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Come si producono gli orange wines

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Immaginiamo di partecipare a una degustazione alla cieca: al naso aromi complessi di frutta secca, spezie, note ossidative e profonda mineralità.
In bocca un tannino presente, un’acidità vibrante e un lungo sorso che persiste.
Azzarderemmo descrivendo forse un rosso di struttura, magari invecchiato in botte e poi affinato in bottiglia. E se invece vi dicessimo che queste caratteristiche possono essere presenti anche in vini prodotti con uve a bacca bianca? Vi presentiamo gli orange wines, vini bianchi macerati che sfidano il tempo e (a volte) lo scetticismo dei “puristi”.

Nati nelle antiche terre della Colchide, oggi la Georgia, gli orange wines sono ibridi ancestrali con millenni di storia alle spalle, caratterizzati da un profilo aromatico e una trama tannica unica nel suo genere. La caratteristica principale di questi vini, orgoglio di un intero settore vinicolo, è il loro colore, che va dall’oro intenso all’ambra vibrante. I profili aromatici possono essere piuttosto diversi, spesso con note di frutta secca, noci e spezie. I descrittori comuni sono mela cotogna, miele, scorza d’arancia, oltre a sentori aromatici di ginepro, erbe aromatiche e tè.

Cos’è un orange wine? Storia e origini del “quarto” colore del vino

Orange Wine georgiano
Orange Wine georgiano

Parzialmente decodificati, ma ancora non identificabili in etichetta – poiché per legge sono permesse solo le diciture bianco, rosato e rosso – gli orange wines non sono solo uno stile alternativo di fare vino, ma un vero e proprio ritorno alle origini della vinificazione. Il processo produttivo di questi vini ha oltre 8.000 anni di storia, con radici profonde in Georgia, dove le uve come il Rkatsiteli vengono fermentate e affinate in grandi anfore di terracotta interrate chiamate qvevri. La capienza di un qvevro va dai 50 ai 5.000 litri, ma sono stati scoperti antichi esemplari che raggiungono il volume di 10.000 litri.

Nei primi anni 2000 il wine expert David Harvey che si trovava sull’Etna per lavoro, degustando i bianchi macerati di Frank Cornelissen, coniò il termine orange wine. “Non avevo intenzione di inventare una parola” – spiegò poi Harvey – “l’ho semplicemente usata in modo spontaneo e mi è rimasta impressa”.

Come nascono gli orange wines

La loro produzione segue un processo simile a quello dei vini rossi.
Le uve bianche vengono diraspate e lasciate fermentare con le bucce, estraendo colore, tannini e complessità aromatica.
La percentuale di raspi e bucce dipende, soprattutto, dalla qualità del raccolto.
Anche il tempo di macerazione può variare da produttore a produttore: alcuni preferiscono macerazioni brevi (10/15 giorni) per mantenere freschezza e delicatezza, mentre altri optano per macerazioni lunghe (da 6 fino a 12 mesi) favorendo l’ossigenazione e creando, così, vini profondi e longevi.
Dopo la svinatura il vino può affinare in anfore di terracotta, botti di legno o cemento, senza ausilio di filtrazioni o interventi enologici.

Nelle terre degli orange wines

Vigneti georgiani
Vigneti georgiani

Abbiamo già citato la Georgia che è notoriamente la culla del vino ed il cuore pulsante degli orange wines. Nel Caucaso, infatti, l’arte di vinificazione con macerazione sulle bucce non è mai scomparsa. Produttori come Pheasant’s Tears e Napheri continuano a lavorare con le varietà autoctone come il Mitsvane e Kisi, dando vita a vini audaci e vibranti.
Oggi il teatro principale dei vini ambrati è Oslava, splendida area collinare divisa tra Collio goriziano e Goriška Brda slovena. La sua identità si fonda sulle antiche tradizioni locali, una viticoltura fatta di duro lavoro, di suoli poveri e aspri.
Se oggi si parla di orange wine, lo si deve soprattutto a pochi ostinati e visionari produttori che hanno riscritto le regole della vinificazione, restituendo al vino bianco il suo legame più profondo con la terra e con il suo vitigno simbolo: la Ribolla Gialla.

Pionieri della macerazione

Qvrevro georgiano
Qvrevro georgiano per orange wine

Josko Gravner

Ispirato da un viaggio del 1996 in Georgia, Gravner dopo aver lavorato per anni con tecniche di vinificazione moderne e internazionali, decide di tornare alle origini del vino. Scopre le anfore georgiane con cui inizia a vinificare la Ribolla Gialla macerata per diversi mesi sulle bucce e con lunghi affinamenti in legno, creando vini dal profilo ossidativo profondo, con note di tè nero, miele, resina e spezie orientali.

Stanko Radikon

Seguendo le orme di Gravner, anche Stanko Radikon, originario del carsico goriziano, abbandona le vinificazioni convenzionali per tornare a particolari metodi ancestrali, spingendosi persino oltre Josko. Più di 4 mesi di macerazione sulle bucce, utilizzo di botti grandi di rovere per l’affinamento e riduzione di bottiglie in formato da 0,5 litri per favorire il consumo immediato e rispettare l’evoluzione del vino. I suoi macerati intensi e longevi richiamano l’albicocca disidratata, le erbe balsamiche e la scorza d’arancia candita.

Dario Princic

Famoso produttore del Collio, Princic si avvicina alla macerazione di uve bianche con un approccio morbido ed equilibrato. I suoi vini non subiscono macerazioni lunghe come quelle di Radikon, ma mantengono un forte carattere territoriale.
La sua Ribolla Gialla è più delicata rispetto a quella di Gravner, con profumi di camomilla e spezie leggere. Coltivazione biodinamica, vinificazione naturale e nessuna filtrazione.

Orange wines, un fenomeno mondiale

Se un tempo erano confinati a poche vocate regioni, oggi gli orange wines sono prodotti in tutto il mondo, grazie a vignaioli che abbracciano l’artigianalità e la vinificazione naturale.
Ogni terroir aggiunge una sfumatura diversa a questi vini, mantenendo però intatta la loro essenza.

Austria e Germania: nuove espressioni degli orange wine

In Austria e Germania alcuni produttori sperimentano attraverso vitigni come Grüner Veltliner e Riesling, adottando macerazioni più brevi per mantenere freschezza ed eleganza. Andreas Gsellmann, Weingut Selbach-Oster e Johannes Trapl sono tra i nomi più interessanti di questa nuova scuola, producendo vini con note di fiori bianchi, erbe aromatiche e schietta mineralità.

Francia e Spagna: tra tradizione e sperimentazione

In Francia alcuni produttori nelle zone dello Jura e dell’Alsazia stanno esplorando la macerazione con vitigni come Savagnin e Chardonnay, ottenendo vini di grande complessità che combinano la tipica nota ossidativa con una robusta struttura tannica.
Con la sua tradizione vinicola orientata alla sperimentazione e la sua lunga tradizione di vini fermentati in tinajas (anfore), la Catalogna è la regione spagnola più attiva per la produzione di vini macerati, detti brisat. Qui si lavorano vitigni come Garnacha Blanca e Xarel-lo che conferiscono al vino ambrato note di albicocca, gherigli di noce e miele.

Bottiglie di orange wines
Bottiglie di orange wines

Il sogno americano degli orange

La California oggi è palcoscenico di una nuova ondata di piccole aziende vitivinicole indipendenti che adottano tecniche di vinificazione naturali.
Molte di queste realtà si dedicano alla produzione di orange wines, tra cui spiccano produttori come Donkey & Goar, Dirty and Rowdy e Scholium.
Ma il vento degli orange soffia ben oltre il Golden State, raggiungendo quasi tutti gli Stati americani quali Channing Daughters nella zona dei Finger Lakes e Deidre Heekin nel Vermont.

Orange wines: tradizione o innovazione?

Aggrappati con il cuore al passato e proiettati con la mente nel futuro, gli orange wines sono il perfetto bilanciamento tra storia e sperimentazione.
Nel calice portano la forza della tradizione e l’audacia dell’innovazione. In bocca si esprimono in tutta la loro profondità, regalando emozioni senza tempo.

Untold

"Untold - Quello che non è ancora stato detto del vino" è la prima edizione della guida ai vini d'Italia di Decanto distribuita in volume cartaceo e App nel 2024.

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