Vini liquorosi: cosa sono e come si producono?
Se avessimo davanti a noi un calice (quello giusto) per ogni vino liquoroso, ci accorgeremmo dell’esistenza di numerose tipologie, con centinaia di sfumature di colore che vanno dal giallo paglierino all’ambrato più intenso coinvolgendo anche diverse tonalità di rosso, insieme a centinaia di profumi, tanto variegati e complessi, come un giardino che esplode in primavera.
Un panorama complesso nel quale è facile – e del tutto normale – rimanere disorientati, soprattutto se hai poca esperienza e se al discorso dei vini liquorosi si aggiungono i vini aromatizzati e i passiti.
Nel corso dell’articolo esploreremo quindi le caratteristiche dei vini liquorosi, come si producono e le differenze con altre tipologie, concludendo parlando dei vini liquorosi italiani e stranieri più famosi.
Indice
Cosa si intende per vini liquorosi e il loro processo di produzione
Si chiama vino liquoroso quel vino al quale si aggiunge dell’alcool durante la fase di lavorazione, acquisendo così una maggiore struttura, una gradazione alcolica maggiore, un carattere deciso e dunque più “forte”.
È per questo che i vini liquorosi sono detti anche vini fortificati. Nel panorama enologico, spesso si possono confondere i vini fortificati o liquorosi con i vini aromatizzati: entrambe le tipologie prevedono l’aggiunta di alcool, ma i vini aromatizzati si ottengono aggiungendo anche lo zucchero, estratti o infusi di erbe e spezie.
C’è una gran differenza anche con i vini passiti, la cui lavorazione avviene solo dopo l’appassimento delle uve sui graticci all’aperto o nei locali dedicati all’appassimento (pensiamo al Recioto della Valpolicella o allo Sforzato di Valtellina).
Per i vini liquorosi la produzione è ben diversa, poiché ad un vino-base o ad un mosto non del tutto fermentato si aggiungono:
- alcol etilico
- la mistella: altro mosto d’uva non fermentato o parzialmente fermentato al quale viene aggiunto dell’alcol per far aumentare la gradazione alcolica fino a 16-22° e rendere il vino non fermentabile
L’aggiunta dell’alcool al mosto può avvenire in fasi diverse della lavorazione, in base a vari metodi nati in ogni paese, per ogni vino liquoroso.
Abbinamento e temperatura di servizio dei vini liquorosi
Spesso sono scelti come vini da meditazione, ovvero come vini di relax per assaporarli con la giusta calma, a timidi sorsi per lasciarsi trasportare dalle forti emozioni che regalano al palato. Magari mentre si legge un libro, dopo una cena in compagnia o nella solitudine della casa con il caminetto acceso d’inverno.
Se invece si vuole accompagnare un vino liquoroso al cibo, sono ideali dei formaggi profumati, aromatizzati alle erbe, ma anche cibi dolci come la cioccolata e dessert con frutti rossi.
Per la temperatura di servizio, questi vini vanno serviti intorno ai 12-14 gradi. Tuttavia talvolta si preferisce gustarli più freschi per contrastare meglio il grado alcolico, ma non bisognerebbe mai scendere sotto gli 8 gradi centigradi. Anche i vini liquorosi vogliono il giusto bicchiere: un bicchiere più basso con una pancia prominente rispetto al bordo, come il calice Riedel.
I vini liquorosi italiani e stranieri più famosi al mondo
Il Vinho de Porto o semplicemente Porto
Tra i due litiganti, il…Porto(gallo) gode. Se dovessimo scegliere una sola frase per riassumere la nascita del vino liquoroso portoghese sarebbe proprio questa. Un vino così dolce, che nasce dalle asperità della guerra nel Seicento tra Francia e Inghilterra: quest’ultima preferì iniziare ad importare il vino non più dalla Francia, bensì dal Portogallo.
Nel trasporto del vino dal Portogallo fino all’Inghilterra, si erano notate molte difficolta nel conservarlo, così i produttori – probabilmente dei monaci – aggiunsero dell’acquavite al mosto per renderlo più alcolico, quindi conservabile più a lungo. E da quel momento, come vuole la leggenda, il vino portoghese pare abbia conquistato anche i reali britannici dell’epoca.
Oggi invece la tecnica di produzione del Porto si è perfezionata fino ad essere un’eccellenza del Portogallo anche in nuove versioni, come il Porto Rosé, dal gusto leggero e fruttato che si produce solo dal 2008.
Tra quelli più comuni, “classici”, ci sono il Porto Ruby e il Tawny: il primo si realizza con uve di vini rossi, è molto fruttato e ha il sapore che ricorda i frutti rossi e invecchia in grandi botti; il secondo si realizza con le stesse uve, ma invecchia almeno 2 o 3 anni in piccole botti da 550 litri e negli anni può variare di colore e sapore, diventando più simile alla frutta secca con aromi di caffè, cioccolato e miele.
Il Madeira
Rimaniamo in Portogallo, ma ci spostiamo sulla verdissima isola di Madeira, dove si produce l’omonimo vino liquoroso.
Anche per la nascita del Madeira i trasporti e i viaggi sono stati cruciali: l’isola di Madeira essendo l’ultima dell’Europa che si affaccia sull’Atlantico, era l’ultimo avamposto per far rifornimento poco prima del viaggio verso le Americhe. Proprio qui i mercanti europei trovarono il vino dell’isola al quale seguì il suo successo.
Per la produzione del Madeira, si utilizzano diversi vitigni, ma forse il più importante è la Tinta Negra Mole. Le uve per il Madeira subiscono una particolare lavorazione: il mosto viene cotto, quasi bollito, perché scaldato dalle estufas, le apposite stufe per avviare l’ossidazione tramite il calore.
Il Marsala
Una sorte analoga al Medeira è toccata al Marsala qualche secolo più tardi, nel 1773 quando il commerciante inglese John Woodhouse, arrivato nel porto della città, assaggiò il vino locale chiamato Perpetuo. Lo trovò molto simile al Porto e al Madeira che già commerciava, così decise di spedirlo a Liverpool, aggiungendo dell’alcol per conservarlo al meglio.
Grillo, Ansonica, Catarratto e Damaschino sono le uve son con le quali si produce il Marsala Oro e Ambra, seguendo un metodo utilizzato nel periodo pre-british, grazie al recupero e all’impegno dei produttori. Lo stesso metodo si utilizza anche per la produzione del Marsala Rubino, per il quale si utilizzano però le uve Perricone, Nero d’Avola e Nerello Mascalese.
Se deciderai di andare in vacanza in Sicilia, fai un salto a Marsala per visitare le realtà enologiche per degustare questo pezzo di storia, nell’articolo dedicato troverai le migliori cantine da visitare a Marsala.
Lo Sherry
Sicuramente James Bond ne avrebbe riconosciuto l’annata in un sorso, come nel film Diamonds Are Forever. Nonostante la notorietà dello Sherry nel mondo anglofono, questo vino liquoroso proviene dal sud della Spagna, dalla città di Jerez. Secondo alcune ipotesi la parola Sherry sarebbe proprio una storpiatura inglese del nome Jerez, altri attribuiscono l’origine alla parola Xeres, il nome della città in arabo.
Ciò che invece è sicuro, è che nella citta spagnola si trova un suolo bianco di origine calcareo-gessosa che nel vino emerge come acidità che irrompe ad ogni sorso. Proprio su questo suolo crescono le uve bianche del Palomino, Pedro Ximenez e Muscatel che per lo Sherry affrontano una vinificazione classica e un periodo di affinamento in botti per un ⅕ scolme.
Perché? Questo fa in modo che si generi il Flor, un velo batterico che protegge il vino da un’eccessiva ossidazione. La batteria delle botti è poi disposta a piramide: in alto ci sono le annate recenti, dalle quali si va a scolmare e ricolmare le botti sottostanti. Il risultato sarà quindi un blend di varie annate e dalle botti sottostanti sarà poi preso il vino da imbottigliare. E l’alcol? Viene aggiunto solamente in ultimo senza far bloccare la fermentazione.
Questo metodo molto particolare, prende nome di metodo Solera.
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La lista dei vini liquorosi potrebbe allungarsi di molto e terminare solo quando avremmo attraversato confini di Paesi e dei mari. Infatti, in queste pagine hai trovato i più noti al mondo, perché si possono ricordare anche ad esempio un’altra eccellenza italiana come la Vernaccia di Oristano o i francesi Floc de Gascogne della storica Guascogna e il Banyuls, un vino liquoroso dalle note speziate che nasce ai confini con la Spagna.
Quello che non è ancora stato detto del vino
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