Ferrara, 5 gennaio 2020, ora di pranzo.

Prima di affrontare le numerose scale delle torri del Castello Estense, decido di vagare tra i vicoli del centro storico e imbattermi assecondando il caso in una osteria per soddisfare il mio appetito e la mia consueta curiosità enogastronomica.

Senza googlare, per evitare di restare impigliata tra i consigli e le recensioni della rete, mi ritrovo davanti all’Osteria degli Angeli. Qui un tempo viaggiatori e mercanti sostavano per rifocillarsi con un calice di vino e un pasto caldo prima di rimettersi in viaggio verso destinazioni lontane.

Se la storia dell’Osteria risale al 1400, il suo aspetto oggi è moderno e curato ma gli archi in pietra e le pietanze proposte ci riportano nel passato.

Nella cucina a vista dall’ingresso del locale, cuochi indaffarati preparano piatti tipici della cucina ferrarese, come i cappellacci di zucca, il pasticcio di maccheroni e l’impegnativa salama da sugo.

Voglio assaggiare tutto e, ovviamente, non può mancare il vino!!

L’Osteria non ha una carta dei vini perché ne propone sempre di nuovi e quando in sala c’è chi sa, con competenza e poche parole, guidarti nella scelta non puoi far altro che affidarti.

Così, sorvolando sui criteri di abbinamento cibo-vino (del resto, non conosco gusto e sapori delle pietanze ordinate), la descrizione di un vino cattura la mia attenzione.

Il vino

Si chiama Bursôn ed è prodotto con l’Uva Longanesi (detta anche Bursona in dialetto romagnolo), un vitigno autoctono del ravennate “scoperto” da Antonio Longanesi negli anni ’20. Durante una passeggiata in campagna, Antonio notò una vite arrampicata su una quercia e decise di scoprire cosa sarebbe accaduto se ne avesse piantato i tralci in pianura.

Dal 1956, i suoi discendenti, soprannominati Bursôn, hanno deciso di dedicare la loro attività vitivinicola a questo raro vitigno e così han fatto anche altri produttori della provincia di Ravenna, oggi riuniti nel Consorzio Il Bagnocavallo (nome della zona di principale produzione).

L’Uva Longanesi, iscritta dal 2000 nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite, è coltivata su circa 200 ettari estesi per lo più in pianura e rientra nell’IGT Ravenna Rosso.

Il Consorzio ha stabilito regole uniformi per la produzione del vino Bursôn, distinguendo tra Etichetta Nera ed Etichetta Blu in base al diverso processo di vinificazione che subiscono le uve.

Per produrre il Bursôn Etichetta Nera almeno il 50% delle uve deve essere sottoposto ad appassimento naturale sui tralci o nei fruttai e il vino deve affinare per almeno due anni in tonneaux. Per il Blu di Bursôn non è previsto l’appassimento e le uve raccolte fresche subiscono talvolta la macerazione carbonica.

La degustazione

Cappellacci di zucca al ragù

Il Bursôn Etichetta Nera 2014 di Tenuta Uccellina della famiglia Rusticali mi ha conquistato già alla mescita per il colore granato impenetrabile e la consistenza nel calice.

Il profilo olfattivo si rivela subito complesso: immediato il profumo di frutti neri maturi, in particolare la prugna e il ribes, accompagnato da sentori erbacei di sottobosco.

L’appassimento in fruttai delle uve e la sosta per ben quattro anni in tonneaux ha certamente contribuito ad arricchire il corredo sensoriale ed aromatico di questo vino con note speziate e di cioccolato percepibili anche al gusto.

Il lungo affinamento in legno non ha, però, smorzato la naturale freschezza che, insieme a tannini garbati, danno equilibrio e struttura al vino, capace di sostenere il sapore agrodolce dei cappellacci di zucca al ragù, simbolo antico della cucina ferrarese.

Nonostante il titolo alcolometrico elevato (15%vol), sono riuscita a scalare dritta le torri del magnifico Castello Estense e a godere al tramonto di una vista incantevole sulla città.

Ferrara dalla Torre dei Leoni del Castello Estense
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