Non scopriamo certo oggi che l’areale del Fiano di Avellino sia tra i distretti italiani più prestigiosi per la produzione di vini bianchi dalla straordinaria personalità espressiva, dalla fine eleganza e dal notevole potenziale evolutivo. Ne abbiamo avuto prova anche nel nostro Untold dove abbiamo valutato i Migliori Fiano di Avellino.

Quando parliamo di Fiano di Avellino ci collochiamo sul podio dei vitigni bianchi autoctoni italiani, e probabilmente il gradino più alto non è da considerarsi un miraggio.
La flotta di produttori accreditati di avere valide frecce in faretra si allarga di anno in anno, e questo ha permesso nel tempo di mettere a terra una valutazione zonale capace di individuare le zone di elezioni ed i caratteri precipui di ognuna di esse, rendendo di fatto il vitigno uno tra i più precisi interpreti di territori quando mai diversi e diversificati. Da almeno 3 lustri a questa parte, bere fiano è diventato davvero un piacere!

Michele Contrada

La nascita dell’azienda Contrada si deve alla sinergia di due fratelli, Gerardo e Michele Contrada, che decidono nel 2003, in quel di Candida, di mettere a frutto l’esperienza di famiglia, impegnata nella produzione del vino sin dagli inizi del ‘900. Sinergia, certo, perché lì dove Michele incarna più l’anima contadina e si dedica con amore e trasporto a tutte le dinamiche relative a terra e vigna, Gerardo invece è focalizzato sugli aspetti commerciali e di marketing, per la promozione e la distribuzione dei prodotti.
Ma naturalmente, come tradizione contadina della zona, è un po’ tutta la famiglia a partecipare al lavoro aziendale, finanche le nuove generazioni che poi dovranno ereditare il compito di portare degnamente avanti le tradizioni di famiglia. Il tutto si svolge sotto l’attenta ala protettiva dell’enologo Carmine Valentino.
La lineup aziendale prevede la copertura di tutte e 3 le DOCG irpine, in cui il Fiano vede un prodotto base e un Riserva rispetto a questo Selvecorte. Non mancano prodotti dall’approccio più immediato ma mai banale, come la Falanghina Irpina e la Coda di Volpe. Chiude uno spumante metodo classico 100% fiano dal nome particolarmente vocativo, Rinascita, voluto come messaggio di ripartenza e coraggio, dopo che il nostro mondo è stato sconvolto dalla pandemia.

Produzione ed Affinamento del Fiano Selvecorte

Il Cru Selvecorte è in località Candida, una delle 5 zone di eccellenza riconosciute nella produzione del Fiano di Avellino: il nome del paese probabilmente è dovuto ai significativi affioramenti di bianchissimo calcare che segnano il paesaggio della zona, e che inevitabilmente finiscono per marcare e caratterizzare il profilo organolettico dei Fiano della zona. I profili collinari qui si fanno più aspri e rudi, e complice la vicinanza del Monte Tuoro, grande termoregolatore del territorio, abbiamo vini che coniugano generosità e profili nordici, con notevole potenziale di invecchiamento.
Siamo a circa 550 mslm, esposizione a Sud-Ovest su terreni franco sabbiosi ricchi di minerali; l’età del vigneto è di circa 40 anni con una densità per ettaro di 3000 piante e una resa di 60 quintali, ben al di sotto di quanto richiesto dal disciplinare.
La raccolta delle uve è naturalmente tardiva e si colloca, a seconda dell’andamento dell’annata, nella seconda metà del mese di ottobre.
La vinificazione del Fiano Selvecorte è tutta in acciaio, con una prolungata sosta sulle fecce fini, per poi terminare lungamente in bottiglia, fin quando non si ritiene che il vino sia pronto alla messa in commercio, che avviene quindi senza fretta alcuna.

La Degustazione

Il Fiano Selvecorte si presenta di un giallo oro lucente, brillante, vivido e vivifico, di media consistenza all’interno del calice. Aspetto visivo invitante che indica chiaramente la maturazione del vino e l’attitudine del fiano all’invecchiamento, non denunciando alcuna stanchezza visiva.

Naso assolutamente tipico e tipologico, in grado di snocciolare uno dietro l’altro quei sentori che normalmente mostra, in maniera delicata, quando è giovane, e in forma più rilassata e leggibile una volta superata la finestra di chiusura.
Questo Fiano Selvecorte 2015 si apre su toni di erbe officinali e dolcezza floreale di tiglio, tocchi agrumati ormai non più acerbi ma solari e polposi, quindi la frutta, a pasta gialla, quasi sfiora idee esotiche, per poi assottigliarsi su frutta secca leggermente tostata e toni fumè, iodati ed idrocarburici, che sono la firma classica di un fiano con qualche annetto sulle spalle.

La bocca è succosa, tesa e lineare, intrisa di sale ed innervata da una acidità del tutto intatta e mordace, soprattutto in seconda battuta.
La matrice alcolica, pur ben integrata nella beva, si rende percettibile a centro bocca, spingendone la volumetria, facendo virare il sorso su una chiusura più amarognola e nettante.

Vino dal passo cadenzato, poco jazz ma molto ritmato, dalla linearità esemplare, dalla centrata progressione aromatica, estremamente fedele a quanto promesso al naso, con nessuna delle note olfattive che tende ad andare fuori giri e con la componente nocciolata/idrocarburica ad impreziosire il sorso.

Ha davanti a se ancora una notevole prospettiva, spinto dall’ottimo grip di una acidità dolce ma mai doma e da una scioglievole sapidità che fa palpitare il sorso.

Il corredo aromatico ha ormai sgranato il suo rosario espressivo, da declinarsi ormai solo su toni più autunnali nei prossimi anni a venire.

Abbinamenti

Il Fiano Selvecorte di Michele Contrada lo vedrei bene su risotti ai profumi di bosco o pesci di fiume di buona grassezza. Oppure su carni bianche e formaggi di media stagionatura può articolare un discorso interessante.

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