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I Vini rossi d’Italia

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La viticoltura italiana non è solo una pratica agricola, ma un’arte tramandata con passione e sapienza. Ogni calice racconta storie di dedizione, di terre amate e coltivate con cura, di mani esperte e cuori innamorati del proprio mestiere. Questo viaggio non si limita alla scoperta di vini e territori, ma diventa un’esperienza sensoriale completa, capace di evocare profumi intensi, sapori avvolgenti e atmosfere cariche di emozione.

Partendo dalle origini antiche della viticoltura, il percorso rivela come il vino rosso in Italia sia molto più di un prodotto: è memoria storica, identità culturale e legame profondo tra l’uomo e la sua terra. Un simbolo vivo di un’Italia che sogna, crea e condivide, sospesa tra la materia e il sacro.

I vini rossi d’Italia: ll ruolo del vino nella storia del “Bel Paese”

Il vino rosso in Italia risulta avere una storia millenaria, intrecciata inesorabilmente con lo sviluppo delle civiltà che hanno popolato la penisola. Le prime tracce della viticoltura risalgono infatti a migliaia di anni fa, quando le popolazioni preistoriche iniziarono a sfruttare la vite selvatica per ottenere dei precursori ancestrali di quello che sarà il vino. La notevole svolta nel mondo del vino, arrivò con l’avvento delle grandi civiltà del passato, in particolare gli Etruschi e i Greci, che grazie a studi approfonditi, riuscirono a regalare alla viticoltura le prime prime tecniche strutturate di coltivazione e vinificazione.

Dagli Etruschi ai Greci…

Gli Etruschi, furono tra i primi a coltivare la vite in modo sistematico nell’Italia centrale. Oltre a produrre vino, lo commerciavano attivamente con le popolazioni del Mediterraneo, arrivando fino alla Gallia e alla penisola iberica. La loro viticoltura si basava su metodi particolarmente innovativi per l’epoca storica in cui erano ubicati, come ad esempio la selezione delle migliori piante e l’uso di contenitori in terracotta per la fermentazione e la conservazione del vino.

Parallelamente, nel Sud Italia, i Greci colonizzarono le coste e portarono con sé la loro lunga tradizione vinicola, che influenzò profondamente lo sviluppo della viticoltura nella Magna Grecia. Proprio questo rapido sviluppo, possibile grazie al terroir spinsero i Greci   a chiamare l’Italia, ovvero “terra del vino”. In queste regioni si svilupparono alcune delle prime varietà di vite da cui discendono i celebri vini rossi italiani di oggi, come l’Aglianico e il  Nero d’Avola

L’avvento di Roma

L’arrivo di Roma segnò un’epoca d’oro per il vino, trasformandolo in un elemento centrale della vita quotidiana e della cultura. I Romani non si limitarono a bere vino, ma ne fecero un’industria fiorente, con una produzione su larga scala che raggiungeva tutto l’Impero. Essi svilupparono tecniche agricole avanzate, come la potatura delle viti per migliorarne la resa e la qualità del frutto, e la costruzione di grandi “villae rusticae” dedicate esclusivamente alla viticoltura.

In questo periodo, alcuni vini rossi italiani divennero famosi e ambiti, tra cui il celebre Falerno, prodotto sulle pendici del Monte Massico in Campania, considerato uno dei vini più pregiati dell’antichità oppure il Mamertino che si narra fosse il vino preferito di Giulio Cesare. Il vino veniva conservato in anfore sigillate e spesso aromatizzato con spezie o miele per migliorarne il gusto e la conservabilità.

Dal Medioevo al Rinascimento

Con il declino dell’Impero Romano e le invasioni barbariche, la produzione vinicola subì un violento arresto. Le grandi strutture agricole vennero abbandonate e il commercio del vino diminuì drasticamente. Tuttavia, il sapere vinicolo non andò perduto grazie al sapiente lavoro dei monasteri che lo preservarono garantendone la continuità.

monaci, infatti, avevano bisogno di vino sia per la celebrazione della Messa sia per il consumo quotidiano, e per questo iniziarono a selezionare le migliori uve, a sperimentare nuove tecniche di fermentazione e a documentare le pratiche vitivinicole. I monasteri divennero centri di ricerca agricola e alcune delle denominazioni vinicole più celebri di oggi devono molto al loro lavoro. In particolare, in regioni come la Toscana, il Piemonte e la Lombardia, i monaci furono tra i primi a comprendere l’importanza del terroir, ossia il legame tra il vino e il territorio in cui viene prodotto.

Con il Rinascimento, la cultura del vino tornò a splendere grazie ad un generale risveglio che coinvolgeva arte, scienza e agricoltura. Fu in quest’epoca che le famiglie nobili iniziarono a investire nella viticoltura, dando origine a tenute che esistono ancora oggi e che producono alcuni dei vini rossi più pregiati al mondo.

L’avvento della Fillossera e la ricostruzione della viticoltura

Nel XIX secolo però, la viticoltura italiana affrontò una delle sue crisi più gravi a causa della fillossera, un terribile parassita che distrusse interi vigneti in Europa. Per salvare la produzione, si ricorse all’innesto di viti europee su portainnesti americani resistenti al parassita, una soluzione che permise di salvare molte varietà autoctone italiane.

Parallelamente, in questo periodo si sviluppò una maggiore consapevolezza sulla qualità del vino e iniziarono a nascere le prime teorie moderne sulla vinificazione.

Nel XX secolo, l’Italia compì un salto di qualità nella produzione vinicola. Dopo un periodo difficile segnato dalle due guerre mondiali segnate dall’abbandono generale dei campi, negli anni ’60 e ’70 vennero introdotte le denominazioni DOC e DOCG, che garantirono una maggiore regolamentazione e qualità nella produzione dei vini italiani.

Fu in questo periodo che il vino rosso italiano conquistò il mercato internazionale, grazie alla valorizzazione di grandi denominazioni come il Baroloil Brunello di Montalcino, l’Amarone della Valpolicella e il Chianti Classico.

Vini rossi d’Italia al giorno d’oggi

Oggi l’Italia è uno dei principali produttori di vino al mondo, con una varietà incredibile di vitigni autoctoni che non ha eguali. Il paese è conosciuto per la sua capacità di unire tradizione e innovazione, mantenendo intatte le caratteristiche storiche del vino, ma allo stesso tempo sperimentando innovative tecniche di vinificazione al fine di elevarne sempre di più la qualità.

Dai vigneti delle Langhe a quelli della Sicilia, il vino rosso italiano continua a raccontare una storia millenaria, fatta di passione, cultura e legame con il territorio. Una storia che, bicchiere dopo bicchiere, regione dopo regione, borgo dopo borgo prosegue ancora oggi.

I vini Rossi del Nord Italia

Dalle valli alpine alle colline del Monferrato, il Nord Italia custodisce alcuni dei vini rossi più eleganti e riconosciuti al mondo. Ogni regione, con il suo clima e la sua tradizione, racconta storie di vitigni antichi e di mani sapienti che li coltivano. Cominceremo il nostro viaggio tra Valle D’Aosta Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, Liguria ed Emilia Romagna, alla ricerca dei tesori che queste regioni sono pronte ad offrirci.

Valle d’Aosta, i vini rossi d’Italia attraverso una viticoltura eroica e resiliente

La Valle d’Aosta conserva un patrimonio ampelografico raro, valorizzando la propria tradizione vitivinicola con impegno e dedizione. In questa regione montuosa, i viticoltori coltivano la vite su terreni difficili, affrontando condizioni ambientali impegnative.

Attualmente, i vini rossi costituiscono circa il 60% della produzione. Le varietà autoctone si combinano con uve internazionali, dando vita a una produzione enologica varia e interessante.

Il Petit Rouge, vitigno simbolo della regione, viene vendemmiato in ottobre e regala vini dal colore intenso, dalla struttura avvolgente e dalla vibrante freschezza. I suoi profumi di amarena e frutti di bosco maturano nel tempo, offrendo un sorso emozionante e vibrante.

Il Fumin, oggetto di un paziente e appassionato recupero, incanta con il suo carattere rustico e selvaggio. Esso risulta essere un vino profondo e intrigante, capace di evolvere con eleganza, sprigionando sentori di cuoio e sottobosco.

Il Vien de Nus, dal carattere maturo e avvolgente, regala vini generosi, intensamente fruttati, perfetti per essere gustati nella loro giovinezza.

Accanto a questi tesori, vitigni più rari come il Cornalin e il Mayolet aggiungono ulteriori sfumature al panorama vitivinicolo valdostano.

Non mancano le grandi firme internazionali: il Pinot Nero, nobile e raffinato, si esprime sia in versioni leggere che in interpretazioni più strutturate. A lui si affiancano il Gamay, il Merlot e il Syrah, ciascuno con il proprio inconfondibile fascino.

Ogni calice racconta un viaggio tra le alte vette valdostane regalandoci un’emozione intensa fatta di vigore e desiderio di rivalsa.

Piemonte in bottiglia, storia e passione di una viticoltura innovativa

Il Piemonte, terra di colline sinuose e tramonti infuocati, custodisce un vigneto straordinario che si estende su 50.000 ettari, dove la passione per il vino si intreccia con la storia e la tradizione.

I vini piemontesi parlano d’amore e di carattere, soprattutto quelli rossi, ottenuti da mono-vitigno, che rappresentano oltre il 60% della produzione complessiva. Tra di essi, la Barbera regna sovrana, con il suo spirito vibrante che domina il 70% del vigneto piemontese. Giovane e vivace, regala vini dall’acidità spiccata e dal colore intenso, con delicati sentori di rosa, ciliegia e mirtillo. Se coltivata in zone baciate dal sole, sprigiona una meravigliosa intensità alcolica che avvolge il palato con calore.

Ma è il Nebbiolo a incarnare l’anima più profonda di questa terra: occupa solo il 10% del territorio coltivato. Vendemmiato tardivamente, oltre la metà di ottobre, il Nebbiolo è un vino austero, dal colore rosso granato, dai profumi seducenti di rose e spezie, con tannini vigorosi che raccontano storie di tradizione e di attesa.

I preziosi figli del Nebbiolo

Dal Nebbiolo nascono autentici capolavori, come il Barolo, il “re dei vini”. Con le sue circa 13 milioni di bottiglie prodotte nel 2024, affina da un minimo di 38 mesi (di cui 18 in legno). La sua versione riserva invece necessita di 62 mesi.

Nel calice si svela con un rosso granato intenso e un bouquet avvolgente di frutti rossi maturi, ciliegia, lampone, note floreali, balsamiche e speziate di pepe nero, liquirizia e cuoio. Al palato sprigiona una struttura imponente, con tannini potenti ma eleganti e una persistenza aromatica capace di incantare.

Il Barbaresco, fratello nobile del Barolo, regala un’interpretazione altrettanto affascinante del Nebbiolo. Con 4,5 milioni di bottiglie prodotte, affina dai 24 mesi (di cui 12 in botte di rovere) ai 48 mesi per la versione “riserva”. Ha un colore rosso rubino con riflessi granati. Al naso si esprime regalando aromi di lamponi, frutti di bosco, ciliegia, cuoio, liquirizia e caffè tostato. In bocca è caldo, con tannini decisi e un profilo aromatico profondo. La sua persistenza è lunga e ben riconoscibile.

Nell’olimpo dei vini Nebbiolo troviamo anche il Gattinara e il Ghemme, due gioielli spesso arricchiti da uve Vespolina. Il Gattinara, dal colore rosso con riflessi granati, seduce con profumi di liquirizia, ginepro e sandalo. Evolvendosi si esprime con richiami di ciliegia sotto spirito e confetture di mora. Il Ghemme, anch’esso vestito di rosso granato, ammalia con sentori di frutta rossa, cuoio e spezie, raccontando la bellezza di una terra generosa.

Altre perle piemontesi

Il Piemonte non si ferma qui: altre gemme arricchiscono il suo patrimonio vinicolo.

Il Freisa, un tempo considerato un vitigno di grande pregio, oggi resiste con il suo carattere affascinante e mutevole. Esso ci dona vini secchi o dolci, anche frizzanti, con profumi di frutti di bosco e viole.

Il Grignolino, figlio delle colline tra Asti e Monferrato, si distingue per la sua moderata intensità cromatica e profumi di pepe bianco, chiodi di garofano e lamponi.

Il Ruchè, affascina con i suoi aromi di pesca, rosa e fragola. Il Pelaverga invece, offre vini freschi e intriganti, dal gusto di fragola e ribes.

A completare il mosaico di questa straordinaria regione, la Vespolinal’Uva Rara e la Croatina aggiungono tocchi speziati, floreali e fruttati. Questi vini contribuiscono a rendere il Piemonte una delle regioni più rappresentative per quanto riguarda i vini rossi d’Italia.

L’ammaliante fascino dei rossi Lombardi

Con una produzione che va oltre il milione di ettolitri, la Lombardia si distingue per i suoi rossi avvolgenti, frutto di tradizione e innovazione.

La Croatina, nota anche come Bonarda, è una delle protagoniste della parte meridionale lombarda. Vitigno a maturazione medio-tardiva, da vita a vini briosi, dalla piacevole vivacità e dai profumi inebrianti di frutta rossa matura. Il suo carattere deciso e la sua struttura avvolgente rendono ogni sorso un’esperienza gioiosa, spesso esaltata da una leggera effervescenza.

Ma è il Pinot Nero a dominare la scena sempre nella zona del Pavese, con la sua disarmante eleganza. Esso se vinificato in rosso, si svela in tutta la sua complessità: un colore delicato ma seducente, profumi di ribes nero e lampone, accenni speziati di rabarbaro e liquirizia, sfumature terrose di funghi secchi. Il suo tannino, fine e misurato, accarezza il palato con grazia.

A completare questo affresco enologico, la Barbera lombarda si distingue per un’acidità più gentile e tannini più morbidi rispetto alla sua celebre controparte piemontese. 

L’Uva Rara e la Vespolina, arricchiscono i vini della regione. Essi si esprimono con una trama tannica delicata e profumi floreali e speziati.

Eccellenze lombarde dal Chiavennasca al Groppello passando dal Lambrusco

La Valtellina è il regno incontrastato del Nebbiolo che qui prende il nome di Chiavennasca. Unico caso al di fuori del Piemonte, si esprime con straordinaria finezza e profondità. Esso da vita a vini intensi e longevi, che racchiudono l’anima delle montagne e il respiro dei venti alpini.

Nel mantovano, le diverse espressioni di Lambrusco offrono un affascinante caleidoscopio di profumi e sensazioni. Il Lambrusco Novarese regala vini strutturati e di carattere, il Marani esprime vigore produttivo e il Salamino affascina con la sua vivace acidità.

Nel Bresciano, il Groppello si presenta in varietà gentili e affascinanti, come il Groppello Mocasina e il Santo Stefano. Questi vitigni, intensi e corposi, sono adatti alla vinificazione in rosso. Danno origine a vini suadenti, con una profondità aromatica vivace e coinvolgente.

In Lombardia è presente anche il Sangiovese, che si distingue per una leggera nota tannica. Il Marzemino colpisce invece per la sua intensa carica olfattiva di frutta matura, risultando particolarmente affascinante.

Trentino, l’anima delle dolomiti in un calice

Nel cuore del Trentino, la natura si esprime in un equilibrio perfetto tra vette maestose e paesaggi rigogliosi. E quì che circa 10.000 ettari di ordinati filari ci offrono vini dalla personalità unica.

Scontro a tre per un ruolo da protagonista

Tra i vitigni a bacca nera, sono due i nomi che dominano la scena: il Teroldego e il Merlot, custodi di un’antica tradizione. Il Teroldego, punta di diamante del Trentino, è un vitigno a maturazione medio-tardiva che regala vini dal colore rosso rubino intenso. I suoi profumi, complessi e avvolgenti sono intrisi di more, mirtilli e lamponi maturi. Il Merlot, invece, avvolge il palato con la sua morbidezza setosa e seduce l’olfatto con note di confettura, ciliegie e spezie dolci.

A contendersi il terzo posto, due espressioni affascinanti della viticoltura trentina: la Schiava e il Marzemino Gentile. Il Marzemino, presente persino nelle opere di Mozart, è il più delicato tra i grandi rossi della regione, con un bouquet floreale e fruttato vivace e armonioso.

La Schiava, ci offre sentori di viola, ciliegie e ribes rosso. Al gusto si esprime con corpo leggero e una trama tannica sottile che si chiude su un’elegante nota ammandorlata. Tutti questi vitigni contribuiscono a definire l’identità dei vini rossi d’Italia, aggiungendo sfumature uniche al panorama nazionale.

Le ulteriori meraviglie rosse del Trentino

Accanto a questi protagonisti, il Trentino custodisce altri gioielli enologici: l’Enantio, che regala vini freschi e tannici, capaci di evolversi con il riposo in legno fino a raggiungere un equilibrio raffinato.

Il Rebo , nato negli anni ’50 dall’unione tra Merlot e Teroldego, si distingue per la sua intensità olfattiva e per un finale piacevolmente ammandorlato

Il profilo vitivinicolo include anche varietà internazionali come Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Pinot Nero e Syrah, ognuna caratterizzata da specifiche potenzialità evolutive e aromatiche.

Completano il panorama enologico vitigni autoctoni e storici come Groppello, Pavana, Franconia e Cassetta, espressioni tipiche di un territorio fortemente legato alla produzione vinicola.

Veneto, dai Tagli Bordolesi alla Valpolicella

In Veneto, dove i vigneti si arrampicano sulle colline accarezzate dal vento, regalandoci veri e propri scorci di storia e tradizione.

Il taglio bordolese

Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc sono diventati pilastri della rinascita post fillossera. Accanto a loro, il PinotNero, il Malbec ne il Carmenère arricchiscono la sinfonia di sapori con sfumature eleganti e complesse. Il Merlot, vinificato in purezza, regala vini morbidi e vellutati, impreziositi da note fruttate e vegetali.

Il Cabernet Sauvignon e il Cabernet Franc  ci regalano vini dove forza ed eleganza si fondono in un equilibrio perfetto.

Il panorama rosso del Veneto

Il Carmenère, con il suo fascino esotico e il profumo erbaceo che ricorda more e pepe nero, merita un posto d’onore. Dopo il Cile, è l’Italia, con la provincia di Treviso, a esserne il secondo produttore mondiale. La Corvina Veronese, regina della Valpolicella e del Bardolino, offre un colore intenso, una spiccata acidità e una straordinaria attitudine all’appassimento. Al naso ci dona sublimi sentori di viola e ciliegio. La Rondinella aggiunge sapidità e struttura, mentre la delicata Molinara, conferisce una nota minerale inconfondibile. Corvinone e Dindarella completano questa tavolozza enologica, dando voce al territorio con la loro personalità.

Nel mosaico di vitigni che arricchiscono queste terre si inseriscono anche SangioveseTeroldego e altre varietà internazionali. Tra le gemme autoctone brillano il Raboso, il Marzemino e il Tai Rosso. Il Raboso, vigoroso e ribelle, si radica nella terra del Piave, con il suo carattere austero e la sua straordinaria capacità di evolversi nel tempo. Il Raboso Piave, con i suoi profumi di viola, uvetta, marasche e spezie, esprime una struttura solida e una personalità intensa.

Altra eccellenza risulta essere il Raboso Veronese, più gentile del precedente, si distingue per un tannino meno impetuoso.

Il  Marzemino, prediletto dalle terre fresche e ventilate, si racconta attraverso vini leggeri e fruttati. Il Tai Rosso, esclusivo dei Colli Berici, raccoglie il respiro del territorio e lo traduce in un vino dal carattere autentico.

La regalità dell’Amarone

Ma lo scettro del Veneto in rosso è detenuto sicuramente dall’Amarone della Valpolicella. Esso con le sue circa 12 milioni di bottiglie prodotte risulta essere uno dei più maestosi ambasciatori del vino italiano nel mondo. Nato sulle colline a nord di Verona, è il frutto di un’arte antica, tramandata nei secoli. Le uve Corvina, Corvinone e Rondinella vengono lasciate appassire su graticci per mesi, concentrando zuccheri e aromi in un abbraccio avvolgente di profumi e sapori.

Con il suo colore rubino profondo, che sfuma nel granato con l’invecchiamento, l’Amarone è un’ode alla complessità. Il suo bouquet è un intreccio di ciliegie sotto spirito, prugne secche, mora, tabacco, spezie dolci, cioccolato e cuoio. Al palato è un’esplosione di calore e morbidezza, sostenuta da tannini vellutati e da un’eleganza senza tempo. Non a caso, è considerato una delle espressioni più nobili dei vini rossi d’Italia.

 I doni della Valpolicella

Il nostro viaggio in Veneto si sposta ora sulla Valpolicella, terra di straordinaria vocazione vinicola, si stende come un anfiteatro naturale. Qui si producono vini che raccontano la storia di questa terra: dal fresco e immediato Valpolicella base al più morbido e rotondo Valpolicella Superiore, fino al corposo e intrigante Valpolicella Ripasso, ottenuto attraverso il contatto con le vinacce dell’Amarone, che gli conferiscono profondità e struttura.

I vini della Valpolicella si presentano nel calice, con il loro rosso rubino che può tingersi di sfumature più scure. Il loro profilo olfattivo Il profilo aromatico include mora, ciliegia, prugna e amarena, accompagnate da sentori di violetta e rosa rossa. Con l’evoluzione nel tempo, compaiono note di vaniglia, liquirizia, pepe nero e spezie dolci. Nei vini più maturi, il respiro balsamico di mentolo ed eucalipto si fonde con la profondità del cuoio e del cioccolato. Al palato, il Valpolicella e il Valpolicella Superiore si distinguono per una piacevole astringenza e una vibrante freschezza. Il Valpolicella Ripasso incanta con la sua armonia e la sua avvolgente morbidezza. 

Friuli, un ruolo da protagonista tra i vini rossi d’italia

In Friuli, i vitigni internazionali rivestono un ruolo di primo piano. Il Merlot è morbido e avvolgente, con note di lampone e sentori erbacei, che l’affinamento in legno arricchisce con profumi di frutti di bosco, ciliegie e vaniglia. Il Cabernet Franc è vivace e tannico, con aromi erbacei e frutti scuri, che il tempo ammorbidisce in un bouquet raffinato con note di amarena, more e cacao. Il Cabernet Sauvignon evolve da erbaceo e fruttato a caldo e strutturato, con sfumature di violetta, frutti rossi e cacao. Infine, il Pinot Nero, nobile ed elegante, si esprime sia come raffinato vino rosso sia come base per spumanti di alta qualità.

Note di Refosco

Tra i vitigni autoctoni, il Refosco dal Peduncolo Rosso regna con la sua anima ribelle. La sua giovinezza è un’esplosione di freschezza, con tannini vivaci e profumi intensi di lampone, mora selvatica e amarena. Quando affinato in legno si arricchisce di sfumature di cacao e vaniglia, trasformandosi in un vino complesso e profondo.

Sulle Terre Rosse del Carso, cresce il Terrano, noto anche come Refosco del Carso. Il colore intenso anticipa un vino vivace: ha un basso tenore alcolico, ma una buona acidità e tannini marcati. È ideale da giovane, con profumi di lampone, mirtillo e ribes nero, insieme a sentori balsamici di china ed eucalipto.

Nel segno dei rossi friulani

A fianco del Refosco, tre gioielli quasi dimenticati sono tornati a splendere: SchioppettinoPignolo e Tazzelenghe, veri custodi di una tradizione che rischiava di perdersi.

Lo Schioppettino, o Ribolla Nera , prende il nome dalla croccantezza della sua buccia, che sembra “schioppettare” tra le labbra. Esso si esprime con freschezza e acidità vivace, raccontando profumi di piccoli frutti rossi. Col tempo, il suo carattere evolve in un racconto di sottobosco, pepe nero, tabacco dolce e ribes maturo, accarezzato dalla pazienza dell’affinamento.

Il Pignolo, incarna il carattere austero e riservato della sua terra. Il suo rosso rubino denso e impenetrabile cela un’anima potente, inizialmente spigolosa, con frutti di bosco e amarene selvatiche. Con l’invecchiamento in legno si rivelano note di spezie dolci, frutta secca e confettura, cacao, caffè, incenso e terra umida.

Infine, il Tazzelenghe, il cui nome evocativo racconta il suo carattere indomito: “taglia la lingua” con la sua ruvida tannicità. Durante l’affinamento in legno, i sapori si ammorbidiscono, facendo emergere note di ciliegia dolce, lampone fresco e spezie calde. Pur ingentilito, conserva sempre un carattere deciso e inconfondibile.

Sulle terre generose dell’Emilia

In Emilia Romagna è il rosso il colore dominante, con il 70% dei vitigni a bacca nera a dipingere il paesaggio. Tra questi, il Lambrusco regna sovrano, un vino che gioca con la luce e si accende di riflessi rubini, che seduce con profumi fragranti e incanta con la sua freschezza briosa. Negli ultimi anni, la sua anima si è fatta più intensa, più carnosa, regalando vini succosi, avvolgenti, capaci di raccontare il territorio con pienezza e passione.

La famiglia dei Lambruschi è vasta e vivace, un coro di voci diverse: Il Grasparossa, il Sorbara, il Marani, il Maestri, il Montericco, il Viadanesel’Oliva. Ognuno con la sua personalità, ognuno con il suo timbro inconfondibile, ma tutti accomunati dalla stessa anima frizzante, dalla stessa voglia di celebrare la vita in calici colmi di bollicine.

Dopo i Lambruschi, l’Ancellotta si distingue per il suo cuore profondo e scuro, un vitigno che tinge i vini di intensità e carattere, protagonista soprattutto nelle terre reggiane e modenesi. Qui nasce il Rossissimo, un vino che accende il colore e amplifica il corpo di nobili rossi, sussurrando forza e passione in ogni sorso.

Nel piacentino, la Barbera e la Croatina contribuiscono alla produzione del Gutturnio, un vino dai toni vivaci dei frutti di bosco e dei fiori rossi, fresco e dal buon tannino, anche nella versione frizzante.

Sulle colline bolognesi, invece, il Sangiovese si fa spazio con la sua, trama fitta di emozioni, capace di sfidare il tempo e affinarsi con grazia.

E poi c’è il Fortana, figlio delle terre sabbiose del ferrarese, libero e selvaggio, capace di crescere a piede franco e di esprimere un’anima leggera, fresca, spesso frizzante, con un carattere vinoso e spensierato.

Il fascino della Romagna

Nel cuore della Romagna, i vitigni a bacca nera predominano, con il Sangiovese che è il principale protagonista, specialmente nella denominazione Romagna Sangiovese, dove si esprime con profumi di viola e frutti di bosco, evolvendosi in note tostate e speziate con l’invecchiamento. Merlot e Cabernet Sauvignon, introdotti negli anni ‘90, si sono adattati bene alle zone appenniniche, producendo vini intensi con sentori di prugna, frutta secca e note erbacee. L’Uva Longanesi, scoperta in pianura ravennate, offre vini colorati con profumi di frutti di bosco e spezie.

Il poetico coraggio dei terrazzamenti liguri

La Liguria si erge in un abbraccio di monti e colline, un territorio in cui la conformazione aspra e selvaggia domina incontrastata. Qui, i vigneti si arrampicano dal livello del mare fino a oltre 500 metri di altitudine, affondando le radici in terre dalle peculiarità distintive: da un lato, suoli calcarei, che infondono ai vini una raffinata mineralità; dall’altro, terreni argillosi, capaci di donare corpo e avvolgente morbidezza.

Tra i vitigni a bacca nera, il Rossese si impone come sovrano indiscusso, rappresentando oltre il 14% della produzione vinicola locale. Il suo colore, delicato e impalpabile, cela un’anima vibrante, mentre il tannino, di straordinaria finezza, si stempera in un velluto carezzevole. Il Sangiovese, che predilige le terre di Levante, si distingue per la sua tonalità non troppo intensa, profumi eterei di viola e un tannino dal carattere deciso. Il Ciliegiolo, dai grappoli di un rosso luminoso che evocano la polpa matura delle ciliegie, regala vini di tenue intensità cromatica, impreziositi da una struttura soave e da delicate sfumature di fragola e lampone.

Emblema di versatilità è l’Ormeasco, la declinazione ligure del Dolcetto, che si distingue dal suo omonimo piemontese per una spiccata acidità e una trama tannica più pronunciata, complici le vigne che si spingono audacemente oltre i 500 metri d’altitudine.

Nelle zone prossime alla Toscana, infine, il Merlot e il Cabernet si uniscono al nobile Sangiovese, arricchendo ulteriormente il panorama enologico di questa terra incantata, sospesa tra il mare e le vette.

I vini rossi del Centro Italia

Il nostro viaggio continua attraverso le colline ondulate della Toscana e ai borghi arroccati dell’Umbria. Il Centro Italia è una terra dove il vino rosso è parte dell’anima stessa del paesaggio. Qui, tradizione e innovazione si intrecciano in ogni calice, dando vita a etichette che parlano di storia, passione e territorio. Eccoci allora ad esplorare i territori di Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo e Lazio alla scoperta di nuove ed esilaranti sfumature di rosso.

Viaggio tra i vigneti toscani

Il vigneto toscano, si estende su circa 58.000 ettari, con una straordinaria produzione che si aggira intorno ai 2,5 milioni di ettolitri.

Il Sangiovese, per quantità e per il suo ruolo fondamentale, è il vitigno per eccellenza della Toscana. Questo vitigno matura tra la fine di settembre e i primi giorni di ottobre, prediligendo terreni calcareo-argillosi. Sebbene il Sangiovese in purezza possa talvolta manifestare tratti più ruvidi, la sua armonia emerge al meglio quando accompagnato da vitigni tradizionali, come Malvasia NeraColorino oppure da internazionali quali CabernetSauvignon e Merlot.

Il sublime Brunello di Montalcino

Dall’elegante vinificazione del Sangiovese grosso, prende vita il Brunello di Montalcino che con le sue circa 12 milioni di bottiglie prodotte risulta essere un grande ambasciatore della viticoltura italiana nel mondo. Le colline che lo ospitano, baciato da un microclima temperato e sorretto da suoli argillosi e calcarei, arricchiti di galestro, offrono le condizioni ideali affinché questo vino possa acquisire struttura, profondità e straordinaria longevità. Sottoposto a un lungo e rigoroso affinamento, il Brunello di Montalcino matura per almeno cinque anni (sei per la Riserva) di cui almeno due trascorsi in botti di legno e quattro mesi in bottiglia, un processo che ne esalta la complessità e la finezza aromatica.

Nel calice, si svela con un rosso granato intenso, che con il tempo si tinge di sfumature più eteree e vellutate. Il bouquet ammalia i sensi con note di ciliegia matura, prugna e piccoli frutti rossi, che si intrecciano armoniosamente a sentori di tabacco, cuoio, spezie dolci e terra bagnata, arricchiti da lievi accenti balsamici e di liquirizia. Al palato, si distingue per la sua sontuosità e austerità equilibrata, avvolgendo la bocca con tannini setosi e una freschezza vibrante, che lo rendono un vino di rara eleganza e straordinaria persistenza. Il finale, lungo e suggestivo, lascia un’eco di frutta matura, spezie e una delicata carezza balsamica, sigillando l’esperienza di un capolavoro enologico senza tempo.

La leggenda del Gallo nero

Un’altra grande interpretazione del Sangiovese si trova nel Chianti, simbolo della tradizione vitivinicola toscana e uno dei più prestigiosi vini rossi d’Italia. La sua produzione si estende su un’ampia area collinare, con il Chianti Classico riconoscibile dal Gallo Nero, a rappresentarne il cuore storico. Prodotto principalmente da Sangiovese (dal 70% al 100%), talvolta affiancato da CanaioloColorinoMerlotCabernet Sauvignon, il Chianti si declina in diverse tipologie: dalla versione più giovane e vivace, alla Riserva (affinata per almeno 24 mesi), fino alla Gran Selezione, massima espressione qualitativa.

Alla vista, il Chianti si presenta con un rosso rubino brillante, che tende a evolvere verso il granato con l’invecchiamento. Il bouquet offre profumi di ciliegia, lampone e viola mammola, arricchiti da eleganti sentori di cuoio, tabacco e spezie, riflettendo il carattere fruttato e armonioso del Sangiovese, vitigno principale di questa denominazione. Tuttavia, le caratteristiche precise del vino variano a seconda che si tratti di Chianti DOC o di Chianti Classico DOCG. Il Chianti DOC, prodotto in un’area più ampia della Toscana, tende ad essere più morbido e accessibile, con una predominanza di frutta rossa e una struttura meno pronunciata, adatta a un consumo relativamente giovane. Il Chianti Classico DOCG, invece, proveniente dalla storica zona tra Firenze e Siena, contiene una maggiore percentuale di Sangiovese e segue regole più rigorose di vinificazione e affinamento. Questo conferisce ai vini una struttura più complessa, tannini più marcati e un’acidità vivace che ne aumenta la longevità, insieme a profumi più articolati e profondi che possono evolvere verso note terrose, speziate e di cuoio con l’invecchiamento.

Al palato, entrambi i vini mantengono freschezza e armonia, ma il Chianti Classico DOCG si distingue per la sua capacità di accompagnare piatti complessi e di sostenere un affinamento prolungato, mentre il Chianti DOC è più immediato e versatile, ideale anche per abbinamenti quotidiani.

Il Vino Nobile di Montepulciano

Lì dove il Sangiovese prende il nome di Prugnolo Gentile nasce il Vino Nobile di Montepulciano. Questo vino deve la sua straordinaria complessità al profondo legame instauratosi nei secoli tra il vitigno e il terroir di Montepulciano, una piccola enclave di 670 ettari situata a sud di Siena. Le colline che cingono questo territorio presentano suoli unici, frutto di un’alternanza di sabbie e argille, una combinazione che conferisce al vino un perfetto equilibrio tra struttura, eleganza e finezza tannica. 

Il lungo affinamento in legno è una fase imprescindibile per il Vino Nobile di Montepulciano, che matura per almeno 26 mesi nella versione base e per 38 mesi nella Riserva. Questo lungo riposo consente alla ricca componente polifenolica di levigarsi, esaltando nel contempo le delicate note eteree e speziate, che si fondono con le fragranze primarie del vitigno. La sua capacità evolutiva è straordinaria: raggiunge il culmine della sua espressività intorno ai 6-7 anni, ma può affinarsi con grazia per oltre 15 anni, rivelando nel tempo sfaccettature sempre più complesse e profonde.

Nel calice, si manifesta con un colore rosso rubino intenso, che con il passare del tempo si impreziosisce di riflessi granati. Al naso, offre un bouquet ricco e stratificato, dove le vibranti note fruttate di prugna, ciliegia e frutti di bosco si intrecciano con eleganti sfumature terziarie di vaniglia, liquirizia e tabacco, frutto della lenta maturazione in botte. La tipica tannicità del Sangiovese viene ingentilita dall’affinamento, conferendo al sorso una trama setosa e una struttura piena e armoniosa, mentre la vivace freschezza garantisce un equilibrio impeccabile e una lunga persistenza gustativa. 

Altre gemme Toscane

Un’altra gemma donataci ancora dal Sangiovese è il Morellino di Scansano. Nel cuore della Maremma, su dolci colline bagnate dalla brezza marina, i vigneti affondano le radici in suoli ricchi di sedimenti marini, conferendo al vino una straordinaria espressione di territorialità. Il Morellino di Scansano, con una base dominante di Sangiovese (85%), può essere impreziosito da vitigni autoctoni come Alicante CiliegioloColorino Malvasia Nera Canaiolo e Montepulciano. Tuttavia, molti vignaioli scelgono di esaltare la purezza del Sangiovese, esprimendolo in solitaria armonia. La sua maturazione segue un percorso di almeno due anni, con un affinamento di almeno dodici mesi in botte per la versione Riserva, conferendogli complessità e profondità.

Ciò che distingue il Morellino di Scansano dai suoi illustri fratelli toscani è il terroir maremmano, solare e selvaggio. Il profilo olfattivo del Morellino di Scansano è intensamente fruttato, arricchito da suggestioni balsamiche e sfumature eteree, particolarmente evidenti nelle versioni più affinate. Il suo carattere è contraddistinto da una vivace acidità e da un tannino energico, che, con una maturazione adeguata, trovano equilibrio e rotondità. La gradazione alcolica, ben presente, conferisce al sorso un piacevole calore e una morbidezza suadente, mentre l’affinamento in legno ne arricchisce la tessitura gustativa, donandogli avvolgenza e armonia.

Nel ricco panorama vitivinicolo toscano, accanto al Sangiovese, numerosi vitigni a bacca nera rivestono un ruolo essenziale negli uvaggi, esaltandone struttura e complessità. Nell’entroterra, il Canaiolo Nero, la Malvasia Nera e il Mammolo smussano il carattere vigoroso del Sangiovese giovane, mentre lungo la costa prevalgono il Ciliegiolo l’Aleatico

La leggendaria Bolgheri

La Toscana ha saputo accogliere con successo anche prestigiosi vitigni internazionali, tra cui CabernetSauvignonCabernet Franc, Merlot, Pinot Nero, Syrah. Il cambiamento disciplinare del Chianti negli anni ’90 ha sancito l’integrazione di vitigni internazionali negli uvaggi, favorendo una crescente diffusione. Bolgheri, in particolare, è divenuta emblema dell’eccellenza del Cabernet, che qui trova condizioni ideali per esprimere vini di grande eleganza, con tannini setosi, note erbacee e un raffinato carattere balsamico con l’invecchiamento.

Il Merlot si distingue per la sua versatilità, adattandosi perfettamente ai suoli argillosi della costa tirrenica, dove regala vini morbidi e avvolgenti, impreziositi da intense note fruttate. Il Syrah, invece, predilige i climi marittimi del Livornese, del Grossetano, delle Colline Pisane e della Lucchesia, esprimendo vini dai colori profondi, ricchi di sentori di amarena e spezie dolci, con una struttura vellutata e tannini ben integrati.

Infine, il Pinot Nero, vitigno esigente e di difficile coltivazione, trova una sfida affascinante nelle terre più fresche e impervie del Mugello, del Casentino e dell’alta Lucchesia, dove si manifesta con tutta la sua raffinata eleganza, donando vini di straordinaria finezza e profondità espressiva.

Il battito del cuore rosso dell’Umbria

La superficie vitata dell’Umbria si estende per circa 13.000 ettari, quasi interamente collocata nelle dolci colline della regione, equamente suddivisi tra vitigni a bacca bianca e nera.

L’eccellenza del Sagrantino

Seppur non il più diffuso, il Sagrantino rappresenta l’emblema stesso dell’Umbria, radicato quasi esclusivamente nella zona di Montefalco. Questo vitigno, noto per la sua straordinaria struttura e tannicità, necessita di lunghe evoluzioni per raggiungere il perfetto equilibrio. Il Sagrantino deve maturare per almeno 30 mesi, di cui 12 in botte, e al naso si presenta con intense note fruttate di mora, prugna, amarena e mirtillo, accompagnate da sentori floreali di violetta. I suoi aromi terziari richiamano la vaniglia, la liquirizia, il tabacco e il cacao. Al palato, il vino si distingue per una marcata astringenza e una robusta struttura, con una persistenza lunga e avvolgente di frutti e sfumature balsamiche.

Le altre eccellenze umbre dei vini rossi d’Italia

Il Sangiovese, vitigno predominante in Umbria, entra nella composizione di tutti i vini a denominazione della regione, sia in purezza che in uvaggi con varietà locali e internazionali. Questo vitigno si esprime al meglio nelle zone di Torgiano e nell’area centrale della regione, dando vita a vini di media concentrazione, in cui la freschezza fruttata è poi arricchita da sentori speziati e tostati dopo l’affinamento.

Un altro vitigno di grande apprezzamento in Umbria è il Ciliegiolo, che vinificato in purezza regala un vino delicato, vinoso e fruttato, con note di marasca, tannino lieve e una moderata acidità. Il Canaiolo Nero, utilizzato principalmente in assemblaggio, apporta al vino un buon tenore alcolico, estratto e morbidezza, con aromi di frutta rossa e un finale leggermente amarognolo. La diffusione del Montepulciano si limita alla zona di Terni, mentre il Gamay trova il suo habitat ideale intorno al lago Trasimeno. È importante sottolineare che questo Gamay, pur condividendo il nome con il suo omonimo francese, risulta assai simile al Grenache. Se vinificato in purezza, il Gamay offre un colore rosso rubino vivace, con profumi freschi e fragranti di frutti rossi e una struttura equilibrata e moderata.

Lazio, rosso millenario

Nel cuore del Lazio, la viticoltura affonda le proprie radici in tempi antichissimi, risalendo all’epoca degli Etruschi, intorno all’800 a.C. Da allora, la tradizione vinicola si è protratta nei secoli, sebbene per lungo tempo abbia privilegiato produzioni di modesta qualità, una tendenza che perdurò fino ai primi decenni del Novecento. Dopo il devastante avvento della fillossera, i viticoltori laziali orientarono le loro scelte verso uve più produttive, segnando l’inizio di una nuova fase per il territorio.

vitigni internazionali

Oggi, tra i vitigni a bacca nera maggiormente coltivati nella regione, spiccano il Merlot, il Sangiovese e il Montepulciano. Il Merlot, insieme al Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Syrah, si diffonde capillarmente quasi ovunque, trovando un’espressione particolarmente felice nelle eccellenti IGP del Lazio. Nelle terre del basso Lazio, alcuni vitigni rivelano un intrigante bouquet di tabacco, liquirizia e spezie, sostenuto da una struttura corposa e una morbidezza avvolgente.

La Tuscia, in particolare, si distingue per i suoi Merlot di grande eleganza e struttura, nei quali spiccano profumi intensi di frutti rossi maturi, spezie dolci e cacao. Non mancano tagli bordolesi di notevole pregio, prodotti con cura artigianale nella zona dei Castelli Romani, a testimonianza del potenziale enologico del territorio. Sebbene Sangiovese e Montepulciano siano largamente diffusi, raramente danno vita a vini di eccelsa qualità in questa regione.

I vini rossi d’Italia: gli autoctoni Laziali

A incarnare l’identità vitivinicola laziale è il Cesanese. Coltivato prevalentemente nella provincia di Frosinone, il Cesanese regala vini intensi, dai profumi avvolgenti di frutti rossi maturi, spezie, tabacco e cuoio. Di corpo pieno, morbidi e dotati di un’eccellente componente alcolica, questi vini rappresentano un fiore all’occhiello della tradizione regionale

Un altro gioiello del Lazio è il Nero Buono, diffuso in provincia di Latina. Sia in uvaggio che in purezza, questo vitigno offre vini interessanti, arricchiti da elaborati passaggi in legno. Dal colore rubino brillante, il NeroBuonosi distingue per le sue note di frutti di bosso, noce moscata e china, con una vivace sapidità e un finale persistente di marasca e pepe nero.

Spostandoci verso i colli viterbesi, troviamo il Canaiolo Nero, che qui prospera magnificamente. I vini che ne derivano si presentano con un colore rosso rubino intenso, profumati di ciliegie mature e bacche selvatiche, dotati di buona struttura e un finale piacevolmente amarognolo.

Infine l’Aleatico trova la sua massima espressione alle pendici dei monti Volsini, dove nasce il celebre Aleatico di Gradoli. Questo vino dolce, dai profumi seducenti di frutti e fiori rossi, muschio ed erbe aromatiche, incarna perfettamente l’anima romantica e suggestiva di un territorio ricco di storia e passione per la viticoltura.

Marche: lacrime rosse di passione

Le Marche offrono ai vigneti un territorio prevalentemente collinare che beneficia dell’influenza combinata degli Appennini e del mar Adriatico. Questa varietà di terroir consente ai vitigni autoctoni e internazionali di esprimere al meglio il loro carattere distintivo.

Tra i vitigni a bacca nera, il Sangiovese si distingue per la sua ampia diffusione. Tuttavia, il vero protagonista della viticoltura marchigiana è il Montepulciano, che domina il paesaggio vinicolo della parte centro-meridionale della regione. Questo vitigno a maturazione tardiva regala vini di grande intensità aromatica, con profumi fruttati e speziati che si evolvono in complessità nel tempo.

La Lacrima di Morro d’Alba

Un’altra gemma del territorio è il Lacrima, vitigno a maturazione medio-precoce che predilige terreni leggeri, mentre fatica a esprimersi nei suoli argillosi. La sua diffusione è pressoché esclusiva nella zona di Morro d’Alba, dove grazie al lavoro estenuante di 31 produttori genera un vino dal caratteristico colore violaceo e dall’aroma intenso e avvolgente che nel 2023 ha toccato i 9592 hl di vino prodotti. Il Lacrima di Morro d’Albasorprende al naso con una sinfonia di note fruttate e floreali: fragola matura, ciliegia succosa, more di rovo e mirtilli si intrecciano con delicate sfumature di viola e violetta, donando al vino un’eleganza raffinata. Al palato, si presenta di medio corpo, asciutto, con tannini ben delineati e una piacevole freschezza acidula.

Le marche nel segno dei vini rossi d’Italia

Nei pressi di Serrapetrona cresce la Vernaccia Nera, un vitigno a maturazione tardiva caratterizzato da piccoli acini serrati e buccia spessa, che conferisce ai vini intense note speziate e di frutti a bacca nera. La sua massima espressione si realizza in un vino unico al mondo, uno spumante frutto di tre fermentazioni, che racchiude in sé tradizione e innovazione.

Infine, merita una menzione l’Aleatico, vitigno aromatico a maturazione medio-tardiva che richiama, per profilo olfattivo, le suggestioni del Moscato. Le sue note di rosa e coriandolo si fondono con un finale fresco, leggermente sapido e speziato, completando il ricco panorama enologico delle Marche.

Rosso d’Abruzzo

Le montagne centrali dell’Abruzzo, proteggono i vigneti dall’arrivo delle fredde correnti invernali. Durante l’estate, le colline pedemontane godono di forti escursioni termiche, un fenomeno naturale che arricchisce i grappoli di profumi intensi.

Il Montepulciano, uva principale, è il simbolo di questo territorio, esprime l’anima forte e autentica dell’Abruzzo. Degustare un Montepulciano è un viaggio sensoriale attraverso paesaggi luminosi e ventosi, dove il vino riesce a raccontare la storia del territorio in cui cresce. Esso unisce potenza ed eleganza: i vini giovani, con la loro struttura imponente e acidità vibrante, si ammorbidiscono con il tempo, diventando armoniosi e avvolgenti. Con l’invecchiamento, rivela nuove sfumature, invecchiando con grazia e arricchendo il palato.

In Abruzzo, questo vitigno raggiunge la sua forma più autentica, come nel Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane DOCG, dove forza ed eleganza si uniscono in modo perfetto.

Esso con il suo ricco contenuto polifenolico e l’alto tenore alcolico, è un vino che cresce nel tempo, regalando emozioni nuove a ogni sorso. Non è solo un vino, ma una storia che racconta di luce, vento, terra e mani esperte, lasciando un segno indelebile in chi lo assapora.

I vini rossi del Sud Italia

Ed eccoci giunti lì dove le vigne si affacciano sul mare della Costiera Amalfitana o sui pendii assolati della Sicilia. Il Sud Italia regala vini rossi dal carattere intenso e inconfondibile. Qui dove sole, brezza marina e la ricchezza dei suoli si fondono, la viticoltura mostra perle di rara bellezza.

Rossi campani all’ombra del Vesuvio

Anche in Campania la viticoltura affonda le sue radici in epoche antichissime, risalenti al VII secolo a.C., quando i Greci introdussero numerose varietà di vite, tra cui l’Aglianico. Nel tempo, le loro conoscenze permisero lo sviluppo di una tradizione enologica che si consolidò in epoca romana, periodo in cui i “grandi vini campani” godevano di enorme prestigio. Tuttavia, con la devastazione causata dalla fillossera, i vitigni autoctoni come l’Aglianico furono progressivamente messi in secondo piano a favore di uve più produttive, come Sangiovese, Barbera, oltre a varietà internazionali come il Merlot.

A partire dagli anni ’80, però, una nuova generazione di produttori ha riscoperto e valorizzato i vitigni storici, favorendo la rinascita di denominazioni prestigiose come Taurasi e Aglianico del Taburno. Accanto a queste eccellenze, la Campania ospita anche varietà meno conosciute, come Piedirosso Coda di VolpePallagrelloCaprettone e Catalanesca, utilizzate sia in purezza che in blend.

L’Aglianico è un vino rosso di grande prestigio, apprezzato per la sua ricchezza e complessità. La sua origine è strettamente legata alla Campania, in particolare alle zone del Taurasi e del Taburno, ma si esprime magnificamente anche ai piedi del Monte Vulture.

Taurasi: il re dell’Irpinia

Le versioni più mature di Aglianico, come il Taurasi Riserva, che invecchia in botte per almeno 49 mesi, offrono una straordinaria complessità aromatica, con note speziate ed eteree e tannini perfettamente integrati. L’invecchiamento avviene sia in tradizionali botti di rovere di grandi dimensioni, che garantiscono una maturazione lenta e graduale, sia in barriques più piccole, che accelerano il processo e arricchiscono il vino con eleganti sentori terziari. 

Il Taurasi risulta essere vino dal manto rubino, attraversato da riflessi granati che ne raccontano l’evoluzione nel tempo. Al naso, si svela con nobile aderenza alla sua essenza, intrecciando le note avvolgenti di marasca matura con le spezie più suadenti: cannella, noce moscata, vaniglia e un soffio d’anice, che ne esaltano il fascino aromatico. Al palato, il Taurasi si offre con grazia ed equilibrio, rotondo ed elegante, sorretto da una trama tannica dolce e avvolgente. Il finale, lungo e persistente, lascia un’impronta indelebile di raffinata armonia.

Vini rossi d’Italia: gli altri lapilli campani

Accanto all’ Aglianico, il panorama vitivinicolo campano vanta altre varietà di pregio. Il Piedirosso, si adatta perfettamente ai climi più caldi della costa, come in provincia di Napoli, e dà origine a vini più leggeri, con profumi di ciliegia e tannini delicati. Tra i vitigni autoctoni meno diffusi troviamo il Pallagrello Nero, il Casavecchia lo Sciascinoso, la Vernaccia e il Tintore, capaci di esprimere vini di grande struttura. Nella provincia di Salerno, invece, trovano spazio anche varietà internazionali come Cabernet SauvignonSangiovese e Merlot.

Molise in rosso: piccoli vigneti grandi emozioni

Il Molise, pur essendo una delle regioni più piccole d’Italia, custodisce con orgoglio una tradizione vitivinicola antica e preziosa.

Il cuore pulsante di questa tradizione è il Montepulciano, affiancato dal Sangiovese dall’elegante Aglianico. Ma è la Tintilia, rara e preziosa, a rappresentare l’anima più autentica di questo angolo d’Italia. La sua produzione, pur modesta, racchiude la ricchezza della natura. L’alta concentrazione di antociani regala un colore rosso rubino intenso con sfumature granato che emergono con il tempo. Il suo profumo che evoca i frutti di bosco maturi e spezie. Al palato, i suoi tannini, equilibrati e vellutati lo rendono un vino tutto da scoprire.

Il vigore rosso della Calabria

La Calabria è una terra baciata dal sole, dove il vigneto si estende come un tappeto prezioso su poco più di 11.000 ettari, cullato dalla brezza del Mediterraneo. Il cuore pulsante di questa viticoltura è il vino rosso, poiché i vitigni a bacca nera rappresentano il 75% della produzione, dipingendo i paesaggi con i loro grappoli scuri e succosi.

L’eccellenza del Gaglioppo e il vino Cirò

Tra le gemme più preziose di questa regione spicca il Gaglioppo, il vitigno simbolo della Calabria, che trova la sua massima espressione lungo il versante ionico, nella zona del Cirò. In queste zone prendono vita un’ eccellenza dei vini rossi d’Italia: il Cirò Rosso.

Tale vino è prodotto Ècon almeno l’80-95% di Gaglioppo, con piccole aggiunte (fino al 5-20%) di vitigni locali bianchi (Greco Bianco o Trebbiano Toscano) o altri rossi ammessi.  Il vino si presenta con colore rubino intenso, che col tempo tende a sfumature più granate. Al naso frutta rossa matura (ciliegia, marasca, prugna), spezie e talvolta note balsamiche.  Al palato è caldo, corposo, con tannini ben presenti ma che con l’invecchiamento si addolciscono, accompagnato da una buona acidità e sapidità che danno persistenza.  

Il principe Magliocco e i vini di Donnici

Il vitigno Magliocco è un altro importante protagonista che si esprime attraverso diverse varietà che vanno dal Magliocco Canino (colline di Lamezia, dintorni di Scilla) al Magliocco Dolce (provincia di Cosenza).  

Un vino rappresentativo che unisce Gaglioppo, Magliocco e altri vitigni è il Donnici DOC, nella provincia di Cosenza.  Esso si presenta nel bicchiere con un colore rubino intenso, profumi di frutti rossi maturi, spezie, note di sottobosco. Al palato equilibrato, tannini morbidi, buona persistenza.  

I vini rossi d’italia: le altre eccellenze calabresi

Tra i rossi calabresi è importante ricordare il Savuto DOC. Esso viene prodotto tra le province di Cosenza e Catanzaro. È fatto con Aglianico, Gaglioppo e Greco Nero (tra gli altri). Alla vista appare rosso rubino intenso ma con l’invecchiamento si veste di sfumature che vanno verso il granato. Al naso si riconoscono frutti rossi maturi come amarena, mora, ribes, violetta selvatica, mentolo ed eucalipto. Al gusto dimostra una buona struttura, fresco, con ottima trama tannica, 

altro rosso di notevole fattura risulta essere il PellaroIGT. Esso si presenta con un rosso rubino vivo, con riflessi che possono tornare a porpora nei vini più giovani. Al naso si apre con un bouquet fruttato ben delineato: frutti rossi maturi, ciliegia e prugna, talvolta marmellata se la vinificazione o l’affinamento lo permette; dietro questo primo strato fruttato si sentono fioriture leggere (rose o viole) e qualche nota speziata dolce.

I vini rossi d’Italia: l’anima intensa dei rossi Pugliesi

La Puglia si estende su 86.000 ettari di terreni fertili, dove la vite cresce influenzata dalla brezza marina. Due terzi di questa produzione sono rossi corposi e rosati eleganti, ottenuti da vitigni come Negroamaro, Primitivo e Uva di Troia. Questi vitigni rappresentano un patrimonio enologico molto importante per la regione.

Il re delle vigne pugliesi

Il Negroamaro, sovrano incontrastato delle vigne pugliesi, domina con la sua austera eleganza. Il suo bouquet olfattivo regala un’armonia di profumi: rosa e amarena si fondono con prugna matura, liquirizia e tabacco. Chiudono il quadro delicate nuances speziate e balsamiche che gli conferiscono ulteriore complessità.

Il sorso è ampio e vellutato, sorretto da un tannino elegante che accompagna verso un epilogo sapido e lievemente amarognolo.

Il Salice Salentino DOC, prodotto principalmente con uve Negroamaro, esprime al meglio queste caratteristiche. Il colore rosso rubino intenso con riflessi granati, unito a un profumo complesso di frutta rossa matura e spezie, rende questo vino ideale per accompagnare piatti a base di carne, formaggi stagionati e piatti tipici della cucina salentina.

Ode al Primitivo, principe tra i vini rossi d’Italia

Ben altra storia racconta il Primitivo, introdotto nel XV secolo dai profughi slavi e così denominato per la sua peculiare precocità nella maturazione. Esso trova la sua massima espressione nella denominazione Primitivo di Manduria DOC.  Il vino presenta un colore purpureo intenso che evolve verso riflessi aranciati con l’invecchiamento. Al naso si evidenziano note di frutta rossa matura, tra cui ciliegia, prugna, amarena e mora. L’affinamento apporta complessità con aromi di frutta secca alcolica, spezie dolci, tostature e sfumature balsamiche. In bocca, la trama tannica si fa carezzevole e setosa, mentre la struttura si evolve con grazia, regalando sensazioni avvolgenti e appaganti.

Altra pregevole espressione di primitivo risulta essere il Primitivo di Gioia del Colle DOC. Alla vista si presenta con un rosso rubino intenso, che tende al violaceo nelle versioni più giovani e evolve verso sfumature aranciate con l’invecchiamento. Al naso il Primitivo di Gioia del Colle regala profumi eleganti e complessi, in cui si intrecciano frutti di sottobosco, ciliegia, amarena e prugna, accompagnati da lievi note speziate e balsamiche che ne arricchiscono la personalità.In bocca il vino è morbido e avvolgente, con corpo pieno e armonico.

Rossi pugliesi: dal Montepulciano all’Uva di Troia

Un altro nobile esponente del patrimonio vitivinicolo pugliese è il Montepulciano, giunto dalle terre d’Abruzzo agli albori dell’Ottocento. Qui si manifesta con un colore sontuosamente profondo e un bouquet di straordinaria ricchezza. Profumi di amarena e ciliegia in confettura si intrecciano a eleganti sentori di cuoio e spezie dolci, donando una notevole armonia.

Il Castel del Monte Rosso Riserva DOCG, prodotto principalmente con uve Nero di Troia, è un vino di grande eleganza e complessità. Dal colore rosso rubino intenso, al naso rivela profumi di viola, mirtillo, mora e gelso. Il tempo ne arricchisce il suo spettro olfattivo con fragranze di confettura di ciliegia, tabacco e spezie esotiche.le note di frutta rossa e nera, le sfumature speziate e il corpo armonico lo rendono ideale per accompagnare piatti ricchi come arrosti, brasati e formaggi stagionati.

I vigneti del Vulture nel rosso sole della Basilicata

Nonostante il clima della Basilicata, che potrebbe suggerire l’impiego di vitigni a bacca bianca, la regione si distingue per l’ampia prevalenza di vitigni a bacca nera, che costituiscono ben il 90% della sua produzione enologica.

Aglianico del Vulture DOCG: il cuore della Basilicata

L’Aglianico del Vulture DOCG è il vino simbolo della Basilicata, prodotto esclusivamente nella zona vulcanica del Monte Vulture. Questo rosso corposo e strutturato si distingue per il suo colore rosso rubino intenso con riflessi granato. Al naso offre un bouquet complesso di frutti rossi maturi, spezie dolci, note balsamiche e sentori minerali. In bocca è asciutto, potente, con tannini decisi e un finale lungo e persistente.

Matera DOC: espressione del territorio

Il Matera DOC è una denominazione che comprende diverse tipologie di vini rossi, tra cui il “Rosso” e il “Moro”. Il Rosso è un blend di Sangiovese (minimo 60%) e Primitivo (minimo 30%), con eventuale aggiunta di altre varietà locali. Presenta un colore rosso rubino, un profumo fruttato e speziato, e un gusto armonico e persistente.

Il Moro, invece, è composto da Cabernet Sauvignon (minimo 60%), Primitivo (minimo 20%) e Merlot (minimo 10%), con eventuale aggiunta di altre varietà. Ha un colore rosso intenso, un aroma complesso e un sapore pieno e vellutato. Entrambi i vini si prestano ad abbinamenti con piatti tipici lucani come la carne di agnello, i salumi e i formaggi stagionati.

Primitivo della Basilicata: carattere e versatilità

Il Primitivo è un vitigno che trova espressione anche in Basilicata, soprattutto nelle zone orientali della regione. I vini ottenuti da questo vitigno sono caratterizzati da un colore rosso rubino intenso, un profumo di frutta matura come prugna e amarena, e un gusto pieno e avvolgente. I tannini sono morbidi e ben integrati, con un finale leggermente speziato.

Vini rossi d’Italia: il fascino del rosso sardo

Il paesaggio vitivinicolo sardo, con la sua straordinaria varietà di terreni e microclimi, è principalmente dominato da vitigni a bacca nera. Dopo l’attacco devastante della fillossera, si è posto particolare attenzione alla conservazione e valorizzazione del ricco patrimonio ampeleografico locale.

Il Simbolo del Rosso Sardo: Il Cannonau

Il Cannonau di Sardegna DOC è il vitigno più rappresentativo dell’isola, noto per la sua longevità e per le sue origini antiche. Questo vino rosso si distingue per il suo colore rosso rubino intenso, che con l’invecchiamento evolve verso eleganti sfumature granate. Al naso offre un bouquet complesso di frutti rossi maturi, come amarena e prugna, arricchito da note di spezie dolci, macchia mediterranea, tabacco e cioccolato nelle versioni più evolute. In bocca si presenta con una struttura piena e morbida, accompagnata da una freschezza equilibrata e da una trama tannica fine e setosa. Il finale è lungo e complesso, richiamando le sensazioni fruttate e speziate percepite al naso, con una delicata nota minerale e balsamica. 

Il Complesso e Deciso Carignano

Il Carignano del Sulcis DOC è un vino rosso robusto e complesso, prodotto principalmente con il vitigno Carignano (minimo 85%). Questo vino si presenta con un colore rosso rubino profondo, con sfumature di marasca e prugna. Al naso offre un profumo intenso che spazia dalle note dolci di spezie e cioccolato a quelle più pungenti di pepe nero, creando un’armonia avvolgente e ricca. In bocca è asciutto, sapido e armonico, con una struttura imponente e una persistenza lunga.

La Versatilità della Monica

La Monica di Sardegna DOC è un vino rosso leggero e fruttato, ottenuto principalmente dal vitigno Monica. Questo vino si distingue per il suo colore rosso rubino chiaro, con riflessi violacei. Al naso offre profumi di ciliegia, mora e confettura di frutti rossi, arricchiti da delicate note speziate. In bocca è morbido, con tannini delicati e una buona acidità che gli conferisce freschezza.

Il Bovale sardo, il vino rosso che parla d’italia

Tra i vitigni meno conosciuti ma altrettanto degni di nota, il Bovale Sardo che trova la sua massima espressione nella denominazione Sardegna Terralba DOC. I vini di questa denominazione colpiscono per la loro straordinaria capacità di produrre vini ricchi di estratti e polifenoli, conferendo loro una struttura imponente e una straordinaria longevità.

Dulcis in fundo…. il Cagnulari

Infine, non si può dimenticare il Cagnulari vitigno principe della denominazione Alghero DOC. Esso da vita a vini dal vivace colore rubino e da un bouquet aromatico caratterizzato da piccoli frutti rossi, arricchiti da note balsamiche che ne esaltano la freschezza e la complessità. Il Cagnulari è un vino che sa coniugare vitalità e profondità, donando al palato una piacevole sensazione di equilibrio e freschezza.

Fuoco rosso siciliano tra i grandi vini rossi d’Italia

La Sicilia è una terra baciata dal sole, avvolta dal respiro del mare e accarezzata dal soffio caldo del vento. E’ proprio qui che la vite affonda le sue radici in un suolo antico e generoso, dando vita a un patrimonio vitivinicolo di straordinaria ricchezza. Ogni angolo di vigneto siciliano narra di una tradizione secolare e di un profondo rispetto per la natura. La tradizione dei vini rossi siciliani è un connubio perfetto tra carattere ed eleganza. 

Nero d’Avola tra tradizione e innovazione

Tra i protagonisti di questo affascinante scenario, il Nero d’Avola si erge come il cuore pulsante della viticoltura siciliana. Un tempo destinato a vini potenti e generosi, oggi si veste di una nuova eleganza soprattutto nella denominazione Eloro DOC, offrendo interpretazioni più fresche e raffinate. Nel calice, le sue note di mora e ciliegia scura si intrecciano con delicati richiami di spezie dolci e sentori salmastri, mentre il tempo ne esalta la profondità, rendendolo capace di raccontare, sorso dopo sorso, il carattere autentico della Sicilia.

Vini rossi d’Italia: il Cerasuolo di Vittoria

Il Cerasuolo di Vittoria è il primo vino siciliano a vantare la denominazione DOCG, riconosciuta nel 2005, e rappresenta una delle massime espressioni della viticoltura dell’isola.

Nel calice si presenta con un rosso rubino brillante, che con l’invecchiamento tende a sfumare verso tonalità granate. Il profumo è complesso ed offre ciliegie e prugne mature, arricchite da spezie dolci, erbe aromatiche e sfumature balsamiche che richiamano il sole e la macchia mediterranea del territorio. Al palato il Cerasuolo di Vittoria conquista per armonia ed eleganza: caldo e pieno, con tannini morbidi e una persistenza che lascia un piacevole ricordo.

Il fuoco dell’Etna

Sulle pendici dell’Etna, i vitigni Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio costituiscono la base dei vini Etna Rosso DOC. Questi vini si caratterizzano per un colore rosso rubino brillante, che con l’invecchiamento tende a evolvere verso tonalità granate. Al naso presentano un profilo aromatico complesso, in cui si riconoscono frutti rossi come ciliegia e lampone, note floreali di glicine e delicate sfumature speziate. Al palato i vini mostrano equilibrio tra freschezza e struttura, con tannini fini e una buona persistenza, caratteristiche che riflettono il terroir vulcanico e le tecniche di coltivazione tradizionali adottate nella regione.

L’antico rosso di Sicilia

Ma se c’è un vino che incarna il fascino di un’antica storia d’amore perduta e poi ritrovata ed è il Perricone. Un tempo sovrano indiscusso delle vigne siciliane, ha vissuto la distruzione della fillossera per poi tornare a splendere con fierezza. Oggi, trova massima espressione nella denominazione Monreale DOC dove, accarezzato dal sole della Sicilia occidentale, si esprime in tutta la sua intensità. Nel calice, il Perricone regala profumi di ginepro, pepe nero e frutti rossi in confettura, arricchiti da tocchi di prugna e ciliegia. Il suo sorso è un viaggio elegante e avvolgente, con una trama tannica setosa e una persistenza che sembra non voler finire mai.

La fine del nostro viaggio

Ed eccoci qui, al termine di questo entusiasmante viaggio che ci ha portato ad apprezzare l’antichissima storia della viticoltura italiana. Una storia fatta di resilienza, una storia fatta di eccellenza, una storia fatta di innovazione e di speranza. Ogni angolo del nostro paese si dona ai vigneti con amore e dedizione, offrendo terroir di pregevole fattura dove le uve possono crescere in splendore e abbondanza. Ogni regione offre vini unici nati dal sapiente quanto estenuante lavoro dei viticoltori che giorno dopo giorno affrontano le nuove sfide che il cambiamento climatico pone dinanzi. Vendemmia dopo vendemmia, grandinata dopo grandinata la viticoltura italiana continua a crescere in eccellenza, qualità e quantità offrendo al mondo prodotti di pregevole fattura.

Umberto Li Vigni
Umberto Li Vigni
Sommelier & winelover . Scrivo di vino con amore e passione, tra sogni, aromi e stelle. Ogni calice è un piccolo universo da raccontare.

Untold

"Untold - Quello che non è ancora stato detto del vino" è la prima edizione della guida ai vini d'Italia di Decanto distribuita in volume cartaceo e App nel 2024.

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