Oggi vi parliamo di un altro Verdicchio premiato nella kermesse Verdicchio Untold.

Si tratta del San Nicolò, prodotto dall’Azienda Agricola Brunori di Jesi, una realtà nata nel 1956 per mano di Mario Brunori e guidata oggi dai suoi nipoti Carlo e Cristina.

Svolta quasi epocale per l’azienda si è avuta nel 1976, anno in cui viene commercializzato proprio questo “CRU”. Il Verdicchio San Nicolò prende il nome infatti dall’omonima contrada dove è situato il vigneto.

Ma perché questa bottiglia ha meritato i fatidici tre cavatappi e perché dovremmo assaggiarlo?

L’Azienda vitivinicola Brunori

Innanzitutto va dato riconoscimento agli attuali proprietari che hanno saputo proseguire un’attività già prosperosa.

Carlo e Cristina Brunori mantengono e gestiscono una miscela fatta di tradizione e spunti innovativi, riuscendo poi a coniugare le tecniche di coltivazione con i nuovi strumenti per la vigna.

I vigneti dell’azienda Brunori si estendono oggi per 6,5 ettari circa. Sono localizzati nel cuore della zona del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico, a San Paolo di Jesi (AN), area da sempre particolarmente vocata alla coltivazione di uve. Il terreno argilloso-sabbioso, calcareo, ricco di potassio e di media collina, contribuisce ad arricchire il profumo e il corpo del vino.

Vi consigliamo inoltre di fare una visita all’enoteca interna all’azienda, personalmente curata da Carlo e Cristina.

Il Verdicchio San Nicolò: La Degustazione

Il San Nicolò è un Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore da 14% vol., prodotto in 16.000 bottiglie circa da sole uve verdicchio.

La vinificazione del Verdicchio San Nicolò avviene con fermentazione in bianco a temperatura controllata in
contenitori d’acciaio e sosta prolungata sui lieviti. Il successivo affinamento e la decantazione avvengono in vasche di cemento vetrificato.

Alla vista si presenta con un bel colore giallo paglierino carico con riflessi verdognoli, facilmente riconoscibili anche con luce artificiale. E’ già un piacere osservarlo.

Le aspettative al naso si confermano intriganti. La sensazione immediata è di pulizia ma anche di immediata intensità e pienezza. Si percepiscono nettamente aromi più floreali, distintamente di ginestra e mandorla fresca. Le immagino in fiore, specie a primavera inoltrata. Si percepiscono poi note agrumata, con un netto ricordo di lime. Complice l’innalzamento della temperatura, l’evolversi olfattivo riporta anche sentori erbacei e minerali.

Il primo sorso non smentisce l’attesa, con una bocca intensa, dall’aromaticità persistente, avvolta da una freschezza ridondante.

Un vino bianco che trovo piacevolmente morbido, equilibrato e ricco di personalità, di ritmo e densità, intervallate da note sapide e fragranti, specie sul finale. Quest’ultimo arricchito da inconfondibili note ammandorlate.

La disinvoltura con la quale accompagna la degustazione, si riconosce nella battitura costante e continua degli altri calici. Uno dopo l’altro.

Con la medesima piacevolezza.

Abbinamenti con il cibo

Verdicchio San Nicolò e peperoni ripieni di formaggio e alici

A tavola non deluderà, reggendo bene piatti di buona struttura, dal pesce al forno alle carni bianche.

Noi ci siamo spinti un po’ più in la, facendolo sposare con dei peperoni ripieni di formaggio e alici. Poi con le pallotte cace e ove, un ricco piatto della tradizione abruzzese.

La sfida l’abbiamo vinta. Il vino ha retto bene le caratteristiche del cibo, con i ritorni amarognoli del peperone (verde) e con quelli spiccatamente più sapidi del formaggio. Sino all’esplosività salina delle alici che, quando cotte al forno, si esprimono in maniera ottimale.

Vino e abbinamento da provare almeno una volta.

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