Visita a Castello Bonomi tra vigneti e Franciacorta
Ogni anno, nel mese di Settembre e per due weekend consecutivi, si svolge il Festival del Franciacorta che coinvolge la maggior parte delle cantine della denominazione. Durante il Festival è possibile fare visite guidate e partecipare a degustazioni ed eventi vari proposti dalle cantine stesse. Ed anche noi quest’anno non potevamo certamente mancare! Abbiamo raggiunto così Coccaglio, al confine Sud della denominazione, per far visita alla cantina Castello Bonomi.
Indice
Castello Bonomi, uno Chateau in Franciacorta
Percorrendo la strada che separa il paese dal Monte Orfano, si nota un piccolo chateau in stile liberty circondato da vigneti e un piccolo viale contornato da alberi che lo collega alla strada principale. In fondo al viale l’insegna che indica il nostro arrivo: Castello Bonomi.
Questo castello è stato progettato dall’architetto bresciano Antonio Tagliaferri alla fine del XIX secolo e, in tempi più recenti, è diventato di proprietà dell’ingegner Bonomi. Da qui parte il progetto Castello Bonomi, con il recupero dei vigneti terrazzati intorno all’azienda, che prosegue poi nel 2008 quando la famiglia Paladin prende in gestione la cantina, ma non il castello che resta la dimora bresciana dell’ingegnere.
Il Monte Orfano su cui sorge l’azienda, come dice il nome, è una piccola montagna isolata, alta poco più di 400m, che segna il confine meridionale della Franciacorta. A differenza della maggior parte dei terreni franciacortini però che è di origine morenica, il Monte Orfano ha un terroir completamente diverso poichè si è formato per sollevamento tettonico. L’importante matrice calcarea e in parte gessosa concede ai vini unicità e particolarità, come vedremo più avanti nell’articolo.
Paladin è certamente un nome riconosciuto e prestigioso del mondo vitivinicolo. L’acquisizione da parte della famiglia veneta ha portato Castello Bonomi a far parte di un progetto che racchiude più aziende raccolte tra Friuli Veneto, Lombardia e Toscana. Un progetto legato alla sostenibilità ambientale ed alla sperimentazione continua in vigna e in cantina, con l’obiettivo di ricercare la massima qualità dei prodotto rispettando il più possibile il territorio.
La sostenibilità ambientale e il progetto 4V
Partiamo col dire che Castello Bonomi attua una viticultura che Paladin definisce come Viticoltura Ragionata, cioè “un ecosistema da gestire in modo attento per preservare la biodiversità del territorio, garantire una produttività qualitativa e tutelare la salute del consumatore e dell’ambiente”. Tutto questo viene ottenuto attraverso il 4V Project: Vite, Vino, Verde, Vita. Si tratta di progetti intrapresi con realtà istituzionali e universitarie e che racchiudono una serie di accorgimenti fatti per salvaguardare il più possibile il territorio.
Alcuni esempi sono la riduzione dell’utilizzo dei fitofarmaci (VITE), l’utilizzo di bottiglie poco pesanti e la vendemmia nelle ore fresche del giorno per evitare sovraccarico ai frigoriferi(VERDE), l’uso ridotto dei solfiti e tecniche non invasive durante la pigiatura(VINO), il creare un ambiente positivo in azienda e promuovere le collaborazioni con enti del territorio e università (VITA).
La riscoperta dell’Erbamat
Dopo la presentazione di dell’azienda e della famiglia, la visita a Castello Bonomi è proseguita nel vigneto adiacente alla cantina, impiantato con il l’Erbamat, un vitigno che ha fatto parlare di sé in tempi recenti.
Dovete sapere, infatti, che le uve utilizzate per la produzione del Franciacorta in origine erano Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco ma, da qualche anno, il disciplinare prevede l’utilizzo anche dell’Erbamat per una percentuale massima del 10%. Ma da dove arriva quest’uva e perché è stata inserita nel disciplinare?
Innanzitutto dovete sapere che l’Erbamat è un vitigno autoctono che è veniva coltivato nel territorio bresciano da centinaia di anni ma che ha subito un progressivo abbandono a favore dei vitigni internazionali più famosi e che davano più garanzie. Si tratta di un vitigno che possiede un elevata acidità, ha una maturazione tardiva e non accumula generalmente una grande quantità di zuccheri. Tutte caratteristiche che diventano preziose per la produzione di spumanti, soprattutto in questi tempi dove il cambiamento climatico diventa molto influente nella produzione vitivinicola spumantistica e non solo. Inoltre l’idea di inserire un vitigno autoctono nel disciplinare può dare un’identità territoriale più definita al vino stesso.
L’azienda Castello Bonomi è stata lungimirante da questo punto di vista, decidendo di aderire fin da subito al progetto di sperimentazione sull’Erbamat insieme ad altre 4 aziende della Franciacorta.
Una serie di prove iniziate più di 10 anni fa in collaborazione con l’Università Statale di Milano, hanno portato negli anni ad una conoscenza sempre maggiore di questo vitigno, delle sue caratteristiche organolettiche e della sua capacità di evoluzione.
I risultati ottenuti hanno evidenziato come questo vitigno contribuisca alla freschezza delle basi spumante senza però stravolgerne il profilo ormai delineato del Franciacorta “tipico”, grazie alla sua sostanziale neutralità aromatica.
Castello Bonomi conta oggi circa 1200 viti di Erbamat, con le quali continua non solo con la sperimentazione sul vitigno ma cheutilizza in percentuale nella produzione della Cuvee 1564, che troverete in seguito nella degustazione.
Vinificazione e Affinamento dei Franciacorta
Nello step successivo della visita a Castello Bonomi, siamo stati accompagnati all’interno della cantina, nella zona della fermentazione dove sono presenti varie botti in acciaio che vanno dai 20hl ai 100hl nelle quali vengono vinificate separatamente le 22 parcelle di Chardonnay e le 10 di Pinot Nero possedute dall’azienda. E’ presente poi una barricaia esterna con circa 120 barrique dove fermentano le prime pressature dello Chardonnay e una vasca da 160hl dove poter assemblare le cuvee.
Successivamente siamo passati nella zona di stoccaggio dove riposano sui lieviti circa mezzo milione di bottiglie organizzate in cataste, in attesa del remuage e di diventare quindi dei Franciacorta. Il tour termina poi in una stanzetta piuttosto caratteristica, fatta da piccole celle chiuse con dei cancelli di ferro, in stile medioevale. Piccola ma importante visto che qui riposano le bottiglie di Lucrezia, il Franciacorta Riserva di Castello Bonomi.
Una curiosità: la Riserva Lucrezia viene prodotta con le parcelle migliori in base all’andamento dell’annata. Perciò questo Franciacorta Riserva ogni anno può variare sia come uvaggio che come tipologia: nell’arco degli anni sono state prodotte ad esempio dei Lucrezia Blanc de Noir, Lucrezia Saten e anche Lucrezia Rosè.
Le Degustazioni dei Franciacorta di Castello Bonomi
La visita a Castello Bonomi si è conclusa sotto il portico che si trova all’ingresso della cantina dove ci è stata proposta un’interessante degustazione, che racchiude gran parte delle tipologie di Franciacorta prodotte dall’azienda (puoi rivedere il nostro articolo sulla recensione del Franciacorta Rosè di Castello Bonomi, non presente in questa visita)
Franciacorta Brut Cuvee 22 DOCG
Il primo ad aprire la degustazione è questo Blanc de Blanc prodotto con sole uve Chardonnay provenienti dalle 22 parcelle in possesso dell’azienda. Come detto in precedenza, ogni singola partita è vinificata separatamente e poi assemblata nella cuvèe in percentuali variabile a seconda dell’annata. Segue un affinamento sui lieviti di oltre 24 mesi.
Nel bicchiere lo troviamo giallo paglierino lievemente scarico con delle bollicine mediamente fini. I profumi sono fragranti, con un’apertura che ricorda il biscotto e il lievito, ma che poi lascia spazio ad una parte fruttata croccante: mela, melone bianco e lime e, leggermente sotto, una mandorla tostata e una lieve nota fumè.
L’assaggio è piacevolmente morbido ma anche decisamente sapido, una tipica caratteristica dello Chardonnay del Monte Orfano, con una persistenza tostata, gessosa e lievemente amandorlata.
Franciacorta Brut CruPerdu 2017 DOCG
Il nome sta ad indicare un “Cru Perduto” visto che inizialmente questo Franciacorta era prodotto con le uve provenienti da un vigneto recuperato dopo che la natura e il bosco avevano preso il sopravvento. Oggi il Cruperdu ha mantenuto il nome ma non viene più prodotto unicamente con quel vigneto. Si tratta un blend di 30% Pinot Nero e 70% Chardonnay dove quest’ultimo fa un leggero passaggio in barrique.
L’annata 2017 è stata influenzata da una gelata ad Aprile e da un estate piuttosto calda e questo lo si nota nel bicchiere soprattutto in fase olfattiva. Il colore è leggermente più scuro del precedente e più denso.
Il naso ha un frutto decisamente più maturo, con ananas, mela golden lievemente ossidata, fieno, fiori di tarassaco a cui si aggiungono piacevoli sentori di spezie dolci e di panetteria. In bocca, tuttavia, è verticale, tagliente e diretto e con una discreta persistenza agrumata e tropicale.
Franciacorta Brut Nature Cuvee1564 2017 DOCG
Questo Franciacorta si contraddistingue per la presenza dell’Erbamat in percentuale del 10% come da disciplinare. La restante parte è suddivisa in parti uguali tra Chardonnay e Pinot nero. Dopo il tiraggio il vino ottenuto è rimasto a contatto con i lieviti per oltre 40 mesi.
Nonostante sia un millesimato 2017 come il Cruperdu, la Cuvee 1564 è parsa meno legata all’annata e più equilibrata. Non saprei dirvi se sia stata aiutata dalla bottiglia in formato magnum e/o dall’utilizzo dell’erbamat ma questo Franciacorta mi ha decisamente convinto.
Nel bicchiere il colore è già diverso dai precedenti visto che presenta delle gradazioni anche di verde al proprio interno, con un perlage piuttosto fine. Dotato di maggiore intensità olfattiva, sprigiona sentori che ricordano il gli agrumi e la frutta tropicale, seguiti poi da una nocciola tostata e un lieve aroma di pasticceria. A caratterizzare l’olfatto è anche però lieve nota verde di erbe aromatiche che richiamano la melissa e il timo limone.
In bocca ha una buona struttura e cremosità, un ottimo equilibrio ma pur sempre con una freschezza in primo piano e un finale che gioca con la parte erbacea e agrumata.
Franciacorta Brut Saten Lucrezia Etichetta Bianca 2009 DOCG
Innanzitutto siamo davanti a un Saten piuttosto insolito, visto che l’affinamento sui lieviti supera i 10 anni (la sboccatura della nostra bottiglia era gennaio 2022!). Come prevede il disciplinare di tratta di un Blanc de Blanc, 100% Chardonnay visto che l’altra uva coltivata da Castello Bonomi, l’Erbamat, non può entrare in questa tipologia di Franciacorta.
Il Lucrezia Saten Etichetta Bianca si presenta di un giallo dorato davvero luminoso e certamente invitante, anche grazie ad un perlage davvero molto fine. Grande complessità olfattiva come ci si aspetta da un vino di questa evoluzione a partire dalla parte di pasticceria come marzapane e crema chantilly seguita da invitanti note burrose, vanigliate e boisè. Continua poi con i sentori di fieno e fiori secchi, radici di liquirizia, miele e frutta tropicale.
In bocca è una sorpresa: considerando la tipologia Saten, il lungo affinamento e i profumi “dolci” presenti al naso, credevo di trovarlo maturo e opulento in bocca. Invece mi ha colpito per la sua freschezza ancora decisamente presente ma soprattutto per un’importante vena sapida che si prolunga in tutta la lunga persistenza speziata e tostata di questo Franciacorta Riserva. Sicuramente un Saten atipico ma un grande Franciacorta.
Franciacorta Extra Brut Lucrezia Etichetta Nera 2008 DOCG
Come ultimo assaggio ci è stato versato nel Bicchiere il Franciacorta Lucrezia Riserva 2008, questa volta prodotto con 100% Pinot Nero. Anche questa Riserva passa a contatto con i lievi più di 10 anni, visto che la sboccatura è stata fatta nel 2021.
Credevo di aver raggiuto un ottimo livello già con il Saten 2009 ma devo dire che la Lucrezia 2008 ha alzato ancora di più l’asticella. Dal punto di vista visivo si presenta di un giallo al dorato con dei riflessi color rame e con delle bollicine decisamente fini.
La prima cosa che si capisce annusandolo è l’estrema eleganza di questo Franciacorta. I profumi ricordano la mela golden, la nespola, il cedro candito, lo zenzero e a anche dei piccoli frutti rossi. Molto percettibile la parte fragrante come il pane tostato mentre a completare il corredo ci sono delle note che ricordano la cipria e le erbe.
Il sorso è completamente coerente con la parte olfattiva; anche qui infatti il Lucrezia 2008 si fa amare per la sua eleganza e per il suo equilibrio. La sapidità è meno in risalto mentre la sua freschezza e la sua struttura lo rendono capace di invecchiare ancora a lungo. Il finale è decisamente lungo ed appagante, dove ritorna parte tostata e l’agrume candito.
Quello che non è ancora stato detto del vino
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