in Chianti, posi le mie domande sul tema. Il viticultore in questo caso ha dichiarato che loro non hanno problemi a rispettare i limiti imposti dal disciplinare perché il loro terreno è piuttosto vocato per il biologico. Ha aggiunto poi che la loro proposta va oltre al biologico perché cercano di integrare nel sistema anche altre tecniche naturali come la biodiversità, alternando vigneti a oliveti e bosco. La biodiversità è utile perché crea un ecosistema che, come dice la parola stessa, è diverso e variegato permettendo quindi di avere sì parassiti, ma anche predatori e lasciando alla natura lo spazio per autoregolarsi.

Questo può essere un valido coadiuvante al biologico, ma non è un alternativa. Quindi ci sono delle alternative al biologico?

Una soluzione adottata da parecchi produttori è la lotta integrata che può essere considerata la via di mezzo tra biologico e tradizionale. Una pratica di difesa delle colture che prevede una drastica riduzione dell’uso di fitofarmaci mettendo in atto diversi accorgimenti come:

  • l’uso di fitofarmaci tossici per l’uomo e per gli insetti utili, limitato solo a quando è strettamente necessario;
  • l’uso dei feromoni per mandare in confusione sessuale gli insetti dannosi;
  • l’utilizzo di fitofarmaci selettivi che eliminano solo alcuni insetti e che possono essere facilmente denaturati dall’azione biochimica del terreno e dall’aria;
  • l’uso della tecnologia per prevedere il verificarsi delle condizioni utili allo sviluppo dei parassiti, in modo da irrorare con fitofarmaci specifici solo in caso di effettivo pericolo di infezione e non ad intervalli fissi a scopo preventivo.
  • la lotta agli insetti dannosi tramite l’inserimento dei loro predatori naturali che naturalmente non siano dannosi alle coltivazioni;

Conclusioni

La risposta alla domanda di questo articolo – Il vino biologico fa veramente bene alla terra? – può essere quella di Enzo, nome di fantasia, produttore nei Colli Bolognesi:

“Rame e zolfo in grandi quantità e per un periodo di tempo prolungato non sono di certo il massimo per la terra, ma rispetto ai prodotti chimici sono sicuramente meno nocivi. Siamo in attesa di trovare o inventare un prodotto meno invadente del rame, ma al momento bisogna fare di necessità virtù”

Come avrete visto non ho risposte, solo un mucchio di domande e di spunti per provare a capire cosa c’è di vero dietro a un prodotto biologico che sia vino o altro. L’unico consiglio che posso darvi è quello di informarvi e conoscere tutta la filiera dietro ad ogni prodotto che ci mettiamo in corpo.

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