Dalla fama internazionale, i vini rossi della Toscana sono apprezzati per la loro raffinatezza, qualità e per il saper raccontare in modo autentico il carattere unico del terroir. Il vitigno maggiormente utilizzato nella creazione dei vini rossi toscani è il Sangiovese, primi fra tutti il Chianti Classico e il Nobile di Montepulciano.
Negli anni ‘60, però, alcuni produttori iniziarono a utilizzare vitigni non tradizionali e internazionali, come il Cabernet Sauvignon e il Merlot, per dare vita a blend più strutturati e longevi: i vini supertuscan.
Dalla tradizione al cambiamento: i vini supertuscan
Il termine supertuscan (o super tuscan) fu utilizzato inizialmente dal giornalista nonché Master of Wine inglese Nicholas Belfrage, verso la metà degli anni ’80 del Novecento, e poi ripreso dalla stampa anglosassone.
L’appellativo non identifica una DOC o una DOCG, ma una categoria di vini prodotti in Toscana con metodi innovativi e spesso fuori dagli schemi delle rigide normative regionali.
L’innovazione principale fu, come scritto precedentemente, l’impiego di uve ottenute da vitigni francesi, quali Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Syrah, spesso utilizzate in blend (o in alternativa) con il Sangiovese. I vini ottenuti maturano poi in barriques per periodi variabili.
Questa tipologia di approccio contrastava con le regole delle DOC locali, le quali imponevano percentuali minime di vitigni autoctoni.
Un ulteriore tratto distintivo dei vini supertuscan è la loro grande capacità evolutiva: grazie alla struttura tannica e all’acidità bilanciata, molti vini possono invecchiare per decenni e sviluppare aromi terziari complessi come tabacco, spezie, cuoio e cacao.
Il fatto di non rispondere a un disciplinare ha di certo favorito la libertà creativa dei produttori, i quali hanno dato vita ai vini supertuscan in ogni parte della Toscana, dalla Maremma al Chianti, dai colli fiorentini alle valli minerarie a sud della regione.
Zone di produzione dei supertuscan e calo della domanda
Alcune zone come Bolgheri, Bibbone e Suvereto, sono diventate patria di uve bordolesi che si esprimono con struttura e complessità, con nuances minerali di grande eleganza.
In altre aree, come il Chianti, i vini supertuscan si distinguono per l’interpretazione fedele dei suoli tipici del Sangiovese, come l’alberese e il galestro, con etichette ricche di carattere.
La costa toscana era considerata, dunque, una vera e propria miniera d’oro per l’enologia, attirando investimenti da produttori di tutta Italia e furono numerosi gli ettari di vigneti piantati e votati alle varietà internazionali. Tuttavia, arrivò il calo della domanda, particolarmente in Maremma e le guide enologiche iniziarono a promuovere i vitigni autoctoni.
A Bolgheri fu imposto un limite di mille ettari coltivabili e si tentarono innesti di Cabernet con Sangiovese, mentre nel Chianti furono valorizzati vitigni autoctoni come il Canaiolo.
Infine, per tutelare le varietà internazionali, molte denominazioni d’origine furono modificate, mentre la Toscana IGT permise ai produttori di mantenere flessibilità e libertà creativa.
Il giornalista Walter Speller scrisse, sulla rivista Club Oenologique, che se negli anni ’80 il mondo del vino era affascinato dagli innovativi blend in stile bordolese, all’inizio degli anni 2000 «il mercato internazionale era ormai saturo dei vini supertuscan. La prevedibilità stilistica di un numero sempre crescente di vini con nomi che terminavano in “-aia” (Lupicaia, Tassinaia, Greppicaia, e altri) aveva generato una certa stanchezza tra i consumatori. Contemporaneamente, la crescente valorizzazione dei vitigni autoctoni italiani e una rivalutazione delle pratiche tradizionali in vigna e in cantina rendevano questi vini rossi concentrati, dal colore intenso e affinati in legno, sempre più fuori contesto».
Continua Speller: «Il loro stile radicale (e talvolta imperfetto) ha creato un forte contrasto con l’approccio più omologato dei Super-Tuscan, il cui carattere non deriva tanto dal territorio d’origine, quanto da uno stile standardizzato».
Vini supertuscan più conosciuti e amati
Ecco una rassegna dei vini supertuscan più noti.
Vigorello e Sassicaia
Il Vigorello della Tenuta San Felice è stato il primo vino supertuscan della storia, segnando l’inizio di una nuova epoca per la viticoltura. Ideato nel 1968 da Enzo Morganti, fu il primo a cogliere il potenziale del Sangiovese vinificato in purezza. Questa intuizione rivoluzionò l’approccio tradizionale del Chianti Classico, che fino ad allora richiedeva l’uso di uve bianche per il taglio.
Ad oggi il Vigorello ha attraversato un processo di evoluzione che ha plasmato il suo stile fino alla versione attuale. Inizialmente basato sull’unione di Sangiovese e Cabernet Sauvignon, ha subito una svolta importante con l’inserimento del Pugnitello, un vitigno autoctono introdotto nel 2011. Oggi il blend del Vigorello è composto da Pugnitello, Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot.
Quando si parla di vino supertuscan non si può non trattare del Sassicaia, primo vino dell’azienda Tenuta San Guido: storica cantina della zona di Bolgheri, nella Maremma toscana, che vanta attualmente 75 ettari dedicati esclusivamente alla produzione di questo vino di pregio.
Questo supertuscan, ideato da Giacomo Tachis e Mario Incisa della Rocchetta era inizialmente un prodotto privato della famiglia di quest’ultimo ed è frutto del blend di Cabernet Sauvignon e una piccola percentuale di Cabernet Franc.
Questo vino, affinato poi in barrique, raggiunse un successo unico e permise all’azienda non solo di consolidare la reputazione dei vini supertuscan, ma di aprire le porte dei mercati internazionali ai vini italiani.
Tignanello e Solaia
Un’altra figura fondamentale fu il marchese Piero Antinori il quale realizzò, insieme a un giovane Giacomo Tachis, il Tignanello, un vino supertuscan frutto del blend di Sangiovese e Cabernet Sauvignon, nonché il primo Sangiovese a essere affinato in barriques.
Sempre dei marchesi Antinori e considerato come miglior vino al mondo nel 2000 dalla rivista americana Wine Spectator, il vino supertuscan Solaia nacque nel 1978, un’annata che rese disponibile una quantità di Cabernet superiore alle aspettative e alle necessità del Tignanello.
Masseto e Apparita
L’Apparita è un vino supertuscan prodotto dal Castello di Ama e si tratta del primo Merlot in purezza realizzato in Toscana nel 1985. Da allora è diventato un riferimento per il Merlot toscano, apprezzato per la sua originalità e prestigio.
Dopo la macerazione in acciaio sulle bucce per 4 settimane, il vino matura per 24 mesi in barrique di primo passaggio, seguito da altri 2 anni di affinamento in bottiglia.
Un altro esempio virtuoso in fatto di Merlot in purezza è il Masseto della Tenuta dell’Ornellaia, prodotto in quantità limitate da un vigneto di soli 7 ettari a Bolgheri. Questo cru esclusivo si distingue per l’eccellente qualità e la longevità, risultato di una rigorosa selezione e di un terroir unico.
La sua fermentazione avviene separatamente per ogni parcella, in vasche di acciaio e legno, con una macerazione di 15-20 giorni. Dopo un primo affinamento di 12 mesi in barrique avviene l’assemblaggio che armonizza le caratteristiche dei diversi appezzamenti. Segue un ulteriore affinamento di un anno in barrique prima dell’imbottigliamento.
Oreno e Solengo
L’Oreno, vino di punta della Tenuta Sette Ponti, è un elegante vino supertuscan dal taglio bordolese tra i più apprezzati e nasce da un blend di Merlot, Cabernet Sauvignon e una piccola percentuale di Petit Verdot. Dopo una macerazione di 25 giorni, il vino matura per 12-18 mesi in barrique e affina ulteriormente un anno in bottiglia prima della commercializzazione.
Il Solengo di Argiano è un vino supertuscan di grande eleganza e complessità creato negli anni ’90 da Giacomo Tachis. Questo blend di Cabernet Sauvignon, Syrah, Petit Verdot e Merlot nasce su un altopiano a 300 metri di altitudine, dove il microclima favorisce la perfetta maturazione delle uve.
Le fermentazioni avvengono separate per ciascuna varietà in acciaio per 12-16 giorni. L’affinamento si svolge in barrique nuove per 20 mesi, seguito da un ulteriore semestre in bottiglia.
Saffredi e Flaccianello delle Pieve
Il Saffredi di Fattoria Le Pupille è un supertuscan ricco ed elegante, prodotto in Maremma Toscana e dedicato a Fredi, padre di Elisabetta Geppetti, attuale proprietaria. Ideato negli anni ’80 con l’enologo Giacomo Tachis, è diventato l’etichetta simbolo della cantina.
Il vino è un taglio bordolese composto da Cabernet Sauvignon, Merlot e una piccola parte di Petit Verdot, che conferisce struttura e colore. Le uve, selezionate e vendemmiate tra settembre e ottobre, fermentano in acciaio con macerazione sulle bucce per 25 giorni.
La maturazione dura 18 mesi in barrique di rovere francese, con il 75% di primo passaggio. Dopo si procede al blend finale, che varia leggermente in base all’annata.
Infine, tra i vini supertuscan troviamo il Flaccianello delle Pieve di Fontodi, un Sangiovese in purezza nonché una tra le etichette più prestigiose del Chianti.
Prodotto nelle terre della Conca d’Oro di Panzano, esprime al meglio le qualità del vitigno, con intensità, eleganza e persistenza, grazie a un terroir unico e a un’attenta vinificazione.
La fermentazione avviene con lieviti indigeni in acciaio inox, con macerazione di tre settimane. La maturazione prosegue per 24 mesi in barrique nuove di Tronçais e Allier, seguito da 10 mesi in bottiglia.
Conclusioni
I vini supertuscan rappresentano una svolta epocale nella storia enologica toscana. Nati dall’audacia di produttori che negli anni ’60 scelsero di andare oltre le rigide regole delle DOC, questi vini hanno saputo combinare tradizione e innovazione, affermandosi come simbolo di qualità e raffinatezza a livello mondiale.
Grazie alla libertà creativa concessa dall’uso di varietà internazionali come Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot, e a tecniche moderne di vinificazione e affinamento, i supertuscan hanno conquistato un posto d’onore nel panorama vinicolo globale, nonostante le sfide del mercato, mantenendo il loro prestigio e continuando a rappresentare una sintesi perfetta di eccellenza e innovazione.